CORRIERE UNIVERSITA'
da archivio Corriere della Sera
Meglio una TESTA ben fatta che piena
Il filosofo Edgar Morin: "E'
necessario riunificare cultura scientifica e cultura umanistica" "I
saperi disgiunti servono solo a un utilizzo tecnico. Il pensiero deve
connettere fenomeni e conoscenze. Ma chi educhera' gli educatori?"
Meglio una TESTA ben fatta che piena Il filosofo Edgar Morin:
"E' necessario riunificare cultura scientifica e cultura umanistica"
"I saperi disgiunti servono solo a un utilizzo tecnico. Il pensiero deve
connettere fenomeni e conoscenze.
Ma chi educhera' gli educatori?" di
WALTER PASSERINI
Nel suo ultimo libro lo ripete piu' volte: "Meglio una
testa ben fatta che una testa ben piena". Ma che cosa significa? La frase
non e' mia, e' di Montaigne e indica la prima finalita' dell' insegnamento: una
testa ben piena e' una testa in cui il sapere e' accumulato, ammucchiato; una
testa ben fatta invece significa che anziche' accumulare e' meglio selezionare
e organizzare i saperi, in modo da collegarli e dare loro senso. Lei invita gli
studenti a diventare protagonisti della loro educazione... Si' , perche' troppo
spesso li si vede annoiati dall' insegnamento, oppressi o afflitti. Vorrei che
essi prendessero in mano la loro educazione. Con la curiosita' , che spesso
viene piu' dalla letteratura che da altre discipline. La letteratura e' scuola
di vita. Ricordo che io stesso, quando ero studente, mi annoiavo e leggevo
clandestinamente durante le lezioni i romanzi di Balzac. Alle parole educazione
istruzione, formazione, insegnamento, lei prefersice quella di insegnamento
educativo. Educazione e formazione sono parole fortemente connotate, che poco
hanno a che fare con l' autoformazione. Io preferisco insegnamento educativo
non come trasmissione del sapere, ma come cultura che permette di comprendere
la nostra condizione umana e di aiutarci a vivere. Come diceva Kleist: "Il
sapere non ci rende migliori ne' piu' felici". Pero' l' educazione puo'
aiutarci a diventare migliori e ci insegna a vivere la parte poetica delle nostre
vite. La sua critica alla scuola e all' Universita' e' forte: i saperi non
vanno divisi, frammentati disgiunti, ma collegati. La frammentazione dei saperi
e' avvenuta per la prevalenza del metodo scientifico, che suddivide per
analizzare e riprodurre. I saperi vengono cosi' , anche alla luce dell'
iperspecialismo, divisi in discipline proprio mentre i problemi sono complessi,
globali, multidimensionali. Ci hanno cosi' insegnato a disgiungere gli oggetti,
a separare le discipline, piuttosto che a collegare e a integrare i problemi.
Le conoscenze frammentate servono a un utilizzo tecnico. Non possiamo cadere
nella sindrome di Pico della Mirandola: siccome non possiamo conoscere tutto,
per accumulazione, rinunciamo alla conoscenza. Ma non e' cosi' . E' invece
necessario riorganizzare le conoscenze. La sfida delle sfide e' proprio questa:
rivoluzionare l' insegnamento per rivoluzionare il pensiero, le menti;
rivoluzionare il pensiero per rivoluzionare l' insegnamento. Lei e' ottimista
su questa rivoluzione? No, non sono ottimista. Pero' vedo che qualcosa si sta
muovendo. In alcuni settori del sapere. Nelle scienze umane, nella biologia.
Vedo qualcosa di piu' di segnali deboli, che tendono a ricongiungere, a
restituire un legame tra cultura umanistica e cultura scientifica. Certo, ci
sono delle resistenze da parte delle istituzioni. C' e' il potere dei
mandarini. Pero' vedo segnali forti in molti Paesi, che si basano sull' idea
dell' integrazione dei saperi per riformare l' insegnamento e il modo di
pensare. Che cosa e' l' intelligenza? E' un' attitudine generale alla
curiosita' , che troppo spesso la scuola tende a spegnere: piu' potente e' l'
intelligenza generale, piu' grande e' la capacita' di trattare problemi
speciali. E' un insieme di ars cogitandi (buon uso della logica), metis
(insieme di sagacia, intuizione, elasticita' mentale) serendipity (ricostruire
una storia da indizi e dettagli). Quindi l' obiettivo resta quello della
connessione delle due culture. Si' , i due "partiti", quello
scientifico e quello umanistico, sono sbagliati. E' necessario connettere,
integrare, contestualizzare, globalizzare. E' necessario unire gli antagonisti
nella molteplicita' . Che cosa pensa dell' uso dei simboli e delle metafore
nell' insegnamento? Le metafore sono piu' precise della matematica. Per capire
la qualita' di un buon vino non bastano le caratteristiche organolettiche, la
gradazione. In un bicchier di vino c' e' la storia, la cultura, simboli, oltre
alla fisica e alla chimica. Ma lei avverte davvero che sia in atto una ricomposizione
delle culture? Avverto anche i ritardi, ma e' una necessita' .
"Materie" come la cosmologia, la scienza della terra, l' ecologia, la
nuova storia, permettono di articolare e unire discipline sinora disgiunte. Il
nuovo spirito scientifico ci aiuta. E anche la cultura umanistica favorisce l'
attitudine ad aprirsi ai grandi problemi, a riflettere, a cogliere la
complessita' umana. E' questa l' essenza di cio' che io chiamo la comprensione.
In questo, quale dovrebbe essere la funzione della scuola e dell' Universita' ?
La scuola superiore dovra' occuparsi molto della formazione alla cittadinanza.
L' Universita' dovra' svolgere una funzione paradossale: conservare il
patrimonio culturale, adattarsi alla modernita' scientifica e integrarla,
fornire insegnanti per le nuove professioni, e fornire un insegnamento meta -
professionale, cioe' una cultura. E come vede gli insegnanti di oggi? Vedo una
minoranza decisa e adeguata; un' altra minoranza chiusa e immobilistica e una
maggioranza muta e sotto l' influenza della minoranza immobilista. E'
necessaria una rigenerazione dell' insegnamento e degli insegnanti. Ma cio'
sara' possibile, come diceva Platone, solo con la riscoperta della passione,
dell' eros, dell' amore per il sapere e per la propria professione. Gli
educatori dovranno educare se stessi. E' necessario creare un ambiente
culturale adatto a questa rivoluzione dell' autoeducazione. Bisognera' passare
dal piacere del sapere legato al potere al piacere del sapere legato al dono, a
cio' che puo' suscitare amore per il sapere nei giovani. Dove non c' e' amore
ci sono solo problemi di retribuzione, di carriera e di noia per l'
insegnamento.*
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