venerdì 5 luglio 2013

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La signora Pochecose
di Aida Dattola

Era minuta, graziosa, con i capelli grigi raccolti sulla nuca e gli occhiali appoggiati sulla punta del naso. La mattina si svegliava prestissimo e, dopo aver messo in ordine la sua modesta casetta, innaffiava i gerani sul davanzale, dava da mangiare ai colombi che arrivavano mattinieri a darle il buongiorno e poi si affacciava alla finestra. Di buon’ora passava il sindaco del paese, che salutava cordialmente la signora e, sempre indaffarato, si recava in Municipio a lavorare; poi si vedeva il parroco, che andava a celebrare la prima messa e aveva sempre una parola buona da regalarle, e lei ricambiava con un gesto affettuoso e rispettoso, baciandogli la mano. Intanto arrivavano i bambini, che si recavano a scuola accompagnati dalle loro mamme, e la signora Pochecose augurava loro una buona giornata. Sorrideva, la signora, perché i bambini le piacevano tanto e le rallegravano la giornata. Ai più piccoli, che a volte facevano le bizze, regalava caramelle e cioccolatini e subito si calmavano. Quindi la signora si ritirava in casa e dava inizio al rito pacato della sua giornata. Apriva il cassetto di un mobile antico e tirava fuori forbici, ago, filo, metro e un pezzo di stoffa. Appoggiava tutto sul tavolo e, ripetendo mentalmente il consiglio di sua mamma”Cento misure e un taglio”, misurava e rimisurava se stessa e la stoffa, finchè si decideva a tagliare. La signora era una brava sarta, anche molto creativa. Infatti, disegnava da sola i suoi modelli e li riproduceva così bene che tutti, poi, la domenica, quando indossava i capi che aveva realizzato, le facevano i complimenti.
Poi preparava qualcosa da mangiare e, giunta l’ora di pranzo, apparecchiava con cura la tavola e si sedeva da sola, gustando il cibo, che per lei rappresentava un dono del Cielo. Si riposava un po’ e nel pomeriggio usciva per fare qualche acquisto o per visitare la vicina di casa ammalata o per tenere compagnia ad un’anziana signora rimasta sola. La sera cenava e poi andava a letto serena, ringraziando il Signore per averle fatto trascorrere una giornata tranquilla. Nessuno seppe mai i particolari della sua vita; nessuno le chiese mai se si fosse sposata, se avesse dei figli lontani, perché la signora era molto riservata e sembrava venire da un mondo lontano.
Non conosceva l’invidia e il rancore, non sapeva spettegolare, non si adirava mai, era paziente fino al sacrificio ed era silenziosa…Sembrava strana, ma tutti le volevano bene e a lei bastava questo per farla sentire felice. A qualcuno faceva un po’ rabbia la sua incrollabile fiducia nella vita e si chiedeva che senso avesse vivere in quel modo. Dentro di sé la signora sapeva che tutto ha un senso, ed è proprio questo il mistero della nostra esistenza: le cose che a noi appaiono banali sono,in realtà, ricche di significato. Un giorno la signora si alzò come al solito e aprì la finestra del cielo per dare il suo buongiorno agli angeli…Allora capii perché la chiamavano “La signora Pochecose”: semplicemente perché si era sempre accontentata di poco, perchè  aveva capito che in poche cose davvero è racchiuso il segreto di una vita serena, quella che ognuno di noi ha sempre sognato.

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