lunedì 24 febbraio 2014

Da Scienze - "La Stampa"



Nel cervello c’è un “area social”

Possibile bersaglio di future terapie contro i disturbi del comportamento, come autismo, schizofrenia e disordini bipolari.
È stata individuata nel cervello un’area “social”. Si tratterebbe di una piccola regione essenziale per memorizzare le relazioni sociali, ossia la capacità degli animali di riconoscere un individuo della stessa specie.
Pubblicato su Nature e ottenuto negli Stati Uniti, il risultato si deve al gruppo di ricerca del Columbia University Medical Center coordinato da Steven Siegelbaum. 
L’area è stata individuata nei topi e, se confermata nell’uomo, potrebbe diventare il bersaglio di future terapie contro i disturbi del comportamento, come autismo, schizofrenia e disordini bipolari.
Chiamata CA2, l’area si trova nell’ippocampo, una regione già nota per il ruolo cruciale che gioca nella nostra capacità di ricordare. Recenti studi hanno dimostrato che le differenti sotto-regioni dell’ippocampo sono specializzate in funzioni specifiche per distinguere, ad esempio, ambienti simili già visti o per richiamare un ricordo da spunti parziali. «Tuttavia - rileva Siegelbaum - il ruolo di questa regione era rimasta in gran parte sconosciuto». 

Per saperne di più i ricercatori hanno creato un topo transgenico in cui le cellule nervose della regione CA2 potevano essere selettivamente “silenziate”. Una volta silenziati i neuroni, sui topi sono stati condotti test comportamentali. 
«Normalmente - spiega il primo autore Frederick Hitti - i topi mostrano curiosità verso un topo che non hanno mai incontrato, ma passano più tempo a scrutare un loro simile sconosciuto rispetto a uno familiare». 
Nell’esperimento, però, gli animali non hanno mostrato alcuna preferenza per un topo nuovo contro uno già noto, e ciò indica, secondo Hitti, mancanza di memoria sociale. Anche nell’uomo è stato osservato che le lesioni dell’ippocampo compromettono la memoria sociale e questo fenomeno è associato a comportamenti sociali alterati, dalla schizofrenia all’autismo. Se l’area sarà individuata anche nell’uomo, sottolinea Siegelbaum, potrebbe costituire un nuovo bersaglio terapeutico per tali malattie.

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