Ci sentiamo superiori, ma non è così:
un "bug" nel cervello ce lo fa credere.
Uno studio dell'Istituto giapponese di Scienze Radiologiche
illustra come un inganno cognitivo agisca sull'autopercezione della persona:
facendoci sentire meglio di come siamo. I depressi non ne sarebbero affetti. E
la scoperta potrebbe portare a nuove soluzioni per la cura del disturbo.
Ci sentiamo superiori, ma non è così: un "bug" nel
cervello ce lo fa credere.
CREDI di essere più bravo degli altri a guidare, o di
cucinare con risultati sopra la media, o di essere un asso del multitasking, gestendo
mille attività al computer. Ma è pura illusione: una sensazione di superiorità
data un "baco" che colpisce la maggioranza delle persone scovato nel
cervello grazie ad una ricerca pubblicata sulla rivista Pnas e condotta da
Makiko Yamada del Molecular Imaging Center, presso l'Istituto Nazionale
giapponese di Scienze Radiologiche.
Depressi ma non illusi. La scoperta può avere applicazioni
nella cura della depressione. In un certo senso i depressi risultano meno
"illusi" sul proprio conto. Questo perché la maggior parte delle
persone valuta se stessa superiore alla media, un autoinganno cognitivo
chiamato, appunto, illusione di superiorità. I ricercatori nipponici ne hanno
scoperto l'origine: l'illusione è determinata dall'interazione tra due regioni
del cervello, lo striato e la corteccia frontale e regolata dal cosiddetto
neurotrasmettitore del piacere, la dopamina. "Il grado individuale di
illusione di superiorità" spiega Yamada, "è misurabile con un test
cognitivo. Dopo aver fatto questo su un campione di 26 individui i ricercatori
ne hanno osservato il cervello con la risonanza e visto che tale illusione è
creata da un certo pattern di attività in aree neurali chiave per provare
soddisfazione e piacere. Nonchè per il controllo dei comportamenti.
Realismo depressivo. Ma c'è di più: i ricercatori hanno
scoperto che individui anche moderatamente depressi non cadono nell'illusione
di superiorità, aspetto che conferma il cosiddetto realismo depressivo. Ovvero,
che i depressi sono più realisti delle persone sane. "I depressi hanno una
visione più realista di se stessi", precisa Yamada, "E quando sono
depressi gravi, hanno una visione pessimista. La nostra scoperta quindi, indica
che alla base del realismo depressivo possa esserci proprio l'incapacità di illudersi
di essere sopra la media". Spiega ancora lo scienziato, aprendo la porta a
possibili evoluzioni pratiche della scoperta: "Questi meccanismi neurali
da noi scoperti potrebbero divenire il bersaglio di nuove terapie
antidepressive".
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