Università Milano
Bicocca: Emozioni, parlarne aumenta l’empatia e le capacità cognitive dei
bambini
Secondo uno studio dell’Università di Milano-Bicocca,
condotto in collaborazione con l’Università di Manitoba del Canada, i bambini
che vengono sollecitati a parlare di emozioni sono più empatici e migliorano
alcune abilità cognitive. I ricercatori hanno analizzato cinque emozioni:
colpa, rabbia, paura, felicità e tristezza. La ricerca è stata pubblicata sulla
rivista Journal of Experimental Child Psychology
Rabbia, paura, colpa, felicità e tristezza. Se i bambini ne
parlano, in piccoli gruppi e sotto la guida di un adulto, riescono a essere più
empatici e migliorano le loro capacità cognitive. È il risultato di uno studio
(Veronica Ornaghi, Jens Brockmeier, Ilaria Grazzani Enhancing social cognition by
training children in emotion understanding: A primary school study
DOI:10.1016/j.jecp.2013.10.005) condotto dai ricercatori del Dipartimento di
Scienze Umane per la Formazione dell’Università di Milano-Bicocca e pubblicato
sul “Journal of Experimental Child Psychology”, nell’ambito del progetto PRIN
del 2008 Star bene a scuola: il ruolo della teoria della mente nel favorire lo
sviluppo socio-motivo e cognitivo nella scuola primaria.
Sulla scia dei risultati conseguiti in due precedenti studi,
condotti dallo stesso team con bambini tra i 3 e i 5 anni, la ricerca, svolta
in collaborazione con l’Università di Manitoba del Canada, ha coinvolto 110
bambini delle scuole elementari dell’hinterland milanese. I bambini,
distribuiti in un gruppo sperimentale e in uno di controllo, avevano tra i 7 e
gli 8 anni. Quattro le fasi dello studio: pre-test, training, post-test e
follow-up. Nella fase di pre-test sono state proposte ai bambini prove
individuali di “comprensione delle emozioni”, di “empatia” e di ”teoria della
mente” (prova cognitiva), per valutare il livello di partenza. Poi si è passati
alla fase di training che è durata circa due mesi. Durante questo periodo, i
bambini del gruppo sperimentale, dopo aver ascoltato delle storie a contenuto
emotivo, venivano coinvolti nelle conversazioni sulla comprensione della
natura, delle cause e della regolazione delle emozioni. Per promuovere la
partecipazione attiva di tutti i bambini, il gruppo è stato a sua volta
suddiviso in piccole classi di circa sei bambini. Le attività si sono
concentrate su cinque emozioni, di cui quattro di base (felicità, rabbia, paura
e tristezza) e una complessa (senso di colpa). Ciascuna di queste emozioni è
stata oggetto di conversazione per tre incontri: il primo focalizzato sulla comprensione
dell’espressione, il secondo sulla comprensione delle cause e il terzo sulla
comprensione delle strategie di regolazione dell’emozione target. Ogni incontro
è stato strutturato in quattro momenti: introduzione al tema da parte
dell’adulto, un racconto di vita quotidiana, avvio della conversazione, e
riflessione finale da parte dell’adulto (leggi la scheda col dettaglio
dell’esperimento).
I bambini del gruppo di controllo, invece, ascoltavano le
storie e in seguito facevano un disegno, non partecipando dunque alla
conversazione. Nella fase post-test, ai bambini sono state nuovamente proposte
le prove; infine, dopo due mesi, a tutti i partecipanti è stata riproposta la
prova di comprensione delle emozioni per verificare la persistenza degli
effetti prodotti dall’intervento.
E’ emerso che il gruppo dei bambini sottoposti all’intervento
migliora significativamente, rispetto al gruppo di controllo, in vari aspetti
della comprensione delle emozioni, nella dimensione cognitiva dell’empatia, e
nella prova cognitiva di teoria della mente.
La spiegazione dei risultati sta nell’uso della conversazione
in piccolo gruppo, che ha favorito il decentramento cognitivo, l’assunzione del
punto di vista dell’altro, la consapevolezza delle differenze individuali e il
collegamento – da parte dei bambini - tra mondo interno non visibile e azioni
manifeste.
«La novità dello studio – spiega Ilaria Grazzani,
coordinatrice della ricerca e docente di Psicologia dello sviluppo e psicologia
dell'educazione - consiste proprio nell’avere scoperto che l’intervento sulle
emozioni produce miglioramenti anche nella capacità cognitiva di “teoria della
mente”, ovvero nella capacità che consente di prevedere i comportamenti degli
altri sulla base dell’inferenza dei loro stati mentali (“se ha fatto questo,
forse è perché desiderava qualcosa; “se ha agito in un certo modo doveva essere
arrabbiato”)».
«All’interno della scuola primaria tradizionalmente deputata
all’insegnamento dei saperi curriculari– aggiunge Veronica Ornaghi, assegnista
di ricerca –, è possibile realizzare interventi che, oltre a potenziare le
abilità socio-emotive, come la comprensione delle cause delle emozioni,
l’empatia e l’aiuto nei confronti dell’altro, producono anche miglioramenti su
capacità di tipo cognitivo, per esempio, rappresentarsi la mente dell’altro e
prevederne i comportamenti, un’abilità indispensabile nella vita sociale».
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