Il Vaso di Pandora
Si racconta
nelle antiche leggende che ci sono state tramandate, ora in forma orale, ora in forma scritta da persone così lontane da noi da essersene perso persino il
ricordo, di Prometeo, il più saggio tra i Titani, il cui nome significa
"colui che è capace di prevedere".
Piero di Cosimo, Prometeo (1515), olio su tavola, Alte Pinakothek, Monaco di Baviera (Germania) |
Nascita del
primo uomo: il mito
Prometeo era
figlio del Titano Giapeto e dell'oceanina Climene(1) e viveva con il fratello
Epimeteo il cui nome vuol dire "colui che comprende in ritardo".
Entrambi facevano pertanto parte della famiglia dei Titani che avevano osato
sfidare Zeus quando aveva combattuto contro Crono, suo padre, per impossessarsi
del trono. Prometeo però, a differenza dei fratelli, si era schierato con Zeus
e aveva partecipato alla lotta solo quando oramai volgeva al termine. Come
premio aveva ricevuto di poter accedere liberamente all’Olimpo anche se, nel
profondo del suo cuore, i sentimenti che Prometeo provava nei confronti di Zeus
non erano amichevoli a causa della sorte che questi aveva destinato ai suoi
fratelli .
Zeus, per la
stima che riponeva in Prometeo, gli diede l'incarico di forgiare l'uomo che
modellò dal fango e che animò con il fuoco divino.
A
quell'epoca, gli uomini erano ammessi alla presenza degli dei, con i quali
trascorrevano momenti conviviali di grande allegria e serenità. Durante una di
queste riunioni tenuta a Mekone, fu portato un enorme bue, del quale metà
doveva spettare a Zeus e metà agli uomini. Il signore degli dei affidò
l'incarico della spartizione a Prometeo che approfittò dell'occasione per
vendicarsi del re degli dei.
Sarcofago
romano III sec. d.C.
Nascita del
primo uonmo: >Prometeo che modella l'uomo
Prometeo
ruba il fuoco dipinto di Füger
Heinrich
Friedrich Füger, Prometeo ruba il fuoco (1817), olio su tela, Liechtenstein
Museum, Vienna (Austria)
Divise
infatti il grosso bue in due parti ma in una celò la tenera carne sotto uno
spesso strato di pelle e nell'altra, macinò insieme le ossa e il grasso che
ricoprì con un sottile strato di pelle tanto da far sembrare quest'ultima il
boccone più succulento. Zeus, poichè gli toccava la prima scelta, optò per la
parte all'apparenza più ricca. Subito dopo accortosi dell'inganno, più che mai
irato, privò gli uomini del fuoco, riportandolo nell'Olimpo. Prometeo,
considerata ingiusta la punizione, rapì qualche scintilla dall'Olimpo
nascondendola in un giunco e riportò così il fuoco agli uomini.
Prometeo
incatenato - Statua di Adam
Nicolas
Sébastien Adam (1705 -1778), Prometeo incatenato, marmo bianco, Museo del
Louvre, Parigi (Francia)
Zeus, accortosi
dell'inganno che Prometeo gli aveva perpetrato, decise una punizione ben più
grande di quella che aveva destinato ai suoi fratelli: ordinò a Ermes e a
Efesto d'inchiodare Prometeo a una rupe nel Caucaso(3), dove un'aquila durante
il giorno gli avrebbe roso il fegato con il suo becco aguzzo mentre durante la
notte si sarebbe rigenerato.
Ecco come
l'allegra Luciano racconta il meritato (a suo giudizio) supplizio di Prometeo
(Dialoghi):
E poi mi
stanno a dire che Prometeo
Non meritava
d'esser inchiodato
A quelle
rupi? Egli ci diede il fuoco,
Ma niente
altro di buono. Fece un male,
Per qual,
cred'io, tutti gli Dei l'abborrono:
Le femmine
formò! Numi beati,
Che brutta
razza! Ora, ammogliati; ammoglia.
Tutti i vizi
con lei t'entrano in casa.
LA NASCITA
DELLA PRIMA DONNA
Zeus, non
contento della punizione che aveva inflitto a Prometeo, decise di punire anche
la stirpe umana.
Dato che nel
mondo non esisteva ancora la donna Zeus diede incarico a Efesto di modellare
un’immagine umana servendosi di acqua e di argilla che non avesse nulla da
invidiare alla bellezze delle dee, per l'infelicità del genere umano. Efesto fu
tanto bravo nel modellarla che la donna che ne ebbe origine era superiore a
ogni elogio e a ogni possibile immaginazione. Tutti gli dei furono incaricati
da Zeus di riporre in lei dei doni: Atena le donò delle vesti morbide e leggere
a significare il candore, fiori per adornare il corpo e una corona d’oro mentre
Ermes pose nel suo cuore pensieri malvagi e sulle curve sinuose delle sue
labbra, frasi tanto seducenti quanto ingannevoli.
Narra Esiodo
(Le opere e i giorni)
"L’adornò
del cinto
E delle
vesti, le donar le Grazie
E Pito
veneranda aurei monili,
E de’ più
vaghi fior di primavera
L'Ore
chiamate, le intrecciar corone.
Ma l’uccisor
d’Argo, Mercurio, a lei,
Ché tal di
Giove era il voler, l’ingegno
Scaltri
d’astuzie e blande parolette
E fallaci
costumi …"
A questa
creatura fu dato nome Pandora (dal greco "pan doron" = "tutto
dono") perché ogni divinità dell'Olimpo le aveva fatto un regalo.
Mancava solo
il regalo di Zeus che fu superiore a tutti gli altri doni. Egli infatti, donò
alla fanciulla un vaso (il vaso di Pandora), con il divieto di aprirlo,
contenente tutti i mali che l’umanità ancora non conosceva: la vecchiaia, la
gelosia, la malattia, la pazzia, il vizio, la passione, il sospetto, la fame e
così via.
Quindi Zeus
affidò la fanciulla a Ermes perché la portasse in dono a Prometeo che però,
pensando a un inganno, rifiutò il dono. Allora Zeus ordinò a Ermes di portarla
a Epimeteo, fratello di Prometeo, che appena la vide si innamorò di lei e
l’accetto come sua sposa nonostante i moniti del fratello che gli aveva
raccomandato di non accettare alcun dono dagli dei.
Nascita della prima donna
Pandora,
Pandora,
Gibson,
National
Museums di Liverpool
Racconta
Esiodo (Le opere e i giorni)
"Aveva
Prometeo a lui
Fatto
divieto d’accettar mai dono
Venutogli da
Giove, ché funesto
Esser questo
potea; ma, del fratello
Obliando
Epimeteo i saggi avvisi.
Accettollo,
e del male, allor che il dono
Era già suo,
di subito s’accorse."
Dopo poco
che Pandora era sulla terra, presa dalla curiosità aprì il vaso. Da esso veloci
corsero come fulmini sulla terra tutti i castighi che Zeus vi aveva riposto: la
malattia, la morte, il dolore, e tanti altri, fino ad allora sconosciuti.
L’unico dono buono che Zeus aveva posto nel vaso rimase incastrato sotto il
coperchio che subito Pandora aveva chiuso: era l’Elpis, la speranza.
La leggenda
narra che dopo trent'anni Prometeo fu liberato dal supplizio da Eracle (Ercole)
che recatosi fino alla cima del Caucaso con una freccia uccise l'aquila
liberando così Prometeo al quale Zeus concesse di ritornare nell'Olimpo.
Racconta
Esiodo (Le opere e i giorni)
"Di
propria mano scoperchiato il vaso,
Che i mali
in sé chiudea, questi si sparsero
Tra i
mortali, e sol dentro vi rimase
All’estremo
dell’orlo la Speranza,
Perché la
donna, subito, il coperchio
Riposto, il
volo a lei contese. Tale
Era il cenno
di Giove. A stuolo a stuolo
Vagano
intanto i mali, e n’è ripiena
La terra e
il mare, e n’è ripiena
La terra e
il mare; assalgono le genti
Il di e la
notte insidiosi e taciti,
perché la
voce accortamente il Nume
Loro
preclude."
Sul fondo del vaso rimase solo la speranza
che non fece in tempo ad allontanarsi prima che il vaso venisse chiuso
di nuovo. Prima di questo momento l'umanità aveva vissuto libera da
mali, fatiche o preoccupazioni di sorta, e gli uomini erano, così come
gli dei, immortali. Dopo l'apertura del vaso il mondo divenne un luogo
desolato ed inospitale, simile ad un deserto, finché Pandora lo aprì
nuovamente per far uscire anche la speranza, l'ultima a morire, ed il
mondo riprese a vivere.
« così disse ed essi obbedirono a Zeus signore, figlio di Crono.
E subito l'inclito Ambidestro, per volere di Zeus, plasmò dalla terra
una figura simile a una vergine casta; Atena occhio di mare, le diede
un cinto e l'adornò; e le Grazie divine e Persuasione veneranda intorno
al suo corpo condussero aurei monili; le Ore dalla splendida chioma,
l'incoronarono con fiori di primavera; e Pallade Atena adattò alle
membra ornamenti di ogni genere. Infine il messaggero Argifonte le pose
nel cuore menzogne, scaltre lusinghe e indole astuta, per volere di Zeus
cupitonante; e voce le infuse l'araldo divino, e chiamò questa donna
Pandora, perché tutti gli abitanti dell'Olimpo l'avevano portata in
dono, sciagura agli uomini laboriosi. Poi, quando compì l'arduo inganno,
senza rimedio, il Padre mandò a Epimeteo l'inclito Argifonte portatore
del dono, veloce araldo degli dèi; né Epimeteo pensò alle parole che
Prometeo gli aveva rivolto: mai accettare un dono da Zeus Olimpio, ma
rimandarlo indietro, perché non divenga un male per i mortali. Lo
accolse e possedeva il male, prima di riconoscerlo. Prima infatti le
stirpi degli uomini abitavano la terra del tutto al riparo dal dolore,
lontano dalla dura fatica, lontano dalle crudeli malattie che recano
all'uomo la morte (rapidamente nel dolore gli uomini avvizziscono). Ma
la donna di sua mano sollevò il grande coperchio dell'orcio e tutto
disperse, procurando agli uomini sciagure luttuose. Sola lì rimase
Speranza nella casa infrangibile, dentro, al di sotto del bordo
dell'orcio, né se ne volò fuori; ché Pandora prima ricoprì la giara, per
volere dell'egioco Zeus, adunatore dei nembi. E altri mali, infiniti,
vanno errando fra gli uomini. » |
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(Esiodo, Le opere e i giorni) |
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