«…e tradire la propria solitudine può rivelarsi estremamente
pericoloso (…). Si cerca un altro, un punto esterno a noi, per soffocare la
tristezza, per avvolgere la solitudine: prevalgono la paura e l’ansia… […] Non
c’è nulla di patologico nel cercare incoraggiamento nell’amicizia e nell’amore
degli altri, direi anzi che si tratta di una manifestazione di piena salute; è
di altro, però che stiamo parlando, dell’incapacità totale di fondare la
propria esistenza intorno a un centro interiore e della compulsione a riempire
sempre il proprio vuoto con punti di riferimento esterni, siano essi gli altri,
il lavoro, le droghe e ogni altra forma di ‘addiction’. Il tradimento che
questo modo di vita sottende si caratterizza come duplice: in primo luogo viene
tradito il pianto dentro di noi, il pianto che si sforza penosamente di
comunicarci qualcosa, proprio come un bambino inascoltato; in secondo luogo
vengono traditi gli altri, quelli cui ci rivolgiamo per farci “riempire” un
po’: in questo caso infatti per noi interessante è non tanto l’altro, con la
sua umanità, ma il fatto che egli ci posa gratificare con la sua prestazione di
presenza. (…) Ci interessa soltanto (…) soverchiare la tristezza con il
rumore.»
(Amare Tradire: Quasi
un apologia del tradimento, di Aldo Carotenuto, Edizioni Bompiani, p.65)
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