sabato 18 gennaio 2014

Psicologia e dintorni...


Dopo la teoria psicoanalitica…nuove teorie a confronto.

La psichiatria dinamica è il fondamento della prospettiva psicodinamica ed ha come obiettivo fondamentale raggiungere la singolarità e l’unicità dell’esperienza soggettiva cercando soluzioni “su misura” per il paziente ed il suo contesto di vita, tenendo conto del mondo interiore del paziente.
Essa comprende quattro aree teoriche psicoanalitiche:

  •          La teoria dell’Io;
  •       La teoria delle relazioni oggettuali (Melanie Klein e scuola britannica);
  •       La psicologia del Sé (Kohut);  
  •    La teoria dello sviluppo.

Nell’ottica della psichiatria psicodinamica i sintomi e i comportamenti sono manifestazioni interne di processi inconsci; questa funzione è chiamata da Waelder Principio di Funzione Multipla. Per lo psichiatra psicodinamico il comportamento è il risultato finale di molte differenti forze in conflitto tra loro.  Rilevanza assumono indiscutibilmente le esperienze infantili. Il processo evolutivo è, pertanto, dato da un’interazione attiva fra tratti ereditari e fattori ambientali.
I nuovi autori dopo Freud hanno posto l’accento sulla competenza relazionale del bambino piuttosto che sulle vicissitudini delle energie istintuali.
Il persistere nella vita adulta di schemi infantili di organizzazione mentale implica che il passato si ripete nel presente. Con il transfert il paziente riattualizza le modalità che ha avuto con figure significative del passato. Quindi il paziente vive il terapeuta come una figura significativa del suo passato. 

Nel transfert vi sono due dimensioni:
-         Ripetitiva, per cui il paziente si aspetta che l’analista si comporti come facevano i suoi genitori;
-         Oggetto sé, in cui il paziente desidera fortemente un’esperienza risanante o correttiva che è mancata nella sua infanzia.

D. Winnicott notò nel suo lavoro con gli psicotici una diversa forma di controtransfert che chiamò “odio obiettivo” (la-funzione-positiva-dellodio-in-winnicott/): esso è una reazione naturale del terapeuta al comportamento irritante del paziente. Anche Otto Kemberg sottolineò la correttezza di tale affermazione.
Esso consiste nella resistenza e il desiderio del paziente di opporsi ai tentativi del terapeuta di produrre insight (introspezione, guardarsi dentro) e cambiamento.
Freud aveva già osservato nel 1912 come la resistenza accompagnasse il trattamento psicoanalitico ad ogni passo come compromesso tra le forze tendenti alla guarigione e quelle che si oppongono ad essa.
La resistenza può essere conscia, preconscia e inconscia; tutte hanno in comune il tentativo di evitare i sentimenti spiacevoli, come l’ansia, l’ira, la colpa, l’odio, la vergogna, il dolore, ecc.
Essa è un meccanismo di difesa del paziente che si manifesta nel trattamento psicodinamico; tuttavia, mentre la resistenza si può osservare, i meccanismi di difesa devono essere dedotti.
Freud connotava la resistenza come:
-         Un blocco nelle libere associazioni
-         La rivelazione di una relazione oggettuale interna significativa.

Delineati i suoi modelli (topografico e topico), si dedicò particolarmente alla rimozione (tra i meccanismi di difesa). Tra gli altri meccanismi di difesa ricordiamo:
-         Spostamento
-         Formazione reattiva
-         Isolamento
-         Annullamento retroattivo
-         Somatizzazione
-         Conversione
Un'altra classificazione li stabilisce secondo una gerarchia: dai più arcaici, immaturi o patologici, ai più maturi e sani.
Hartmann ha invece messo in evidenza i meccanismi non difensivi dell’Io ed ha insistito su una sfera dell’Io libera da conflitti.

Secondo la Teoria delle relazioni oggettuali il prototipo dell’esperienza positiva di amore si forma nel periodo dell’allattamento e racchiude:

-         Esperienze positive di Sé (neonato allattato)
-         Esperienze positive dell’oggetto (madre attenta)
-         Esperienze affettive positive ( piacere e sazietà)

Quando ritorna la fame e la madre non è momentaneamente disponibile si forma il prototipo dell’esperienza negativa che include:

-         Esperienza negativa del Sé (neonato frustrato)
-         Oggetto frustrante (madre non disponibile)
-         Esperienza affettiva negativa (rabbia o terrore)

I sistemi vengono interiorizzati e l’interiorizzazione della madre da parte del bambino (detta introiezione) comincia durante l’allattamento con le sensazioni fisiche e diviene significativa solo quando si è sviluppato un legame tra il mondo interno e quello esterno. Dopo alcuni mesi le immagini isolate della madre si fondono in una rappresentazione stabile. Allo stesso tempo si crea una rappresentazione duratura del Sé.
L’oggetto interiorizzato non corrisponde necessariamente all’oggetto esterno reale. Il conflitto, per i teorici, è lo scontro tra le coppie contrapposte di unità interne di relazioni oggettuali. Secondo la Klein nei primi mesi di vita il bambino prova un primitivo terrore di annichilimento, associato all’istinto di morte di Freud. Come modalità di difesa l’Io viene scisso (diviso).
Nella scissione il lattante vive nella paura della persecuzione materna. Questo tipo di paura genera l’angoscia fondamentale che la Klein definì posizione schizoparanoide.
Gli oggetti persecutori o cattivi sono proiettati sulla madre in modo da allontanarli dagli oggetti buoni ; solo dopo questa operazione possono essere re-introiettati, cioè riportati dentro, così da poterli controllare e dominare; i cicli divengono così oscillanti e i bambini quando integrano gli oggetti parziali in oggetto intero, sono turbati dal timore che le loro fantasie sadiche e distruttive nei confronti della madre, possono averla annientata. Questa nuova preoccupazione per la madre (percepita ora come intera), è definita dalla Klein angoscia depressiva ed annuncia l’arrivo della posizione depressiva. A questo punto la colpa diventa l’aspetto rilevante della vita affettiva del bambino che tenta di risolverla attraverso la riparazione ossia azioni che riparano il danno inferto alla madre nella realtà o nella fantasia.
I critici della Klein ritengono che si sia troppo concentrata sulla fantasia e abbia minimizzato l’influenza delle persone reali dell’ambiente e che abbia dato spazio all’istinto di morte, un concetto ridimensionato dagli altri analisti.
Queste posizioni aprirono un dibattito all’interno della Società di psicoanalisi britannica che si divise in un gruppo B seguaci di Anna Freud e un gruppo A fedele alla Klein. Un terzo gruppo si astenne del quale fecero parte Winnicott, Balint e Fairbain.
Winnicott ha coniato il termine di madre sufficientemente buona; Balint ha descritto il sentimento di qualcosa che manca, da lui definito “difetto fondamentale” che consta nella carenza dovuta al fallimento della madre nel rispondere ai bisogni fondamentali del bambino.
Fairbaim ha riscontrato nell’eziologia delle difficoltà dei suoi pazienti schizoidi l’incapacità delle madri di offrire le loro esperienze rassicuranti.
Tutti furono d’accordo sulla necessità di una Teoria del Deficit per una comprensione psicoanalitica completa dell’essere umano.
In questa ottica l’analista serve al paziente come nuovo oggetto che essi devono interiorizzare in modo da riparare le strutture intrapsichiche carenti.
Altro concetto chiave della scuola britannica è che l’infante ha una naturale tendenza alla realizzazione di Sé.
Winnicott riteneva appunto che ci fosse un vero Sé la cui crescita poteva essere facilitata o ostacolata dalle risposte della madre e di altre figure dell’ambiente familiare.

La scuola inglese delle relazioni oggettuali.pdf

/IL-METODO-DI-FORMAZIONE-DEI-GRUPPI-BALINT.aspx

Il Sé






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