Il libro dell’inquietudine di Bernardo Soares – Fernando
Pessoa
"...dare ad ogni emozione una personalità, ad ogni stato
d'animo un'anima.."
Nasce e muore a Lisbona Fernando Pessoa, riconosciuto come
uno degli scrittori più importanti della letteratura del Novecento.
http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=1777&biografia=Fernando+Pessoa
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Una vita di tutti i giorni annoiata dal fatto stesso di
doverla vivere, un’inquietudine continua che nasce ogni volta da qualcosa di
diverso..
E’ quello che si percepisce leggendo questo romanzo, in
realtà autobiografia, che Pessoa scrive attraverso i pensieri e le annotazioni
che il personaggio da lui creato, Bernardo Soares, tiene nel suo diario.
[…] All’improvviso oggi ho dentro una sensazione assurda e
giusta. Ho capito, con una illuminazione segreta, di non essere nessuno.
Nessuno, assolutamente nessuno. Nel balenìo del lampo quella che avevo creduto
essere una città era una radura deserta; e la luce sinistra che mi ha mostrato
me stesso non ha rivelato nessun cielo sopra di essa. Sono stato derubato dal
poter esistere prima che esistesse il mondo. Se sono stato costretto a
reincarnarmi, mi sono reincarnato senza di me, senza esseremi reincarnato.
Io sono la
periferia di una città inesistente, la chiosa prolissa di un libro non scritto.
Non sono nessuno, nessuno. Non so sentire, non so pensare, non so volere. Sono
una figura di un romanzo ancora da scrivere, che passa aerea e sfaldata senza
aver avuto realtà, fra i sogni di chi non ha saputo completarmi.
Penso in
continuazione, sento in continuazione; ma il mio pensiero è privo di
raziocinio, la mia emozione è priva di emozione! Da una botola situata lassù,
sto precipitando per lo spazio infinito, in una caduta senza direzione,
infinitupla e vuota. La mia anima è un maèlstrom nero, una vasta vertigine
intorno al vuoto, un movimento di un oceano senza confini intorno ad un buco
nel nulla, e nelle acque, che più che acque sono turbini, galleggiano le
immagini di ciò che ho visto e sentito nel mondo: vorticano case, volti, libri,
casse, echi di musiche e spezzoni di voci in un turbine sinistro e senza fondo.
E io, proprio io,
sono il centro che esiste sotlanto per una geometria dell’abisso; sono il nulla
intorno a cui questo movimento gira, come fine a se stesso, con quel centro che
esiste solo perché ogni cerchio deve possedere un centro. Io, proprio io, sono
il pozzo senza pareti, il centro del tutto con il nulla intorno.
(…)
Poter saper
pensare! Poter saper sentire!
(…)
La mia anima è una misteriosa orchestra; non so quali
strumenti suoni e strida dentro di me: corde e arpe, timballi e tamburi. Mi
conosco come una sinfonia.
[... ]Con voce
dolcissima cantava una canzone di un paese lontano. La musica rendeva familiari
le parole incomprensibili. Sembrava un fado per l’anima ma non gli assomigliava
affatto.
La canzone diceva,
attraverso le parole velate e la malinconia umana, cose che sono dentro
ciascuno di noi e che nessuno conosce. L’uomo cantava immerso in una specie di
torpore, ignorando con lo sguardo gli ascoltatori, in una piccola estasi da
trivio.
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