lunedì 4 giugno 2012

Da "Le Scienze"


Un ricordo, all'improvviso: quando la mente fa "pop
Un ricordo, all'improvviso: quando la mente fa "pop" 
Memorie, parole o frasi che si presentano alla mente d'improvviso, senza alcun apparente legame con quanto sta avvenendo o si sta pensando, potrebbero essere l'espressione di un meccanismo che aiuta le persone a collegare idee diverse in modo rapido e creativo, ma che potrebbe anche partecipare alla formazione delle allucinazioni tipiche della schizofrenia di Ferris Jab


Seduta nel suo ufficio all'Università dello Hertfordshire, Lia Kvavilashvili stava rivedendo mentalmente uno studio che aveva pubblicato di recente. Sapeva che c'era una particolare misura statistica che avrebbe potuto essere utile, ma non riusciva a ricordarne il nome. Frustrata, si alzò per prepararsi una tazza di tè.

Improvvisamente, le venne in mente l’inusitata parola hurdle. Lia Kvavilashvili, nata e cresciuta in Georgia, parlava correntemente georgiano, russo ed estone, ma aveva iniziato a studiare l’inglese solo a 13 anni, e non aveva idea di che cosa significasse hurdle. Così andò a consultare il dizionario: hurdle (sostantivo) 1. Barriera mobile della corsa a ostacoli. 2. Problema difficile da superare; ostacolo.

La seconda definizione era stata sottolineata. Anche se non lo ricordava, evidentemente aveva già cercato il significato di quella parola, e in qualche modo, pensò, il suo subconscio sapeva che era rilevante per la sua difficoltà a ricordare il nome che cercava. Aveva appena vissuto ciò che lei e alcuni altri psicologi chiamano "pop mentali", mind pops: frammenti di conoscenza, come parole, immagini o melodie, che improvvisamente e inaspettatamente giungono alla coscienza.

In genere, quando si presentano, i pop mentali sembrano del tutto irrilevanti rispetto al pensiero in cui si intromettono. Ma Lia Kvavilashvili stava scoprendo che non sono affatto casuali e che sono legati, sia pure con fili ben celati, alle nostre esperienze e conoscenze. La ricerca sui pop mentali è appena agli inizi, ma già ora gli studi suggeriscono che il fenomeno sia reale e comune. Ad alcuni accadono molto più spesso che ad altri, e questo fenomeno potrebbe essere d’aiuto nel problem solving e nello stimolare la creatività. Tuttavia, nella mente di alcune persone, come quelle affette da schizofrenia, queste improvvise apparizioni possono trasformarsi da fenomeni benigni in inquietanti allucinazioni.

Oltre l’eredità di Proust
Un ricordo, all'improvviso: quando la mente fa "pop"La casa di Proust, con un piatto di madeleines a rievocazione del famoso passo di Alla ricerca del tempo perduto.  (© Richard Bryant/Arcaid/Corbis) 
Nella vita quotidiana, le persone spesso frugano nella memoria alla ricerca di informazioni specifiche: dove ho lasciato le chiavi della macchina? Ho spento il forno? Altre volte, attivano memorie del passato: ricordi che folle notte la scorsa settimana? Ma non tutti i ricordi sono una scelta. Forse l'esempio più famoso di memoria involontaria è la scena descritta dal romanziere francese Marcel Proust in Alla ricerca del tempo perduto. Quando il Narratore beve una tazza di tè e assaggia un dolcetto al limone, una madeleine, il gusto fa riemergere un ricordo di quando, bambino, mangiava quello stesso dolce a casa della zia Léonie. Più di recente, la Pixar ha adattato l’episodio della madeleine nel suo film d'animazione Ratatouille, in cui l’omonimo piatto di verdure stufate trasporta d’incanto un cinico critico gastronomico alla tavola della sua casa d'infanzia.

Anche se costituiscono un tipo di memoria involontaria, i pop mentali però sono diversi dal classico esempio proustiano. Si tratta più spesso di parole o frasi che di immagini o suoni, e di solito compaiono nel bel mezzo di un'attività abituale che non richiede molta concentrazione, magari lavandosi i denti o allacciandosi le scarpe. Ed è molto difficile individuare nell'ambiente circostante o nei pensieri precedenti uno stimolo che inneschi il pop mentale, che sembra arrivare dal nulla.

La Kvavilashvili si è interessata ai pop mentali perché li ha sperimentati tante volte. Nell'estate del 1995 ha iniziato a registrarli su un diario, arrivando a più di 100. Nella letteratura scientifica, non ha trovato quasi nulla su questi ricordi apparentemente arbitrari che che si presentano senza preavviso, tranne che negli studi di George Mandler, professore emerito di psicologia all’Università della California a San Diego, che li aveva appunti battezzati "pop mentali".

Constatato il comune interesse e la lacuna nella letteratura scientifica, la Kvavilashvili e Mandler hanno cominciato a raccogliere dati, tenendo puntuali diari dei loro schemi di pensiero e chiedendo a diversi volontari di fare lo stesso. Personalmente, la Kvavilashvili ha registrato più di 400 pop mentali in circa nove mesi. Oltre il 90 per cento di essi si è verificato quando era sola e più del 80 per cento durante attività di routine, come lavarsi i denti, vestirsi e stirare. Il fenomeno sembra infatti più comune quando la mente è libera di vagare e non obbligata a concentrarsi un un problema.

Un ricordo, all'improvviso: quando la mente fa "pop"
La maggior parte dei pop mentali ha sorpreso la Kvavilashvili per l’irrilevanza rispetto alle azioni e ai pensieri in corso. Quando ha cercato nella sua mente e nell’ambiente circostante qualche segnale che potesse averli innescati, è riuscita solo nel 20-30 per cento dei casi a individuare degli indizi, molti dei quali subliminali. In quasi metà dei casi, però, ha scoperto che alcune ore o alcuni giorni prima era incappata in qualcosa direttamente legato a un particolare pop mentale. Una volta, per esempio, mentre buttava nella spazzatura un sacchetto usato, le era venuta in mente la parola "Acapulco". Non sapeva che cosa significasse fino a che un familiare non le ricordò che 45 minuti prima avevano seguito un telegiornale che parlava della città messicana. Un'altra volta, nella sua mente si fece largo l’espressione "punizione corporale". Il giorno seguente, scoprì la frase in alcuni documenti di lavoro che aveva letto cinque giorni prima.

"Si potrebbe pensare che i pop mentali siano semplicemente errori di funzionamento cognitivo, attivazioni accidentali che portano a contenuti del tutto casuali della mente", osserva la Kvavilashvili. "Ma quando ho iniziato a registrarli, ho notato spesso che ciò che mi era venuto in mente non era del tutto casuale. I contenuti dei pop mentali era stati sperimentati nel passato recente."

Kvavilashvili e Mandler hanno quindi chiesto a 58 studenti di psicologia di tenere un diario dei loro pop mentali per una settimana. Come la Kvavilashvili, gli studenti riuscivano a identificare inneschi specifici solo in una minoranza dei casi (nel 37 per cento), ma avevano un maggior successo (42 per cento) nel riconoscere di aver incontrato qualcosa legato a essi nel recente passato. Gli studi su questi diari sono stati pubblicati nel 2004 su “Cognitive Psychology”.

    Spesso il nostro subconscio conosce il significato di un'esperienza, anche se la nostra coscienza lo ignora


Sulla base di queste ricerche, Kvavilashvili e Mandler hanno ipotizzato che i pop mentali siano spesso una sorta di "priming a lungo termine". Il priming in psicologia descrive una modalità di comportamento della memoria: ogni nuovo pezzo di informazione che entra in memoria cambia il modo in cui la mente reagisce in seguito a informazioni correlate. Se uno psicologo dà a un volontario un elenco di parole tra vi è la parola "albicocca" e chiede poi al volontario di scrivere una parola completa che inizia con "alb”, è più probabile che questi scriva albicocca piuttosto che "albero" o "albeggiare". Kvavilashvili e Mandler pensano che qualcosa di simile, ma più sottile, duraturo e capriccioso, avvenga con i pop mentali.

"La maggior parte delle informazioni che incontriamo ogni giorno attiva certe rappresentazioni nella mente", spiega la Kvavilashvili. "Se entriamo in un fast food e prendiamo un hamburger, non si attiva solo il concetto di panino, ma anche molte altre cose legate al pane, che possono rimanere attive per un certo periodo di tempo, ore o addirittura giorni. Più tardi, qualcosa nell’ambiente può dare il via a questi concetti già attivi, dandoci la sensazione che saltino fuori dal nulla."

Dalle intrusioni alle allucinazioni
La Kvavilashvili ipotizza che le persone che hanno più frequentemente pop mentali potrebbe essere dei super-primer, e questo potrebbe favorirne la creatività. "Potrebbe aiutarci a elaborare le informazioni in modo più efficiente", osserva. "Se molti concetti diversi rimangono attivi nella vostra mente, è possibile effettuare connessioni in modo più efficiente rispetto a quando l'attivazione scompare subito."

I pop mentali e altri tipi di memoria involontaria sono argomenti relativamente nuovi per gli psicologi e finora nessuno ha pubblicato studi che valutino se le persone che sperimentano più spesso i pop mentali abbiano prestazioni migliori nei test di priming o siano più creative. Recentemente, tuttavia, la Kvavilashvili e i suoi colleghi hanno pubblicato uno studio che considera un possibile lato oscuro del fenomeno: i ricercatori si sono chiesti fino a che punto i ricordi involontari che si presentano nella vita quotidiana somiglino ai pensieri intrusivi e alle allucinazioni osservati nei disturbi mentali.

Un ricordo, all'improvviso: quando la mente fa "pop"Secondo Kvavilashvili ed Elua, le allucinazioni potrebbero formarsi a partire dai "pop" mentali (© Images.com/Corbis)
I pensieri ripetitivi e intrusivi sono presenti in molti disturbi mentali, in particolare nella depressione, nel disturbo post-traumatico da stress (DPTS) e nel disturbo ossessivo-compulsivo. Immagini e suoni illusori - noti come allucinazioni visive e uditive - spesso infestano la mente delle persone con schizofrenia. Come i pop mentali, le allucinazioni possono presentarsi sotto forma di parole o frasi più spesso di quanto non facciano come immagini o musica, e non sono presenti stimoli di innesco evidenti. In ricerche precedenti, Ia Elua, una specializzanda della Kvavilashvili, ha ipotizzato che le allucinazioni vengano costruite a partire dai pop mentali.

Per controllare questa idea, Elua, Kvavilashvili e Keith Laws dell’Università dello Hertfordshire, hanno preso in esame i pop mentali in 31 adulti sani, 31 depressi e 37 schizofrenici. Tutti gli schizofrenici li sperimentavano, ma sei depressi e cinque sani riferivano di non avene mai avuti in tutta la loro vita. I pazienti schizofrenici riferivano anche di sperimentare i pop mentali in media da tre a quattro vole la settimana, mentre la media nei depressi era di una o due volte al mese e solo una volta o due volte ogni sei mesi nei soggetti sani. I risultati sono apparsi online, nel marzo 2012 su “Psychiatry Research”.

Questi dati preliminari suggeriscono che i pop mentali siano più comuni tra i malati di mente, ma è troppo presto per collegare definitivamente le memorie improvvise alle allucinazioni. La Kvavilashvili dice di avere condotto più studi sul fenomeno, in particolare sui pop mentali di carattere musicale e sulla loro relazione con vari tipi di motivetti ossessivi che spesso entrano nella testa della gente. "Lo studio dei pop mentali è ancora nella sua infanzia", dice la Kvavilashvili. "Finora, la registrazione di questi casi mi ha fatto capire quanto sia meraviglioso il funzionamento del nostro sistema percettivo. Mi incuriosiscono perché sembrano del tutto casuali e improvvisi, ma sono veri e propri frammenti di conoscenza del mondo. E questo ci ci mostra che spesso il nostro subconscio conosce il significato di un'esperienza, anche se consciamente lo ignoriamo. "

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