Tratto da Educare.it
Articolo di Aida Dattola, insegnante.
La conoscenza umana è nata da uno
stupore iniziale che ha proteso l’uomo verso mete sempre più alte, capaci, ogni
volta, di suscitargli vere e proprie emozioni. A chi, come noi, vive
quotidianamente l’avventura scolastica, sarà capitato più volte di leggere
negli occhi dei bambini lo stupore di fronte alla novità, a una piccola
conquista o davanti a un “prodotto” finito. Sarà pure capitato di sentire un
applauso finale dopo una lezione particolarmente coinvolgente e sentirsi felici
di aver comunicato emozioni, mai fine a se stesse, ma capaci di innescare
ulteriori meccanismi di motivazione ad apprendere.
Creare aspettative e sollecitare la
domanda motivazionale degli alunni è una dinamica indispensabile
dell’insegnamento e compito della scuola è creare le condizioni ottimali
affinché ciò si realizzi. Pertanto è necessario personalizzare l’insegnamento,
prestando attenzione agli aspetti interattivi e connettivi delle esperienze
cognitive. Fondamentale è il rapporto tra docenti ed alunni, che deve essere
caratterizzato dall’accoglienza, dalla propositività, dalla comunicatività e
dalla ricerca di motivazioni. Ogni docente deve rappresentare per gli alunni un
modello da seguire ed imitare (modeling); essere guida, compagno di
viaggio e sostegno (mentoring) e saper porsi in una relazione diretta e
personale (tutoring).
La personalizzazione diventa dunque
uno degli indicatori maggiormente significativi della qualità
dell’insegnamento. Motivazioni reali, relazioni logiche e soluzioni di problemi
rappresentano gli elementi imprescindibili di ogni procedimento didattico.
Personalizzare l’insegnamento
significa trovare un punto d’incontro significativo tra i “metodi” e gli “stili
cognitivi”, che rappresentano l’elemento dinamico, soggettivo, variabile,
ricercando le strategie più idonee per raggiungere la meta prefissata e utilizzando
i linguaggi più adatti, per soddisfare la sete di sapere degli alunni. Ciò che
più conta, quindi, non è tanto stabilire misure standardizzate sul loro
rendimento, quanto identificare i punti di forza e i lati deboli di ciascuno:
lo strumento più adatto a tal fine è l’osservazione continua in una varietà di
situazioni e di condizioni, per rilevare vari comportamenti ed abilità .
L’attenzione va focalizzata su modi, stili, livelli di
comprensione più che sull’immagazzinamento mentale dell’informazione. La
personalizzazione comporta una flessibilità operativa calibrata sulle
potenzialità e sulle richieste del singolo.
La scuola, per rispondere in modo adeguato alle pressanti
richieste di una società in rapida evoluzione, deve accompagnare e sostenere
gli alunni in un processo di crescita che li aiuti a diventare uomini liberi e
capaci di gestire in modo autonomo il futuro. La scuola dell’ autonomia,
recependo le istanze più significative del mondo contemporaneo, dovrebbe
garantire percorsi formativi personalizzati, considerando l’alunno nella sua
dimensione di persona unica ed irripetibile, portatrice di valori. E proprio
questa ”esclusività” del rapporto educativo deve garantire ad ognuno lo stupore
di fronte alla novità di un sapere che è costante ricerca e costruzione
personale, che rifugge da schemi stereotipati e da “pacchetti” preconfezionati
per diventare possibilità di offrire risposte nuove e significative a
problematiche emergenti. La conoscenza deve produrre un cambiamento dentro di
noi e perché ciò avvenga deve essere pregnante, suscitando le stesse emozioni
che i nostri progenitori provarono “scoprendo” il mondo circostante e mai
spegnendo, con inutili o sterili pseudosaperi, l’ansia di crescita insita in
ognuno di noi.
Una scuola laica, pluralista e democratica consente all’alunno
di utilizzare gli strumenti culturali ed emotivi come risorse. La scuola
dell’autonomia garantisce a ciascun alunno la possibilità di esprimere le
proprie potenzialità, garantendo percorsi personalizzati e perciò
proficui, perché in grado di tradurre le capacità personali in competenze in un
contesto formativo stimolante e vario, in cui la logica del sapere è coniugata
con quella del saper essere e del saper fare. Perciò trovarsi in un laboratorio
e sentire un alunno esclamare con gioia, dopo aver completato la sua casetta
realizzata con la tecnica dell’origami: «Guarda, maestra, l’ ho fatta io!»,
significa aver perseguito un obiettivo fondamentale del nostro insegnamento,
che è quello della conquista personale del sapere, in cui il ruolo del docente
è quello del facilitatore procedurale, che indirizza senza imporsi e stimola
senza prevaricare.
Quando i bambini fanno: ”Oh, che meraviglia!” possiamo esser
certi di vederli crescere, perché il mondo, con le sue bellezze e le sue
contraddizioni, non finirà mai di stupirli: a noi il compito di insegnare a
guardarlo con immutato stupore!
Nessun commento:
Posta un commento