La paura che passa di
padre in figlio
Una ricerca svela la natura ereditaria del disagio scatenato
da alcuni odori. Un meccanismo che fa sì che si trasmetta di generazione in
generazione
03 dicembre 2013 di Sandro Iannaccone
“L' odore delle case dei vecchi”. Rispondeva così, Jep
Gambardella, lo scrittore edonista de La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino, a
chi gli chiedeva quale fosse la cosa che preferiva nella vita. Per capire il
motivo di una risposta così bizzarra, magari avremmo dovuto chiedere ai nonni o
ai genitori dell'artista: stando a una ricerca pubblicata su Nature
Neuroscience, infatti, le sensazioni che derivano dall'annusare un odore (in
particolare la paura e il disagio) si tramandano di generazione in generazione.
I ricercatori della Emory University School of Medicine di Atlanta, infatti,
guidati da Brian Dias e Kerry Ressler, hanno scoperto che i topi i cui genitori
o nonni avevano imparato ad associare l'odore di fiori di ciliegio con una
scossa elettrica diventavano più nervosi in presenza del profumo, ed erano più
sensibili a
ll'odore rispetto a topi “neutri”. Il lavoro costituisce la migliore
evidenza sperimentale mai fornita finora sull'ereditarietà delle memorie, e
getta nuova luce sul meccanismo biologico per cui i tratti si tramandano
attraverso le generazioni.
In passato, altri studi avevano già dimostrato che eventi
stressanti potessero influenzare il comportamento emotivo o il metabolismo
delle generazioni successive attraverso cambiamenti chimici nel Dna, un
meccanismo noto come eredità epigenetica. Purtroppo, in generale non è semplice
individuare i cambi epigenetici rilevanti, perché i geni coinvolti nella
maggior parte dei disturbi sono troppo numerosi. Per l'olfatto, invece, la
situazione è più semplice: gli odori singoli, come l' acetofenone (che profuma,
appunto, di fiori di ciliegio) sono spesso legati a specifici recettori sul
bulbo olfattivo, l'interfaccia tra naso e cervello – il recettore stimolato nei
topi di Dias e Ressler si chiama M71. Nell'esperimento, gli animali maschi sono
stati condizionati ad associare l'odore dell'acetofenone con una scossa
elettrica: di conseguenza, dopo qualche tempo hanno sviluppato più recettori
M71, il che ha consentito loro di rilevare acetofenone anche a livelli più
bassi.
In seguito, i ricercatori hanno usato lo sperma dei topi
condizionati per fecondare delle femmine. Ed è arrivata la scoperta
sorprendente: la prole esposta all'acetofenone ha mostrato segni di nervosismo
e paura anche se non aveva mai annusato quest'odore. E, tra l'altro, è stato
osservato lo stesso comportamento anche nei nipoti dei topi condizionati –
mentre il gruppo di controllo è rimasto pressoché impassibile. “Nella prole
abbiamo trovato più recettori M71”, spiega Dias, “il che suggerisce che ci sia
qualcosa nello sperma che favorisca l'ereditarietà dell'informazione acquisita
dai genitori”. Il sequenziamento del Dna dello sperma dei topi, inoltre, ha
rivelato marchi epigenetici sul gene che codifica l'M71, anche questi non
osservati sui topi di controllo. Non si hanno ancora informazioni, invece, su quanto
accade alle femmine di topo.
Resta ancora da indagare, spiegano i ricercatori, quanto a
lungo permanga il cambiamento epigenetico – e se alla fine possa alla fine
trasformarsi in un tratto genetico fissato. E, comunque, qualcuno resta ancora
scettico. Anche perché non tutti i discendenti dei topi condizionati si erano
mostrati più facili da spaventare rispetto ai topi di controllo, e i
ricercatori non hanno fornito prove che il cambio epigenetico trovato nello
sperma fosse direttamente responsabile dei cambi funzionali del cervello.
“L'idea che un odore annusato possa essere trasmesso attraverso le generazioni
è sorprendente, ma penso ci sia bisogno di dati veramente affidabili per
sostenerlo”, dice Isabelle Mansuy della University of Zurich. “È questione così
importante, che tocca concetti fondamentali in genetica ed epigenetica, e
quindi il design sperimentale deve essere rigoroso e i dati devono essere
interpretati con cautela”.
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