Mindfullness
(by drdedalo)
" Non attraverso le azioni, non attraverso le parole, ci
rendiamo liberi dalle contaminazioni mentali, ma osservandole e riconoscendole
in continuazione"
Anguttara Nikaya, 557-477 a.C.
Pensare è molto spesso agire e reagire: "questa cosa che
hai fatto mi ha fatto pensare che..., ho fatto così perché ho pensato che tu
pensassi..., per forza mi comporto così, lui non capisce che finché non capirà
che io non sopporto che...", questi e mille altri ragionamenti portano ad
una serie di conclusioni e di azioni che innescano delle catene di gesti, di
risposte emotive, di lunghe elaborazioni mentali e di conseguenti azioni,
atteggiamenti, prese di posizione.
Siamo così abituati a considerare che all'interno di una
relazione, di un rapporto o anche di un semplice scambio comunicativo fra
esseri umani, occorra rispondere con delle azioni ai "cenni che l'altro
dà" che, spesso, non ci passa nemmeno per la testa la possibilità di non
fare niente: assaporare, invece, il gesto; cogliere l'azione per quello che è;
sospendere il giudizio e l'azione di risposta e ascoltare con attenzione,
lasciare che ciò che viene detto o fatto abbia il tempo di impressionarci.
Agli albori della Psicoanalisi, Freud, volendo dare ai suoi
primi allievi un consiglio su come porsi di fronte ad un paziente, suggeriva
di: "Procedere senza intenzione alcuna, lasciandosi ogni volta
sorprendere, affrontando ciò che accade via via con mente sgombra e senza
preconcetti".
Non avere alcuna intenzione significa lasciare spazio
all'attenzione: riuscire a sospendere il giudizio e la smania di agire e
osservare ciò che emerge, lasciare che l'osservazione permetta ai contenuti di
manifestarsi e al paziente di comunicarli trovando le parole per dirli.
Fare silenzio e sospendere la memoria e il desiderio significa,
per un terapeuta (ma naturalmente anche per chiunque decida di ascoltare
veramente qualcuno), mettersi in una posizione aperta, essere disposto a
contenere e a non rispondere subito.
Farlo è, innanzitutto, un modo per rompere il solito schema
comunicativo: è capire e far capire con un gesto eloquente che si può frenare
la valanga di risposte e di "cose interessanti" che ci vengono in
mente e che si sovrapporrebbero alla comunicazione e al flusso di coscienza
dell'altro.
E' questo il significato del termine mindfullness:
un'apertura in cui l'attenzione e la consapevolezza sono focalizzate su quanto
accade nel momento presente; uno stato mentale in cui ci si ricorda di essere
vigili e ricettivi e ci si dimentica di... tutto il resto.
Questa posizione favorisce quella che gli scienziati
cognitivisti chiamano elaborazione ascendente (bottom-up): un approccio alle
cose che comincia con i dettagli e procede verso il livello concettuale più
elevato.
"Al centro della meditazione mindfullness troviamo
un'enfasi più verso le funzioni ascendenti della mente, che verso quelle
discendenti, in altre parole la mindfullness cerca di portare l'attenzione
direttamente al flusso di dati sensoriali che arrivano all'esperienza
attraverso le porte dei sensi (forme visive, suoni, odori, gusti e sensazioni
fisiche), così come al sorgere di pensieri e immagini nella mente. Nel farlo,
la midfullness allontana l'attenzione da schemi, narrazioni, convinzioni di
"livello superiore" e da altre mappe concettuali che di solito usiamo
per orientarci nelle esperienze quotidiane " (R.D. Siegel et al.)
Escludendo per un po' la cascata di informazioni che
provengono dalla memoria e che tendono naturalmente ad associarsi a ciò che
stiamo osservando, ascoltando, percependo, possiamo cambiare la nostra
posizione: spostarci dalla consueta ottica di "opinionisti
desideranti" per trasferirci verso quella molto meno frequentata di
"osservatori spassionati".
Come tutti i "gesti semplici" è più facile a dirsi
che a farsi: siamo talmente abituati a lasciare che memorie, desideri, giudizi,
aspettative e opinioni interferiscano con la nostra percezione del mondo che,
per cambiare modalità e controbilanciare l'elaborazione discendente dobbiamo
letteralmente cambiare il nostro cervello.
E' un percorso complesso e, a volte, faticoso che, tuttavia,
offre, già dai primi passi, un sollievo da certi sintomi e un'apertura che
rende il viaggio più gratificante e pieno.
Sui mezzi idonei a favorire questa trasformazione e sugli
ostacoli che si incontrano per raggiungerla, scriverò alcuni dei prossimi
"pandemonio".
Per ora vi lascio con questo brano (solo un esercizio) di
A.W.Watts che descrive la posizione in cui ci si dovrebbe mettere per essere
mindfull:
"Vi si chiede - temporaneamente certo - di lasciare da
parte tutte le vostre opinioni filosofiche, religiose e politiche per diventare
quasi un bambino, che non sa niente. Niente, cioè, tranne quello che adesso
realmente ascoltate, vedete, sentite, e odorate. Pensate che non state andando
in altro posto che qui e che non c'era, c'è o ci sarà altro tempo che non
adesso. Semplicemente, siate consapevoli di quello che realmente è senza dargli
un nome e senza giudicarlo, poiché voi adesso state sentendo la realtà stessa
invece delle idee e delle opinioni che la riguardano. Non vale la pena di
cercare di sopprimere il balbettio delle parole e delle idee che continuano in
molti cervelli adulti, perciò se non si fermerà, lasciatelo andare come vuole,
ed ascoltatelo come se fosse il rumore del traffico o il chiocciare delle
galline.
Lasciate che le vostre orecchie ascoltino quello che vogliono
ascoltare; lasciate che i vostri occhi vedano quello che vogliono vedere;
lasciate che la vostra mente pensi qualunque cosa voglia pensare; lasciate che
i vostri polmoni respirino seguendo il proprio ritmo.
Non aspettatevi nessun risultato speciale perché in questo
stato senza parole e senza idee, dove possono essere passato e futuro e dove
può essere qualunque nozione di scopo? Fermatevi, guardate e ascoltate..."
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