Alessitimia
Dizionario di Medicina (2010)
Disturbo che compromette la consapevolezza e la
capacità descrittiva degli stati emotivi esperiti, rendendo sterile e incolore
lo stile comunicativo. I pazienti alessitimici, oltre alle difficoltà nel
riconoscere, nominare e descrivere i propri stati emotivi, presentano stati
emotivi attenuati o completa incapacità di provare emozioni. Nella mente degli individui
alessitimici le emozioni si confondono con le sensazioni corporee percepite. Se
interrogati riguardo a manifestazioni quali il pianto o il riso, tali individui
non riescono a ricondurle a un’esperienza emotiva riconoscibile che comprenda e
giustifichi le modificazioni somatiche presentate e le sensazioni somatiche
riferite. Inoltre, essi esibiscono un impoverimento del pensiero simbolico e
una notevole difficoltà nell’identificazione delle emozioni altrui.
Classificazione delle forme di alessitimia. L’alta incidenza
dell’a. nei pazienti psicosomatici ha fatto ritenere per lungo tempo che tale
disturbo fosse un fattore predisponente allo sviluppo delle malattie
psicosomatiche classiche. Attualmente è noto che l’a. è uno dei fattori di
rischio aspecifici per numerosi disturbi fisici (coronaropatie, ipertensione,
disturbi gastrointestinali) e psicologici (anoressia e bulimia nervosa,
depressione, disturbi d’ansia). Dal momento in cui è stato proposto, il
concetto di a. ha subito molteplici critiche e rivisitazioni, dividendo gli
studiosi del settore in due principali filoni di pensiero. Secondo una prima
teoria, l’a. è dovuta a un deficit cognitivo che colpisce la capacità di
elaborazione conscia delle esperienze emotive. Secondo un’altra teoria, la causa
dell’a. va piuttosto ricercata in una carente abilità di base nel provare
emozioni in generale. L’esistenza di due forme del disturbo è stata di recente
confermata da studi neurobiologici che hanno distinto due tipi (tipo I e tipo
II), analoghi a quelli fino a ora ipotizzati sulla base delle sole osservazioni
cliniche. L’a. di tipo I è caratterizzata dall’assenza stessa di esperienza
emotiva; l’a. di tipo II consiste invece in un deficit selettivo
dell’espressione e della valutazione cognitiva delle emozioni, a dispetto
dell’integrità dell’esperienza emotiva che risulta inalterata. Il deficit di
elaborazione cognitiva delle emozioni può essere conseguente a eventi
traumatici oppure derivare dallo sviluppo inadeguato delle funzioni di
mentalizzazione (la capacità di rappresentazione dello stato mentale proprio e
altrui). Essere alessitimico non comporta quindi la completa assenza di
emozioni o l’incapacità di descrivere i propri stati emotivi, quanto piuttosto
una carenza nella componente interpretativa e valutativa degli affetti. Gli
individui alessitimici mostrano una normale attivazione fisiologica in presenza
di emozioni, ma hanno ridotte possibilità di organizzare gli elementi che
caratterizzano la loro esperienza corporea in una rappresentazione mentale
complessa e organica.
Correlati neurali dell’alessitimia. Fin dagli inizi della
descrizione dell’a., le neuroscienze hanno mostrato grande interesse
nell’individuazione dei correlati neurali alla base dei deficit di elaborazione
delle emozioni (➔). L’emisfero destro è maggiormente coinvolto nell’elaborazione
del comportamento emotivo rispetto al sinistro, più dedicato al processamento
delle informazioni verbali. Conseguentemente, si possono ipotizzare due
possibili scenari alla base della condizione di a.: l’a. provocata da
interruzione della comunicazione interemisferica tramite corpo calloso e l’a.
come risultato di un cattivo funzionamento dell’emisfero cerebrale destro.
Secondo Michael Gazzaniga e Joseph LeDoux le componenti cognitive degli stimoli
presentati all’emisfero destro raggiungono l’emisfero sinistro della
consapevolezza direttamente tramite il corpo calloso, mentre il connotato
emotivo degli stessi stimoli è immediatamente proiettato al sistema limbico (➔) e raggiunge l’emisfero sinistro tramite la commissura anteriore. Un blocco delle
funzioni del corpo calloso provocherebbe quindi l’a. di tipo II, caratterizzata
dal fatto che chi ne è affetto continua ad avere esperienza delle emozioni,
senza però riuscire a valutarle cognitivamente. L’ipotesi è confermata da studi
su pazienti con sezione del corpo calloso: quando si presentano stimoli
connotati emotivamente all’emisfero destro di tali pazienti, essi sono incapaci
di verbalizzare il loro vissuto emotivo, mentre mostrano una normale attivazione
emotiva corporea, come dimostrato dalle reazioni non verbali. La compromissione
nella percezione delle emozioni appare più frequente in pazienti con
danneggiamento all’emisfero destro. Molti studi mostrano che individui con alti
livelli di a. (misurati tramite l’uso di questionari standardizzati) hanno una
ridotta capacità nel riconoscimento di espressioni facciali emotivamente
connotate, rispetto a soggetti con bassi livelli di alessitimia. Poiché
l’abilità di riconoscere espressioni emotive è prevalentemente collegata al
corretto funzionamento dell’emisfero destro, è stata ipotizzata la disfunzione
di tale emisfero nell’a. con assenza di esperienza emotiva. A conferma di ciò,
soggetti con lesioni corticali che coinvolgono l’emisfero destro mostrano uno
stato mentale definito di indifferenza e torpore emotivo. Tuttora non esistono
dati certi sulla possibilità di trattamento dei pazienti alessitimici. Le
esperienze cliniche finora raccolte sottolineano che, indipendentemente dal
tipo di sintomatologia presentata, la maggiore difficoltà di intervento dipende
dalle scarsa capacità di elaborazione cognitiva e di mentalizzazione: ciò rende
il sistema cognitivo di tali pazienti difficilmente permeabile al cambiamento.
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