Tratto da "La mediazione nei processi di apprendimento"
Seija Mahlberg – Finlandia
Esperienze
relative all’applicazione del programma di arricchimento strumentale in
carcere.
Il numero dei carcerati in Finlandia ha iniziato a
crescere negli ultimi anni a causa della presenza di stranieri e a causa del
problema della tossicodipendenza.
L’autostima dei detenuti rilasciati, sia come persona
che apprende sia come essere umano, è spesso così limitata che essi non vedono
altre possibilità di sopravvivenza nella società che quella di commettere
ulteriori crimini.
La permanenza in carcere sembra rendere il carcerato
passivo cosicchè non è neppure più in grado di reintegrarsi nella società in
modo attivo.
Occorre che i detenuti vengano seguiti non appena
escono dalla condizione di tossicodipendente o di criminale nell’interesse sia
dei detenuti stessi sia della società, al fine di riabilitarsi e reinserirli
nel contesto sociale.
La motivazione
che essi hanno di evitare l’uso di stupefacenti insieme a quella di una
crescita personale fornisce le basi per
la riabilitazione e offre l’occasione per sviluppare modalità di pensiero più
efficaci e per gestire una vita sociale.
Alcuni dei fattori che mantengono in atto il
comportamento criminoso sono, fra gli altri,
i problemi relativi all’abuso di stupefacenti, la mancanza di attività
di problem solving, l’impulsività, il comportamento violento oppure la mancanza
di istruzione e di esperienza lavorativa.
In Finlandia alcune carceri usano il Programma di
formazione di Sviluppo delle Abilità Cognitive, che è stato elaborato i
Canada, mentre il PAS non era stato ancora usato nell’insegnamento ai detenuti
in Finlandia.
I risultati della ricerca sono incoraggianti e sono
oggetto di dibattito, sebbene
l’intervento sia stato molto breve, della durata di quaranta ore.
In futuro, sarebbe interessante ampliare la ricerca
aumentando il numero di persone coinvolte, la durata dell’intervento e
monitorando la vita dei detenuti dopo la loro uscita dal carcere.
Sarebbe molto interessante studiare se dopo un simile
intervento la vita dei detenuti è migliorata dal punto di vista qualitativo.
Ci sono diversi tipi di carcere in Finlandia: ci sono
le cosiddette prigioni aperte e prigioni chiuse.
Questo intervento è stato effettuato in uno dei
carceri chiusi di massima sicurezza. Ciò significa che questi detenuti sono
stati condannati per omicidio o per crimini legati allo spaccio di sostanze
stupefacenti.
Intervento
All’inizio dell’intervento ho esaminato i detenuti
tramite due diversi test :il test standard delle matrici di Progressive di
Raven che è stato svolto da dieci detenuti che partecipano all’esperimento, e
il Cast Test
Volevo comprendere:
1.
Il livello
cognitivo dei detenuti prima e dopo l’intervento
2.
Le opinioni dei
detenuti relative a loro stessi come persone che apprendono ed il loro
cambiamento prima e dopo la valutazione
3.
Se è possibile
cambiare la loro motivazione allo studio o il loro modo di considerare la loro
abilità di apprendimento e di sviluppo.
Dopo questa prima parte si è avviata l’applicazione del PAS per quaranta ore.
Ho utilizzato gli strumenti Organizzazione Punti,
Orientamento Spaziale e Confronti e alcune pagine di Illustrazioni.
Infine ho somministrato ai detenuti gli stessi Test al
fine di evidenziare eventuali cambiamenti.
I detenuti che hanno formato il gruppo di ricerca
erano uomini di un’età compresa tra 21 e 45 anni e provenivano da diverse parti
della Finlandia.
In un primo
momento abbiamo potuto notare che i detenuti erano molto impulsivi e non erano
in grado di lavorare più di dieci minuti.
Erano notevolmente iperattivi. Avevano avuto
esperienze di apprendimento e scolastiche estremamente negative e non credevano
che sarebbero stati in grado di imparare poiché a scuola era stato detto quanto
erano incapaci.
Alcuni detenuti mostravano di essere in grado di
commettere crimini che richiedevano tantissime abilità cognitive, ma comunque la
maggior parte di loro non credeva di essere in grado di imparare alcunchè.
Dall’altro lato invece, altri detenuti avevano idee
relative alla loro abilità molto poco realistiche. Credevano di essere molto
abili sebbene in realtà non lo fossero.
Il loro senso di competenza non teneva in
considerazione le norme sociali perché loro si sentivano competenti solo
nell’attività criminale.
E’ difficile lavorare in gruppo con i detenuti perché
di solito non rivelano nulla di se stessi.
Tuttavia, in alcune situazioni, tale attività è stata
oggetto di ammirazione, per cui è stato molto stimolante e molto interessante
mediarli.
Presentavano molte carenze in input. Ad esempio quasi
tutti i detenuti non sapevano lavorare in maniera sistematica. Alcuni avevano
problemi con la costanza, la conservazione e l’organizzazione spaziale…quasi
tutti non sentivano il bisogno di precisione e di accuratezza nella raccolta
dati.
Alcuni detenuti avevano serie difficoltà nella presa
in carico di due fonti di informazioni allo stesso tempo. Avevano inoltre
problemi nella trasposizione visiva…perdevano spesso di vista ciò che stavano
cercando.
Nella fase di elaborazione avevano difficoltà nella
identificazione del vero problema oppure non sapevano distinguere i dati
rilevanti da quelli irrilevanti per la definizione del problema stesso.
Avevano inoltre una visione episodica della realtà ,
per cui le cose accadevano senza una apparente spiegazione.
Molti di essi erano molto depressi e pensavano che non
fosse importante ciò che accadeva.
Ho lavorato di solito con detenuti zingari. Avevano
dei concetti verbali molto limitati perché parlavano la loro lingua insieme al
finlandese e allo svedese. Certamente molti
detenuti presentavano una mancanza di capacità di pianificazione oppure
mancavano loro strategie per formulare il pensiero ipotetico perché se loro
avessero avuto una buona abilità di pianificazione e una buona abilità nell’uso
del pensiero ipotetico, ovviamente non sarebbero andati in prigione.
A livello di output manifestavano molte modalità
comunicative egocentriche…molti i momenti di blocco perché molti volevano agire
in modo autonomo e non accettavano il confronto con gli altri.
I tossicodipendenti avevano molte difficoltà nella
trasposizione visiva perché l’uso di sostanze ha effetto negativo sulla
memoria.
La maggior parte di loro aveva problemi ad eliminare
il comportamento per prove ed errori.
Prima agivano e poi, dopo aver sbagliato, riflettevano
sull’errore, se riflettevano.
Molti di loro non erano abituati a ricevere alcun tipo
di mediazione. Volevano fare le cose come piaceva loro…così per prima cosa ho
dovuto guadagnarmi la loro fiducia…diversamente non avrei potuto mediarli.
Durante la fase iniziale i detenuti erano molto spesso
impulsivi, polemici, sospettosi, scettici, e persino aggressivi…
E’ molto importante spiegare loro perché è necessario
imparare l’autocontrollo e la regolazione del comportamento. Poiché erano
sempre sospettosi ho dovuto spiegare loro con attenzione quali fossero le mie
intenzioni nei loro confronti.
Ogni momento dovevo ricordarmi di mediare il senso di
competenza ed inoltre la consapevolezza
che l’essere umano è modificabile perché altrimenti l’intero intervento non
sarebbe stato di alcun beneficio.
Ho lavorato molto per mediare la ricerca, la
determinazione e la pianificazione dell’obiettivo e anche il comportamento
volto al conseguimento degli obiettivi perché le loro esperienze relative a
tali abilità erano legate principalmente al loro stile di vita criminale.
Allora è stato stimolante mediare il senso di sfida.
La maggior parte di loro rinunciava quando non riusciva a risolvere il
problema…molti di loro dicevano: ”Mi basta così. Non ho bisogno di sapere altro
su questo argomento”.
Alla luce dei risultati dei test in seguito
all’intervento è risultato possibile, con l’esperienza di apprendimento
mediato, influenzare il modo di pensare dei detenuti di considerarsi come persone che apprendono.
[…]
Anche nel caso in cui volessero continuare con la loro
vita criminale dopo essere stati rilasciati in libertà, è stato più facile con loro lavorare in
carcere, perché al termine dell’intervento erano in grado di accettare la
mediazione.
Continuare la vita senza atti criminali avrebbe un
effetto enorme anche sull’economia nazionale.
Noi comunque
pensiamo che ogni individuo possa divenire una persona migliore .
Dopo l’intervento è stato facile notare che
l’impulsività era diminuita di molto rispetto all’inizio. Lavoravamo per un’ora
e mezza ed erano pronti a svolgere ulteriori esercizi. Volevano avere alcune
pagine dello strumento di Organizzazione Punti in cella. Tre di loro hanno
deciso di cominciare a studiare e ora so che stanno proseguendo i loro studi
con successo. Hanno cominciato a lavorare con maggiore efficacia. Erano più
precisi e pianificavano come risolvere i problemi, anche se all’inizio insieme
non erano in grado di trovare la soluzione….
"Bisogna anche
offrire loro la possibilità di comprendere che sono in grado di imparare…"
Pensiamo che
negli ingranaggi del cervello, il movimento anche di una sola ruota metta in
azione l’intero sistema.
Ho trovato molto interessante l'esperieza condotta in Finlandia sui detenuti, mediante l'applicazione del Metodo Feurestein. Attivare un processo che ponga un individuo condannato per gravi reati, davanti alla possiblità di pianificare il proprio rapporto con sè stesso e con il contesto spersonalizzante come può essere quello delle carceri, penso sia un'opera di grande valenza psicologica, culturale ed umana al fine di limitare la reiterazione del reato, migliorare l'autostima e la valutazione della propria personalità.
RispondiEliminaMolto interessante l'esperienza dell'autrice dell'articolo. Recuperare un individuo alla vita sociale è sicuramente un'azione di grande valenza umanitaria...La mediazione di un' operatrice che applica il medoto Feurestein è fondamentale per quel processo cognitivo che consente di ristabilire certi canoni di autostima e di fiducia nella capacità di imparare ad apprendere.
RispondiEliminaDirigo l'unico CPIA che in Italia si occupa solo di apprendimento in carcere. Una docente si è appena iscritta al corso F. Direi un approccio molto interessante. Da approfindire.
RispondiEliminaMaria Vittoria