Il trauma superato si sposta
in un’altra parte del cervello
Studiosi
“registrano” per la prima volta l’azione della psicoterapia sui terremotati di
San Giuliano
Un
trauma, se superato cambia, posto nel cervello. Lo hanno scoperto ricercatori
italiani che sono riusciti a fotografare, osservando le attività cerebrali, un
trauma ancora attivo. Ma hanno anche potuto fotografare quello superato, la cui
elaborazione avviene in una diversa area cerebrale grazie al trattamento di
psicoterapia chiamato Emdr (Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i
movimenti oculari).
A
realizzare lo studio, basato sul trattamento del trauma a San Giuliano di
Puglia nel Molise a 10 anni dal terremoto, l’Associazione Emdr Italia, il Cnr e
l’università di Tor Vergata che l’hanno illustrato a Roma.
«Dopo
un trauma come un lutto, una violenza, una catastrofe naturale, ma anche la
perdita del lavoro, la memoria dell’evento resta “congelata” nelle reti del
cervello in modo non funzionale, l’informazione non può essere elaborata e
continua a provocare patologie come il disturbo post traumatico da stress
(Ptsd) e altri disturbi psicologici», spiega Isabel Fernandez, presidente di
Emdr Italia.
«Noi
abbiamo avuto la possibilità di misurare 10 anni dopo i sintomi cronici dello
stress traumatico sui sopravvissuti al terremoto di San Giuliano, persone mai
curate che avevano ancora dei disagi significativi: attacchi di panico,
dissociazione, continui malesseri generali. Abbiamo avuto la possibilità di
misurarlo non soltanto in termini di diagnosi, ma anche di farlo prima e dopo
il trattamento e questo è stato importantissimo e un’occasione unica in campo
clinico».
«I
movimenti oculari dell’Emdr, simili a quelli del sonno Rem e quindi del tutto
naturali, riattivano la capacità di “autoguarigione” del cervello che trova le
risorse per metabolizzare l’evento traumatico. Dopo il lavoro i pazienti
ricordano il fatto ma sentono che fa ormai parte del passato», aggiunge
Fernandez.
L’aspetto
particolare della ricerca è stato studiare quello che accade durante una
psicoterapia attraverso il monitoraggio elettroencefalografico (Eec) prima,
durante e dopo una seduta di Emdr. In particolare, sono stati analizzati i
segnali elettrici durante la fase “chiave” dell’Emdr, ovvero quella della
stimolazione bilaterale (Bilateral Stimulation, Bs) con movimenti oculari, allo
scopo di verificare l’affidabilità dei risultati e soprattutto studiare le
differenze funzionali tra tipologie di traumi diversi e tra soggetti con traumi
psicologici risalenti a periodi diversi.
Altri
importanti risultati di questa ricerca sono stati l’evidenziare sia l’efficacia
dell’Emdr sia come la remissione dei sintomi e la risoluzione clinica vengano
confermati dai cambiamenti dal punto di vista neurobiologico.
Alla
ricerca, spiega Marco Pagani dell’Istituto di scienze e tecnologie della
cognizione del Cnr, «hanno partecipato 60 persone: 20 vittime del crollo della
scuola di San Giuliano (7 ragazzi e 13 tra genitori e parenti dei ragazzi), le
cui attivazioni cerebrali durante la rivisitazione dell’evento traumatico sono
state confrontate con quelle di 20 persone con traumi vari (abusi, incidenti,
eccetera), trattati a Roma, e con quelle di 20 volontari sani privi di sintomi,
che hanno focalizzato la terapia sull’evento traumatico di maggior rilievo
nella propria vita, fungendo da gruppo di controllo».
«Al
termine della terapia Emdr - spiega Giorgio Di Lorenzo del Dipartimento di
medicina dei sistemi dell’università di Roma Tor Vergata - è stato osservato un
significativo spostamento delle attività elettriche dalle aree cerebrali visive
(prevalenti durante la prima seduta Emdr) alle regioni cerebrali frontali e
temporo-parietali (prevalenti durante l’ultima seduta Emdr). Questi risultati
suggeriscono che l’elaborazione degli eventi traumatici si muove da aree che
“sviluppano” le immagini patologiche del trauma a regioni del cervello con un
ruolo di tipo cognitivo e associativo, le cui attività permettono di regolare i
ricordi dell’evento traumatico e di eliminare e controllare le emozioni
negative a esso legato. Il diminuito malessere psicologico e la riduzione dei
sintomi post-traumatici sono stati inoltre correlati all’aumento della
connettività funzionale tra le regioni limbiche e quelle di integrazione
multisensoriale».
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