venerdì 9 novembre 2012

Tratto da "Il libro dell'inquetudine", Pessoa

[...]
Sento suonare i rintocchi della campana o dell'orologio grande; devono essere le otto, ma io non li conto. Mi fa risvegliare da me stesso la banalità che esistano le ore, clausura che la vita sociale impone alla continuità del tempo, frontiera nell'astratto, limite nello sconosciuto. Mi risveglio da me stesso, vedo che tutto è già pieno di vita e della abituale umanità, e mi accorgo che la nebbia (che ormai ha sgombrato il cielo, eccetto qualche brandello non azzurro nell'azzurro) mi ha davvero intriso l'anima e contemporaneamente ha intriso il lato segreto di tutto ciò che esiste, quel lato attraverso la quale le cose comunicano con la mia anima. Smarrisco l'immagine che vedevo. Sono diventato un cieco che vede. Il mio modo di sentire ormai appartiene alla banalità. Tutto questo non è più la Realtà: è semplicemente la vita.
[...] Dove saranno i vivi?

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