giovedì 8 dicembre 2011

Le funzioni cognitive

Il pensiero di Feuerstein, per arrivare a definire le funzioni cognitive, così come le conosciamo oggi, parte dagli anni 40 quando, lavorando  a fianco di Piaget e di Rey e applicando quotidianamente la batteria di test si  accorse che bastava un piccolo aiuto, un piccolo intervento per far si che l'individuo migliorasse la sua prestazione. Tornato in Israele dovette progettare percorsi educativi per bambini spesso deprivati culturalmente, iniziando così a stilare una lista delle difficoltà più frequentemente riscontrate. 
Per Feuerstein le funzioni cognitive sono le condizioni mentali essenziali per l'esistenza delle operazioni di pensiero e per ogni altra funzione del comportamento. Determinando la carenza si determina correttamente il tipo di intervento. Un deficit in una delle tre fasi dell'atto mentale si può ripercuotere sulle altre due. 
La lista delle funzioni cognitive messe a punto dall'equipe di Feuerstein essendo operativa non è esaustiva, nè definitiva. Vi sono inoltre delle funzioni periferiche, cioè appartenenti all'input o all'output e funzioni centrali, cioè appartenenti all'elaborazione. Con una tale distinzione possiamo escludere un problema a livello dei maggiori ed essenziali processi di pensiero e di apprendimento. Se un allievo è privo di pensiero astratto occorre chiedersi: " In quale fase dell'atto mentale bisogna intervenire per migliorare le sue prestazioni?     
Le funzioni cognitive sono quindi un set di abilità che governano i processi mentali.
La carenza di esperienze di apprendimento mediato può determinare funzioni cognitive non adeguatamente sviluppate o scarsamente utilizzate o ancora utilizzate in modo parziale o disorganico.
Le funzioni cognitive sono considerate divise in tre fasce:
  1. funzioni cognitive in input (riguardano la raccolta delle informazioni che dall’ambiente giungono alla nostra mente quali e possono determinare: carenza di percezione chiara, di strumenti verbali precisi e accurati, carenza di orientamento temporale o spaziale ben sviluppati, carenza di conservazione delle costanti dell’oggetto o evento, mancata considerazione di più fonti di informazioni )
  2. funzioni cognitive in elaborazione ( relative al lavoro che la nostra mente fa sulle informazioni precedentemente raccolte ed utilizzate per la soluzione di un problema,  possono determinare: difficoltà nella selezione dei dati rilevanti o irrilevanti, mancanza di comportamento comparativo spontaneo, ristrettezza del campo mentale, difficoltà di interiorizzazione, carente pensiero ipotetico e mancanza di strategie per la verifica delle ipotesi)
  3. funzioni cognitive in output (riguardano la risposta all’ambiente delle soluzioni ottenute con l’eleborazione quali: difficoltà nella definizione del quadro necessario alla soluzione del problema, mancanza di pianificazione, carenza del  comportamento sommativo, mancata modalità di risposta riflessiva e consapevole, carenza di controllo dell’impulsività,  situazioni di blocco, mancata  precisione e accuratezza nel comunicare i dati e le informazioni, mancata trasposizione visiva chiara,  difficoltà nel fare proiezioni virtuali.)
Il termine funzione rimanda a funzionamento e pertanto può essere carente in ognuno di noi  in diverse situazioni. Mentre Piaget aveva incentrato la propria attenzione sulle operazioni, cioè sul risultato delle operazioni mentali, Feuerstein afferma che le carenze possono essere ricondotte a difficoltà nei prerequisiti delle operazioni stesse, cioè nelle funzioni cognitive. Con questi presupposti è possibile contribuire al miglioramento delle operazioni mentali sviluppando le funzioni cognitive carenti.
Inoltre bisogna ricordare che Feuerstein ha messo in evidenza le carenze anziché in rilievo ciò che è funzionante per stimolare il mediatore nel suo intervento, atto a colmare le lacune poiché, come egli afferma, “le carenze non sono irreversibili” e  sottolinea nel contempo  che la stessa persona che ha una parte delle funzioni cognitive carenti, ha in sé la presenza di tutta una serie di abilità esistenti, ben funzionanti. Nel pensiero filosofico di Feuerstein prevale , pertanto e, senza alcun dubbio,  il concetto che tra l’attitudine passiva accettante e l’attitudine attiva modificante deve prevalere sempre l’attitudine attiva modificante, allo scopo di far emergere le capacità. L’obiettivo è di far emergere modalità di funzionamento che portino ad un più elevato livello di ragionamento e, conseguentemente, ad una vita più autonoma e gratificante .
E’ bene , infine, ricordare che scopo del PAS è sia quello di colmare eventuali lacune, sia di potenziare tutte le funzioni cognitive, quindi, di arricchire ulteriormente il soggetto che si sottopone al programma.



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