« […] non mi è dato di amare senza nessun altro fine se non
l’amore stesso,
senza bisogno di giustificare il mio comportamento,
senza bisogno di promettere nulla.»
senza bisogno di giustificare il mio comportamento,
senza bisogno di promettere nulla.»
"Io cerco la persona che sia capace di amare l'altro
senza per questo punirlo, senza renderlo prigioniero o dissuaderlo; cerco
questa persona DEL FUTURO che sappia realizzare un amore indipendente dai
vantaggi o svantaggi sociali, affinché l'amore sia sempre fine a se stesso e
non solo il mezzo in vista di uno scopo."
Carl Gustav Jung a Sabina Spielrein
UNA STRAORDINARIA CONFESSIONE - Lettera di S. Spielrein a
S. Freud
La prima lettera che Sabina Spielrein scrive a Freud è datata
30 maggio 1909. Con essa la giovane chiede un appuntamento in maniera molto
formale:
“Egregio Signor Professore,
Le sarei molto grata se potesse accordarmi un colloquio! Si
tratta di una cosa di estrema importanza per me e probabilmente di interesse
anche per lei. Se è possibile. La pregherei di volermi cortesemente indicare
con un po’ di anticipo l’ora che Le fa più comodo, perché sono assistente
presso la clinica di Zurigo e dovrei farmi sostituire durante la mia assenza.
(…)”
Sabina si rivolge a Freud con dignità e compostezza,
mostrando grande equilibrio; d’altra parte, se non fosse perfettamente guarita,
non potrebbe svolgere il lavoro di assistente presso la clinica di Zurigo.
Freud intuisce che la richiesta del colloquio è collegata
alle vicende di Jung, quindi gira la lettera di Sabina all’amico e collega
allegando un biglietto in cui scrive:
“Che roba è questa? Millanteria, smania di pettegolezzo o
paranoia? La prego di farmi sapere(…)”
Jung risponde immediatamente, rivelando a Freud il nome della
Spielrein e spiegando con tono professionale:
“E’ stato il mio caso psicoanalitico ‘da manuale’ per così
dire, ragion per cui ho conservato per lei una particolare gratitudine e
affezione (…). Penso che voglia abusare di Lei coinvolgendoLa in un tentativo
di mediazione (…).”
In data 8 giugno 1909, Freud risponde alla ragazza con una
lettera molto diplomatica, consigliandole di reprimere e custodire i sentimenti
nel proprio animo, senza il coinvolgimento di terze persone; quindi scrive a
Jung per rassicurarlo.
E’ evidente la complicità tra i due analisti nel tentativo di
mantenere sotto controllo la faccenda. Scrive a proposito Carotenuto:
“Dopo aver evocato i demoni, mi sembra che essi (Freud e
Jung) siano solidali nel ricacciarli”.
Tra il 10 e il 20 giugno del 1909 Sabina scrive a Freud una
lunga lettera, una sofferta confessione in cui, contrariamente a ciò che ci si
potrebbe aspettare (e che i due uomini temevano), non muove alcuna accusa
contro Jung, anzi, lo difende nobilmente, cercando di comprenderne anche gli
atteggiamenti più sconcertanti. E’ una lettera straordinaria, in cui la donna
mostra senz’ombra di dubbio quanto il suo amore sia disinteressato, puro,
incrollabile persino di fronte all’evidenza dei fatti.
Di questa lettera riporto alcuni passi significativi:
“(…) crede che io mi rivolga a Lei perché metta pace tra me e
il Dr. Jung? Ma noi non avevamo litigato! Il mio desiderio più grande è di
separarmi da lui con amore. Mi sono abbastanza analizzata, mi conosco a
sufficienza e so che l’amore platonico a distanza sarebbe per me la cosa
migliore. Reprimere il sentimento non va bene per me, perché se lo faccio nei
confronti del Dr. Jung non potrò più amare nessuno; (…) vorrei separarmi
totalmente dal Dr. Jung e andare da sola per la mia strada; ma questo posso
farlo solo se sono tanto libera da poterlo amare; se gli perdono tutto o lo
uccido. (…) Professore, io sono tanto lontana dal voler accusare il Dr. Jung
davanti a Lei! E’ vero il contrario: sarei felice se qualcuno potesse provare
che è degno del mio amore, che non è un mascalzone. (…) Allora: non vengo a
lagnarmi di un amato infedele(…)”
In questa lettera a Freud, Sabina ricostruisce la sua storia,
sino al triste epilogo della lettera anonima:
“(…) Ma mia madre ricevette una lettera anonima, scritta in
ottimo tedesco, nella quale si diceva di salvare sua figlia che avrebbe potuto
essere rovinata dal Dr. Jung. (…) La lettera non poteva essere scritta da uno
dei miei amici dato che non ne avevo parlato con nessuno e abitavo sempre molto
lontano da tutti gli studenti. Il sospetto si indirizzò verso sua moglie (?).
In breve, mia madre gli scrisse una lettera commovente sottolineando che egli
aveva salvato sua figlia e certamente ora non voleva rovinarla, scongiurandolo
di non oltrepassare i limiti dell’amicizia. (…)”
La stessa Sabina non è certa che la lettera anonima sia stata
scritta dalla moglie di Jung, né abbiamo elementi per crederlo. Mi sono
precedentemente soffermata su questo aspetto perché mi premeva fare un po’ di
luce sulla moglie di Jung (vedi post Emma Rauschenbach) e, in un certo senso,
riscattarla dalla falsa immagine che molti autori ci hanno dato di lei.
Sapere chi abbia realmente scritto quella lettera è cosa di
poco conto rispetto ad un’altra questione: era Emma una donna da far ricorso al
vile espediente di una lettera anonima per indurre il marito a troncare la
relazione con Sabina?
Secondo me no; Emma poteva di più, se avesse voluto. Poteva
semplicemente chiedere al marito di troncare la relazione, oppure poteva
affrontare Sabina.
Niente di ciò. Jung non aveva mai fatto mistero della sua
“natura poligama”, amava essere circondato da donne, essere venerato e servito.
Questo aspetto narcisistico ed egocentrico si rafforzerà con il passare degli
anni, ma già all’epoca della relazione con Sabina, Jung si sentiva spinto in
tal senso. Al punto da chiederle di diventare “amica” della moglie.
Questa “strategia” Jung l’attuerà successivamente con altre
donne; in particolar modo con Toni Wolff. Successivamente alla storia con
Sabina, le “amanti” di Jung sono diventate amiche di famiglia, libere di
frequentare la casa, valide collaboratrici di studio e di ricerca non solo sue,
ma anche di Emma.
Questo aspetto della vita di coppia degli Jung non è
minimamente sfiorato dal prof. Carotenuto ed è affrontato con reticenza da
Vincent Brome.
Io credo che Jung, più ancora di Freud, abbia aperto un varco
sugli aspetti più inaccessibili
dell’animo umano. Che egli, a modo suo, al prezzo di terribili sofferenze, si
sia addentrato nel profondo, oltrepassando le colonne d’Ercole. Ma coloro che più gli erano vicini e che
meglio sapevano, hanno temuto che certe verità potessero adombrare la sua
grandezza. Perciò su alcuni aspetti “scomodi” della vita di Jung è stato fatto
calare un velo, su altri è stata operata una banalizzazione. Ma non tutto il
sipario è calato.
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