Cervello Plastico Unico e Differente
(Inviato da Guido Brunetti il 4 feb 2013 in Neuroscienze)
Il concetto fondamentale delle nuove neuroscienze è che nel
corso del tempo il cervello è sempre disposto a “riformarsi” e a “modificarsi”.
Il cervello, come la vita, non è una “cosa statica”, ma un divenire, un
processo di auto creazione noto con il termine di “autopoiesi”. L’idea dunque
di una intelligenza immutabile è “falsa” (Rose). La ricerca mostra che è
possibile accrescere la propria intelligenza (Dean, Morgenthaler). Negli
esperimenti con pulcini, ratti e topi, una nuova esperienza si traduce in un
aumento dell’attività neuronale (Kim, Baxter). Il cervello di oggi non è quello
di ieri e non sarà quello di domani.
Alla nascita, il bambino ha “quasi” tutti i cento miliardi di
neuroni (Rose). Ciò significa la nascita di circa 250000 neuroni ogni minuto di
ogni giorno dell’ intero periodo di gestazione.
Le connessioni neurali possono essere modificate in due modi:
dall’esperienza e dall’ evoluzione biologica (Aamodt, Wang). E’ un fenomeno che
influisce sulle nostre capacità di pensare, apprendere, ricordare e pianificare
strategie comportamentali. La deprivazione nell’ infanzia può, ad esempio,
interferire con lo sviluppo cerebrale. Ricerche al riguardo mostrano che i
bambini che hanno trascorso l’infanzia in un istituto presentano disturbi dello
sviluppo del cervello e problemi comportamentali che permangono anche in età
adulta. Tale processo è noto come fenomeno di “plasticità sinaptica” o
“neuronale”. Un fenomeno che comincia già nel grembo materno: il neonato
infatti appena viene al mondo, riconosce la voce della madre e quella di altre
persone e preferisce la musica ascoltata prima di nascere (Fifer). E’ stato
accertato poi che il quoziente d’intelligenza (QI) cresce o diminuisce a
seconda del tipo di stimolazione cui il cervello infantile viene sottoposto.
I neuroscienziati sostengono dunque che il cervello è un
sistema che si “auto-organizza” e ha
“un’impressionante plasticità” (Marcus), che ci accompagna durante tutta la
vita. Nel 1965, grazie alle scoperte di Altman e Das, cade pertanto il dogma
che il cervello fosse costituito da un numero fisso di neuroni e che non
potesse più esservi generazione di nuovi neuroni. E’ ormai certa la neuro
genesi nell’adulto.
E’ stato il grande neuroscienziato polacco Jerzy Konorski ad
utilizzare nel 1948 il termine “plasticità” per descrivere i cambiamenti
cerebrali, che sono dovuti alla forza di connessione tra neuroni espressa
dall’influenza dell’esperienza. In precedenza, Ramòn y Cajal aveva sostenuto
che la capacità dei neuroni di “maturare e il loro potere di creare nuove
connessioni possono spiegare l’apprendimento”. Nei primi anni Cinquanta del
secolo scorso inoltre numerosi studi avevano mostrato che “ripetute
somministrazioni di uno stimolo elettrico a una via nervosa riuscivano ad
alterare la trasmissione sinaptica in quella via” (LeDoux), generando in tal
modo una plasticità sinaptica (Kandel).
Di particolare importanza, sono state le prime ricerche di
Larrabee e Bronk ,1947; Lloyd, 1949; Bronk, 1952. Da parte sua, John Eccles ha
riscontrato cambiamenti nell’attivazione sinaptica, mentre Thompson e Spencer
nel 1966 hanno trovato una prova che le modificazioni sinaptiche potessero
spiegare l’ apprendimento. Essi hanno studiato l’ “abituazione” nel riflesso di
ritrazione di un arto nei gatti. "L’abituazione” è una forma di apprendimento in cui ripetute
presentazioni di uno stimolo inducono l’indebolimento di una risposta: si
sussulta, ad esempio, la prima volta che si percepisce un forte rumore, ma se
questo si ripete più volte, la reazione è minore.
Le emozioni poi svolgono un ruolo cruciale
nell’organizzazione dell’attività del cervello. Gli stimoli emotivi infatti
sono tra i più potenti attivatori dei sistemi cerebrali (LeDoux) e dell’
apprendimento. Più ampia dunque è la gamma di emozioni che un bambino
esperisce, maggiore sarà lo spettro
emotivo della mente che si sviluppa. Nel 1904, Richard Semon, scienziato
tedesco, coniò il termine “engramma” per riferirsi alla rappresentazione
neurale di una memoria.
Le ricerche sulla plasticità neurale, sull’apprendimento e la
memoria sono stati effettuate in molti invertebrati: api, cavallette, aragoste,
mosche e diversi molluschi. Gli studi di Kandel sul mollusco “Aplysia
californica” sono stati particolarmente approfonditi ed hanno rappresentato un
fattore determinante per il conferimento allo scienziato del Nobel per la
medicina nel 2000. Kandel ha dimostrato per la prima volta che i neuroni
“mutano” se stimolati. Ciò conferma la teoria che l’esperienza modifica il cervello. Il quale non è più
considerato, come abbiamo detto, un organo rigido, come si riteneva nel
passato, ma un organo plastico, capace cioè di modellarsi e rimodellarsi
continuamente in seguito alle nostre esperienze.
La parte del cervello che presenta una maggiore plasticità è
l’area anteriore del cervello proprio al di sopra degli occhi: sono i lobi
frontali. Lì risiede la coscienza.
Nel corso della nostra vita, l’esperienza ci “modella”
incessantemente. Essa è “scolpita” nella complessa struttura di connessioni tra
neuroni. L’apprendimento dunque “scolpisce” il cervello, creando sempre nuovi,
intricati disegni nelle connessioni neurali.
La continua trasformazione del cervello costituisce un
fattore fondamentale soprattutto nel processo evolutivo, nell’ educazione del bambino e nell’invecchiamento.
Le parole dell’insegnante, così come quelle che state leggendo in questa
pagina, inviano un impulso d’attività elettrica
nel cervello di chi ascolta o legge attraverso milioni di cellule
cerebrali. Queste parole lasciano una “traccia”
nella mente. Ecco una forma d’immortalità: tracce di noi stessi
“impresse fisicamente” nel cervello dei nostri figli! La tendenza quindi ad
abbandonare i bambini davanti alla televisione è una “cattiva abitudine”.
L’atteggiamento passivo di chi guarda la televisione non aiuta la formazione di
nuove connessioni neurali e pertanto impedisce lo sviluppo intellettivo
dell’essere umano.
L’attività fisica e mentale stimola la secrezione di
neurotrofine, sostanze che favoriscono lo sviluppo dei neuroni; migliora l’agilità psichica e la salute del
corpo nell’invecchiamento; e previene i
guasti del morbo di Parkinson e di Alzheimer. Comunicare dunque con gli altri
cambia “materialmente” il nostro cervello, fenomeno che avviene non solo
durante l’ infanzia, bensì lungo l’intera nostra esistenza. La conoscenza
(l’apprendimento) pertanto “scolpisce” il nostro cervello, creando sempre nuove
connessioni tra neuroni.
Esperimenti effettuati su musicisti hanno mostrato che la musica non solo espande specifiche
aree legate alle parti del corpo impiegate nel suonare uno strumento, ma induce
anche variazioni fisiche del cervello. Un altro straordinario effetto della
plasticità cerebrale è la possibilità di modificare i circuiti neurali con la
semplice attività mentale, senza cioè compiere alcun atto. Molti famosi
musicisti, ad esempio, sono soliti esercitarsi poco allo strumento e molto
mentalmente. Come hanno rivelato esperimenti di “brain imaging”, immaginare
mentalmente un movimento- training mentale- è come compiere fisicamente quel
movimento, poiché stimola i circuiti di neuroni, dove hanno sede le capacità
atletiche o fisiche, come è il caso di un atleta che ha una caviglia slogata o
del chirurgo per migliorare la tecnica operatrice o del musicista per eseguire
una partitura senza ricorrere all’ uso dello strumento.
Il principio “se non lo usi (il cervello), lo perdi” dunque è
vero, così come è vero anche l’altro principio: “ se lo usi, lo migliori”. I neuroni o le sinapsi
che non si connettono tra loro tramite l’apprendimento e la conoscenza,
spariscono, subiscono cioè un processo di potatura (apoptosi).
Ciò che conta tuttavia nello sviluppo mentale del bambino non
è “quanta” stimolazione gli viene offerta, ma “come” gli adulti “adattano” quel
che dicono o fanno alle parole e alle azioni del bambino. Buoni genitori e
buoni insegnanti possono compiere prodigi sul cervello del bambino.
I traumi e lo stress cambiano il cervello: ogni ora di ogni
giorno. Essi provocano un abbassamento delle difese immunitarie del corpo
contro le malattie e le infezioni. Persino, alterare l’espressione del proprio
volto può cambiare l’umore e stimolare particolari emozioni. Un volto triste o
aggressivo induce a pessimismo, insicurezza, inquietudine, tristezza. Un volto
sorridente o gentile migliora l’umore e crea stati d’animo positivi, benefici,
sereni. Si determina un contagio emotivo. Se, ad esempio, i ratti appena nati
vengono lisciati sul pelo del dorso, il loro cervello si sviluppa diversamente
da quello dei topolini che non ricevono lo stesso stimolo. Il bambino privato
delle carezze e dell’affetto mostra un cervello
“inadeguato” (Chugani).
Conclusioni
Non tutti i bambini nascono uguali. Il cervello di ognuno di
noi si sviluppa in maniera diversa. Il
cervello è “unico” e “differente” da
tutti gli altri. Non esistono due cervelli uguali. L’ apprendimento e i sistemi
educativi in famiglia e a scuola devono essere adeguati alle capacità, alle
disposizioni naturali e al grado di
conoscenza di ciascun bambino.
Concludiamo, dicendo che qualsiasi esperienza “scolpisce”
fisicamente le connessioni neurali e rimane “incisa” dentro il cervello. Tutto
ciò avviene a 8 giorni dalla nascita oppure
a 80 anni. Fino all’ultimo, il cervello è “affamato” di nutrimento
offerto dall’ ambiente e dall’esperienza.
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