Gli “universali” del cervello che legge
Pubblicato da Eleonora Viganò
I circuiti attivati
nel cervello per leggere un testo in cinese e uno in francese, o in un’altra
lingua alfabetica, sono gli stessi, come hanno dimostrato i ricercatori guidati
da Stanislas Dehaene del National Institute of Health and Medical Reserach in
Francia in uno studio pubblicato su PNAS . Identiche inoltre non sono solo le
aree coinvolte ma anche i due network, quello visivo e quello motorio, presi in
considerazione dallo studio, anche se con intensità differenti tra ideogrammi e
alfabeto. Aver considerato occhio e mano – e non udito, come nelle ricerche
precedenti – ha quindi permesso di dare una svolta ai circuiti cerebrali in
funzione e alle caratteristiche universali della lettura.
Per comprendere meglio questi processi e i risvolti pratici
dello studio abbiamo intervistato Alfonso Caramazza, direttore del Laboratorio
di neuropsicologia cognitiva dell’Università di Harvard e del Centro
Interdipartimentale Mente–Cervello dell’Università degli Studi di Trento.
Alfonso Caramazza, cosa accade quando si legge?
Durante la lettura una stringa di elementi visivi viene
trasformata in una sequenza di suoni e in un significato. Prendiamo la parola
“sedia”: mentre la leggiamo trasformiamo questo pattern visivo in un suono e in
un concetto. La stessa cosa accade di fronte all’immagine di una sedia, grazie
alla quale ci verrà sicuramente in mente sia il significato sia il suono della
parola. Qual è la differenza tra parola e immagine? Nel rapporto tra oggetto (o
immagine) e suono non esiste un pezzo dell’immagine che corrisponde a una delle
lettere che compongono la parola sedia, mentre quando leggiamo c’è
corrispondenza tra parti della parole e parti del suono. Viceversa non esiste
sovrapposizione tra parole e elementi del significato, ma quando vediamo una
sedia, alcuni elementi dell’immagine corrispondono a parti del significato: lo
schienale per esempio sorregge le spalle.
Quindi tra immagini e parole …
La differenza risiede nella composizione. Durante la lettura,
la composizione delle parole corrisponde alla composizione dei suoni, mentre
quando vediamo un’immagine la composizione degli oggetti corrisponde al
significato dell’oggetto rappresentato. Quando imparo a leggere, imparo a unire
le lettere ai suoni.
Nel cervello cosa succede?
L’ipotesi è che vi sia un’area nella zona temporale
posteriore deputata all’analisi dello stimolo visivo, chiamata visual
word-forming area (VWFA). Qui vengono
riconosciute le lettere e le sequenze di lettere e l’informazione viene condivisa
con altre parti del cervello: la parte superiore del lobo temporale è deputata
a riconoscere il significato della parola, il lobo parietale è coinvolto nella
unione tra elemento visivo e suono, il lobo frontale è invece chiamato in causa
per pronunciare la parola. Queste aree sono attivate grazie alla componente
visiva.
Quando leggiamo tuttavia si è visto che vengono attivate sia
queste aree sia aree motorie corrispondenti ai gesti compiuti mentre scriviamo
la parola stessa, soprattutto se la parola è scritta in corsivo, con una grafia
distorta e veloce.
Esiste un’area per questa componente motoria?
Sì, l’area di Exner, localizzata nella parte laterale del
lobo frontale, è coinvolta nella scrittura e nella lettura attraverso la
percezione mentale dei movimenti compiuti scrivendo quella parola.
Dove risiede l’universalità?
Nella lettura esiste un sistema universale condiviso tra
tutte le culture composto da questi due sistemi: quello percettivo/visivo e quello motorio.
… e la diversità?
Esistono ovviamente delle differenze tra le varie lingue, in
relazione al peso che assumono queste due componenti. Nelle lingue alfabetiche
la parte motoria è meno sfruttata rispetto all’elemento percettivo, soprattutto
se si utilizzano le lettere in carattere stampatello e non in corsivo. La
componente motoria è inoltre propria del linguaggio: se nell’esperimento i
ricercatori avessero utilizzato immagini e figure, il circuito motorio non si
sarebbe attivato perché non devo riconoscere nessun carattere.
Mi ricordo quando parlavo di caratteri cinesi con una mia
dottoranda: lei muoveva la mano per riprodurre quel carattere. In inglese e in
italiano al limite possiamo fare lo spelling, mentre per lingue come il cinese
non esiste una decomposizione del carattere come avviene con le lettere. Quindi
per comporre un carattere complesso, come nella lingua cinese, è necessario
attingere al circuito motorio.
Una ricaduta pratica?
Si potrebbe mettere a punto un esperimento dove consideriamo
persone affette da un qualche deficit motorio e verificare quanto sia facile
per loro imparare a leggere in cinese e in una lingua alfabetica. Nella
dislessia il problema principale consiste nel collegare lettere e suoni,
scomporre la parola in fonemi e ricomporla. Questa capacità si acquisisce e si
sviluppa durante lo sforzo compiuto per leggere, mentre nel dislessico vi è
proprio una difficoltà a unire la parte visiva con quella sonora.
Quando vogliamo imparare una lingua straniera cosa succede?
L’attivazione è identica. Ho lavorato su un progetto che
coinvolgeva partecipanti cinesi senza udito e senza la capacità di parlare, uno
dei soggetti produceva addirittura suoni irriconoscibili, ma abbiamo visto che
le aree attivate durante l’apprendimento erano le stesse di chi può parlare e
imparare le lingue alfabetiche.
La predisposizione alle lingue è riconducibile a una spiccata
attivazione?
Le basi delle differenze nella predisposizione
all’apprendimento delle lingue sono individuali e ancora sconosciute, come
accade per altre doti e abilità, come la matematica. Io per esempio dopo anni
ad Harvard parlo ancora l’inglese americano con accento italiano e l’italiano
con un forte accento inglese americano, e c’è chi invece non ha accento. Di
certo sappiamo che, nella universalità dei meccanismi e dei circuiti cerebrali
coinvolti, ci sono enormi differenze.
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