martedì 9 ottobre 2012

“La ricerca interiore” di Hillman


“La ricerca interiore” di Hillman pubblicato nel 1967, solo da poco disponibile in lingua italiana, nasce da alcune conferenze, tenute su invito di sacerdoti interessati alla psicologia analitica e counseling pastorale. Nel suo sviluppo il testo ha preso un più ampio respiro, affrontando temi che sconfinano nella ricerca dell’anima, nella fede, nella sua realtà e nelle conseguenze di una connessione con la propria realtà psichica.

Nell’affrontare il discorso Hillman riprende la massima di Eraclito, “La via verso l’alto e la via verso il basso sono la stessa cosa”. Ciò stabilisce la via per l’anima e la sua ricerca interiore, ogni coscienza proietta luce e contemporaneamente crea un’ombra. In questo troviamo il più prezioso degli insegnamenti del nostro, si può discendere verso il basso e verso l’interno senza diventare cristiani. La ricerca interiore è ancor più una necessità oggi che siamo consapevoli di quanto sia sovra-determinata dai segni cristiani che indicano la direzione verso l’alto anche mentre discendiamo. Questo ultimo lavoro dell’autore segue sentimento e fantasia sostenendo che c’è tanto da scoprire nella riflessione, nell’intuizione, nell’immaginazione e nel sogno, da essere paragonabile a qualsiasi sperimentazione scientifica. Hillman ci lascia una lettura della ricerca in noi stessi a cavallo tra scientificità, spiritualità religiosa e una nuova immaginazione della psicologia e dei suoi obiettivi. E’ dalla ricerca interiore che inizia quel processo di sviluppo umano creativo che per tutta la vita viene inseguito, cercando di conoscerlo e comunicarlo.

Il libro si struttura in quattro capitoli che ripercorrono gli stadi fondamentali per la ricerca di se stessi:

1 entrare in terapia e in un rapporto di cura, come inizio di ricerca interiore.

2 riconoscere l’inconscio e la terapia Jounghiana, evoca temi religiosi.

3 lottare contro le ombre di ciò che è condannabile e del rimorso.

4 ampliare la recettività interiore, l’immaginazione e il sentimento, quello che la terapia Jounghiana chiama il femminile o anima.

Il punto di incontro tra psicologia e religione che in assoluto non può essere negato è l’anima, pur non essendo per entrambe il principale interesse. Per Hillman la prima cosa che il paziente, così come il parrocchiano, vuole dall’analista/sacerdote è di renderlo consapevole delle sue sofferenze, attirandolo nel suo mondo di esperienza. In questa lotta per la scoperta dell’anima, l’offensiva arriva dai teologi, visto che più diventa importante la persona interiore, tanto più il sacerdote si trova costretto ad entrare nella profondità della psiche, obbligandosi a rivolgere attenzione alla psicologia.

In questo passaggio le strade si dividono: il terapeuta fa della sua personale conoscenza dell’inconscio la base su cui poggiare la moralità della sua professionalità, abituata tutti i giorni a questo confronto.

Il counselor spirituale non forte di una certa professionalità in merito, deve fare affidamento alla sua moralità spingendosi ad un incontro personale con il proprio inconscio. Solo attraverso l’inconscio possiamo trovare l’anima, la luce di noi stessi. Non si può arrivare all’anima senza passare per l’ombra, la parte di noi che più ci ferisce e ci spaventa, capace di azioni deprecabili alla quale è difficile dare perdono. In questo ci viene in aiuto la terapia, un paradosso che richiede due assiomi:

1 il riconoscimento morale che queste parti sono gravose e devono cambiare.

2 L’amorevole accettazione che le prende così come sono.

Superata ed accettata l’ombra si è nella condizione di predisposizione per accogliere l’anima e il profondo di noi stessi. Anche in questo passaggio il nostro si affida a Joung, si può scoprire l’anima solo venendo in contatto con il femminile interiore di noi stessi. “La via per una più grande, forte e solida virilità passa attraverso l’intima associazione con la propria femminilità interiore…”, non possiamo evitare l’anima perché così non farà che diventare più ribelle, seduttiva ed esigente, l’anima accoglie e conosce Dio solo come donna, solo attraverso le donne, con l’intimità e il rapporto con esse si impara ad accettare il lato femminile di noi stessi.

Nel trattare l’anima e la spiritualità Hillman procede sulle orme di Joung pur non coincidendo totalmente: “L’anima è andata perduta e la si può ritrovare con la psicoterapia, la quale ha affinità con l’attività religiosa”. Il percorso di ricerca interiore, per la scoperta dell’anima è difficile in quanto, dalle parole dell’autore sembra agisca un meccanismo, la negazione, per cui probabilmente l’anima è a portata di mano, non è perduta, semplicemente noi non l’abbiamo notata.

In tal senso la “Ricerca interiore” è un saggio sul guardare nel posto sbagliato, cercare dentro noi stessi un movimento verso l’interno, presentato attraverso quattro regioni dell’interiorità.




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