Dove ci si trova
(di Martin Buber)
"C'è qualcosa che tu non puoi trovare in alcuna parte del
mondo, eppure esiste un luogo in cui la puoi trovare".
C'è una cosa che si può trovare in un unico luogo al mondo, è un
grande tesoro, lo si può chiamare il compimento dell'esistenza. E il luogo in
cui si trova questo tesoro è il luogo in cui ci si trova.
La maggior parte di noi giunge solo in rari momenti alla piena
coscienza del fatto che non abbiamo assaporato il compimento dell'esistenza,
che la nostra vita non è partecipe dell'esistenza autentica, compiuta, che è
vissuta per così dire ai margini dell'esistenza autentica. Eppure non cessiamo
mai di avvertire la mancanza, ci sforziamo sempre, in un modo o nell'altro, di
trovare da qualche parte quello che ci manca. Da qualche parte, in una zona
qualsiasi del mondo o dello spirito, ovunque tranne che là dove siamo, là dove
siamo stati posti: ma è proprio là, e da nessun'altra parte, che si trova il
tesoro. Nell'ambiente che avverto come il mio ambiente naturale, nella
situazione che mi e toccata in sorte, in quello che mi capita giorno dopo
giorno, in quello che la vita quotidiana mi richiede: proprio in questo risiede
il mio compito essenziale, lì si trova il compimento dell'esistenza messo alla
mia portata. Sappiamo di un maestro del Talmud che per lui le vie del cielo
erano chiare come quelle di Nehardea, sua città natale; il chassidismo rovescia
questa massima: per uno è meglio che le vie della città natale siano chiare
come le vie del cielo. È qui, nel luogo preciso in cui ci troviamo, che si
tratta di far risplendere la luce della vita divina nascosta.
Quand'anche la nostra potenza si estendesse fino alle estremità
della terra, la nostra esistenza non raggiungerebbe il grado di compimento che
può conferirle il rapporto di silenziosa dedizione a quanto ci vive accanto.
Quand'anche penetrassimo nei segreti dei mondi superiori, la nostra
partecipazione reale all'esistenza autentica sarebbe minore di quando, nel
corso della nostra vita quotidiana, svolgiamo con santa intenzione l'opera che
ci spetta. È sotto la stufa di casa nostra che è sepolto il nostro tesoro.
Secondo il Baal-Shem, nessun incontro - con una persona o
una cosa - che facciamo nel corso della nostra vita è privo di un significato
segreto. Gli uomini con i quali viviamo o che incrociamo in ogni momento, gli
animali che ci aiutano nel lavoro, il terreno che coltiviamo, i prodotti della
natura che trasformiamo, gli attrezzi di cui ci serviamo, tutto racchiude
un'essenza spirituale segreta che ha bisogno di noi per raggiungere la sua
forma perfetta, il suo compimento. Se non teniamo conto di questa essenza
spirituale inviata sul nostro cammino, se - trascurando di stabilire un
rapporto autentico con gli esseri e le cose alla cui vita siamo tenuti a
partecipare come essi partecipano alla nostra - pensiamo solo agli scopi che
noi ci prefiggiamo, allora anche noi ci lasciamo sfuggire l'esistenza
autentica, compiuta. Sono convinto che questo insegnamento è profondamente
vero. La più alta cultura dell'anima resta fondamentalmente arida e sterile, a
meno che da questi piccoli incontri, a cui noi diamo ciò che spetta, non
sgorghi, giorno dopo giorno, un'acqua di vita che irriga l'anima; allo stesso
modo la potenza più immane è, nel suo intimo profondo, solo impotenza se non si
trova in alleanza segreta con questi contatti - umili e pieni di carità nel contempo
- con un essere estraneo eppur vicino.
Parecchie religioni negano alla nostra esistenza sulla terra la
qualità di vita autentica. Per le une, tutto ciò che appare quaggiù è solo
un'illusione che dovremmo togliere, per le altre si tratta solo di un'anticamera
del mondo autentico, un'anticamera che dovremmo attraversare senza prestarvi
troppa attenzione. Nell'ebraismo è completamente diverso: quello che un uomo fa
nella santità qui e ora non è meno importante né meno autentico della vita del
mondo futuro. Ma è nel chassidismo che questo insegnamento ha conosciuto lo
sviluppo più accentuato.
Rabbi Hanoch di Alexander disse: "Anche le genti della
terra credono all'esistenza di due mondi. 'In quel mondo', li si sente
ripetere. La differenza sta in questo: loro pensano che i due mondi siano
distinti e separati l'uno dall'altro, Israele invece professa che i due mondi
sono in verità uno solo e devono diventare uno solo in tutta realtà".
Nella loro intima verità i due mondi sono uno solo: si sono
semplicemente separati, per così dire. Ma devono ridiventare l'unità che sono
nella loro verità intima, e l'uomo è stato creato proprio perché riunisca i due
mondi. Egli opera a favore di questa unità mediante una vita santa con il mondo
in cui è stato posto, nel luogo in cui si trova.
Una volta si parlava in presenza di Rabbi Pinchas di Korez della
misera vita dei bisognosi; questi ascoltava, affranto dal dolore. Poi sollevò
la testa ed esclamò: "Basta che portiamo Dio nel mondo, e tutto sarà
appagato!".
Come? E possibile attirare Dio nel mondo? Non è un modo di
vedere arrogante e pretenzioso? Come potrebbe osare il vermiciattolo
immischiarsi in ciò che si basa esclusivamente sulla grazia di Dio: quanto di
sé Dio concede alla sua creazione? Ancora una volta un insegnamento ebraico si
oppone qui agli insegnamenti delle altre religioni e, di nuovo, è nel
chassidismo che si esprime con la massima intensità. Noi crediamo che la grazia
di Dio consiste proprio in questo suo volersi lasciar conquistare dall'uomo, in
questo suo consegnarsi, per cosi dire, a lui. Dio vuole entrare nel mondo che è
suo, ma vuole farlo attraverso l'uomo: ecco il mistero della nostra esistenza,
l'opportunità sovrumana del genere umano!
Un giorno in cui riceveva degli ospiti eruditi, Rabbi Mendel di
Kozk li stupì chiedendo loro a bruciapelo: "Dove abita Dio?". Quelli
risero di lui: "Ma che vi prende? Il mondo non è forse pieno della sua
gloria?". Ma il Rabbi diede lui stesso la risposta alla domanda: "Dio
abita dove lo si lascia entrare".
Ecco ciò che conta in ultima analisi: lasciar entrare Dio. Ma lo
si può lasciar entrare solo là dove ci si trova, e dove ci si trova realmente,
dove si vive, e dove si vive una vita autentica. Se instauriamo un rapporto
santo con il piccolo mondo che ci è affidato, se, nell'ambito della creazione
con la quale viviamo, noi aiutiamo la santa essenza spirituale a giungere a
compimento, allora prepariamo a Dio una dimora nel nostro luogo, allora
lasciamo entrare Dio.
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