Francesco Cascini è nato a Lucca l'11 aprile del 1970 ed è
entrato in magistratura l'11 aprile del 1995. Ha svolto le funzioni di pubblico
ministero a Locri dal 1996 al 2001, a Napoli dalla fine del 2001 al 2007, anche
presso la direzione distrettuale antimafia. Dal mese di febbraio del 2007
svolge il ruolo di direttore dell'ufficio ispettivo presso il dipartimento dell'amministrazione
penitenziaria.
"Le parole del procuratore ci annunciavano che stavamo
per scendere in guerra. Con pochi uomini, poche risorse, pochi mezzi, nessuna
possibilità di vittoria. Ci descrivevano un nemico sotto casa, gente che si
incontra al bar, un lavoro molto diverso da quello che si fa in altre procure
italiane.
Il procuratore diceva frasi solenni, le sue erano parole
allarmanti, eppure il tono che usava era ordinario, non aveva nessuna
concitazione. Sembrava che quella guerra non lo coinvolgesse più di tanto.
Forse si era abituato, forse non la sentiva una guerra sua, forse sapeva di
averla già persa.forse non la sentiva una guerra sua, forse sapeva di averla
già persa".
Ventiseienne magistrato a Locri in una procura in cui tutti
sono di passaggio e aspettano con ansia un trasferimento che li porti lontano
da quella che sembra un'altra Italia. Questa è la Locride, il centro della
'ndrangheta calabrese. Una situazione "difficile da comprendere senza aver
respirato l'aria di posti come Africo o San Luca, se non ci si chiede quali
sensazioni vivano gli uomini dello Stato che camminano per quelle strade, che
attraversano il buio di quei paesi fuori dal mondo, pieni di persone schierate
contro di loro".
E' certamente la storia del far west dove la legge del più
forte sembra sovrastare quella dello Stato. Un racconto asciutto e appassionante
sulla difficoltà di far valere la giustizia. Questo libro è il ritratto di un
Paese pieno di storture. E qui, un giudice sembra destinato a perdere. Ma
Cascini ha lo sguardo di un uomo pulito che crede nel potere della giustizia:
" avevo fallito, avevo perso. ma erano passati già diciotto mesi e mi
stavo abituando ai fucili caricati a pallettoni, all'odore dei morti, alle
autopsie, al Vicks, a rincorrere la verità.Soprattutto, mi stavo abituando a
perdere".
[...] All'improvviso arrivò il caldo. La casa in cui vivevo
si trasformò. Il giardino era fiorito e dalle finestre aperte si sentiva il
rumore e il profumo del mare. la mattina presto, appena sveglio, indossavo
direttamente il costume e con dieci passi ero in acqua. Era magnifico sentire
la sabbia ancora umida sotto i piedi e trovare un mare incredibilmente bello,
deserto. Senza barche, senza persone....Ma dov'ero capitato? Non mi ero accorto
per tutto quel tempo della bellezza di quei posti. Il mare, la sabbia bianca ,
che mi aveva colpito il giorno del mio arrivo. Avevo fatto come gli altri,
avevo ignorato quello che di meraviglioso questa terra offre, ero stato
inghiottito dal buco costruito al centro di questi luoghi, da quel vortice
capace di stravolgere la bellezza, di trasformare la voglia di vivere in
paura.[...]
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