venerdì 17 febbraio 2012

da Repubblica

Bimbi, parolieri inaspettati
Dalla culla ci capiscono già

Secondo uno studio dell'Università di Pennsylvania, a sei mesi i bebè conoscono il significato di molti nomi comuni. Il loro vocabolario sembra fermo alle lallazioni, ma in realtà iniziano a comprenderci (e in certi casi, a guardarci storto) molto prima di quanto immaginiamo di GIULIA BELARDELLI

SONO ANCORA lì nel lettino, a produrre suoni incomprensibili e scalciare  -  più o meno ridenti  -  all'aria. A volte sembra che non ci prestino molta attenzione, immersi come sono nel loro mondo fatto di poppate e biberon, lallazioni e pisolini. Eppure, anche se non ci guardano, fanno caso alle nostre parole, ci ascoltano e  -  zitti zitti  -  ci capiscono. A sostenere che l'età della comprensione linguistica inizi molto prima di quanto ritenuto finora è uno studio condotto da un gruppo di psicologi dell'Università di Pennsylvania 1 appena pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences 2. Secondo i ricercatori, i bambini capiscono il significato di molte parole già a sei mesi d'età, quando il loro vocabolario è una sinfonia di sillabe in continuo mutamento, ma nulla che somigli a una parola di senso compiuto.

Così, incuriositi dallo scarto tra tutti questi "da-da"/"ba-ba" e i fiumi di parole che escono a noi adulti quando ci troviamo in presenza di un infante, gli psicologi della Penn University si sono voluti concentrare su bambini di età compresa tra i sei e i nove mesi, per vedere se davvero sia giusto considerarli, come viene fatto di solito, "pre-linguistici". I risultati hanno sorpreso anche loro, portandoli a mettere in discussione il concetto stesso di "età pre-lingustica". "Dai nostri test  -  ha spiegato Daniel Swingley, professore del Dipartimento di Psicologia  -  è emerso che già a sei mesi i piccoli hanno imparato il significato di molte parole del linguaggio comune grazie alla loro interazione quotidiana con la lingua".

"Finora  -  ha proseguito Swingley  -  si è sempre ritenuto che i bambini imparassero la loro lingua madre non attraverso le parole, ma scoprendo caratteristiche del discorso orale come consonanti, vocali e combinazioni di suoni. In particolare, si credeva che la comprensione delle parole, a differenza della percezione dei suoni, venisse più tardi, tra i nove e i quindici mesi, quando il bambino ha già sviluppato la capacità di interpretare gli obiettivi e le intenzioni degli altri. Il nostro studio mostra che questa ricostruzione dei fatti è a dir poco carente, visto che già a sei mesi i bebè sembrano conoscere il significato di molte parole del linguaggio comune".

Nell'obiettivo di far "parlare" la voce della verità, i ricercatori hanno dunque concepito due diversi esperimenti a cui hanno partecipato 33 bebè di età compresa tra i sei e i nove mesi e 50 bambini tra i dieci e i venti mesi. Nel primo test il bambino, seduto sul grembo del genitore, era messo davanti a uno schermo sul quale comparivano di volta in volta immagini di cibi e/o parti del corpo (una mela, un naso, un pomodoro e via così). All'adulto venivano coperti gli occhi, così da non dare indicazioni al bambino su quale oggetto guardare. I ricercatori, tramite delle cuffie, "suggerivano" al genitore una frase da pronunciare ad alta voce, del tipo "Guarda la mela!" oppure "Dov'è la mela?". A questo punto entrava in gioco un dispositivo per seguire lo sguardo del piccolo e vedere su quale oggetto e in quale momento ricadesse la sua attenzione. Il secondo compito era più o meno simile, solo che gli oggetti che apparivano sullo schermo erano inseriti nel loro contesto naturale, come dei cibi messi in tavola o la figura intera di un essere umano. La sfida, in entrambi i casi, era capire se al suono di una determinata parola il bimbo guardasse l'oggetto più a lungo, mostrando così di averne capito il significato.

I risultati hanno parlato chiaro: nella maggior parte dei casi, i piccoli partecipanti fissavano con particolare attenzione gli oggetti nominati, senza che nessun elemento li rendesse più "accattivanti" dal punto di vista visivo (i ricercatori hanno tenuto conto anche di questo, bilanciando immagini molto colorate ad altre meno attraenti  -  altro punto rilevante: i piccoli hanno gusto, eccome!).

L'aspetto più sorprendente  -  suggeriscono i ricercatori  -  è nella generalità dei termini utilizzati, che a differenza di parole come "mamma" e "papà" non si riferiscono a soggetti particolari, ma indicano delle categorie. "Il nostro studio è il primo a concentrarsi su parole più generiche che si riferiscono a insiemi di cose", ha detto la ricercatrice Elika Bergelson. "Stiamo infatti parlando di oggetti che possono apparirci diversi ogni volta: parole che non indicano individui, ma categorie". In più, visto che i test non sono stati preceduti da alcun tipo di "training" in laboratorio, si tratta di vocaboli che i bimbi imparano automaticamente, grazie alla loro interazione giornaliera con la lingua. A tutte quelle volte in cui, al di là di ogni sospetto, ci studiano e ci ascoltano. Anzi, ci capiscono.

Secondo Bergelson e Swingley, è proprio a questa età così precoce che si registra la prima "impennata linguistica". Poi, tra gli 8 e i 14 mesi, l'aumento di vocaboli crescerebbe di poco, prima di intraprendere quella "corsa stupefacente" che avviene dai 14 mesi in avanti. I ricercatori, ad esempio, non hanno trovato differenze significative tra bambini di sei e nove mesi, segno che in quella fase il piccolo sta "giocando" con quanto imparato, prima di lanciarsi alla volta di aspetti più complessi, come la sintassi.

"Considerando che di solito i bambini pronunciano le prime parole attorno ai 10-11 mesi d'età, ci siamo abituati a pensare che la comprensione verbale non possa precedere di molto questa fase", ha aggiunto Swingley. "Ora invece stiamo scoprendo che non è così. Personalmente trovo straordinario il fatto che esserini così piccoli - che non dicono nulla, non camminano e talvolta non indicano nemmeno - possano in realtà capire le nostre parole". Sotto la superficie, al di là di ogni sospetto, cercano di mettere insieme gli oggetti che li circondano con le parole che più spesso li accompagnano, azzeccandoci quasi sempre. "Questi risultati  -  ha concluso lo studioso - gettano un po' di luce su uno dei misteri più grandi dell'acquisizione del linguaggio: come facciano i bambini a diventare padroni della lingua in così poco tempo, di solito mostrando di conoscere centinaia di parole già a due anni. Una possibile risposta, a quanto pare, è che l'apprendimento inizi in realtà fin dalle prime fasi della vita". In sordina, lontani da occhi indiscreti, i bambini potrebbero insomma iniziare a capirci ancor prima di iniziare a farfugliare.

Nessun commento:

Posta un commento