Franco Battiato: La musica che fa
ballare gli alberi
di Francesco Mazzarini
Seduto sotto un albero a
meditare, mi vedevo immobile danzare come il tempo, come un filo d’erba che
s’inchina alla brezza di maggio o alle sue intemperie
Inizia così Haiku, splendido
brano che riguarda la meditazione.
Chi è l’autore? Naturalmente
Franco Battiato, che definire cantautore risulta assai riduttivo. Pittore,
regista, filosofo, mistico… Battiato è Battiato, senza possibilità di
incasellamento.
Ma passiamo subito alla
meditazione.
“Medito tutti i giorni, all’alba
e all’imbrunire”. Dice proprio così, all’imbrunire, usando questo termine
arcaico, parola svincolata dall’orologio frettoloso degli uomini, ma legata al
trascorrere del tempo solare, delle stagioni, del vento, della pioggia e del
mare. Battiato è un mistico ma non un eremita, è uno che del mondo moderno ha
deciso di prendere solo la parte che gli interessa. Lo vorremmo fare tutti,
direte voi. Ebbene sì, ma non è così semplice.
Spiritualità, ascesi, visioni, purezze
interiori, tutti gli spunti mistici che ritroviamo nella sua musica non sono lì
per caso. Il percorso di ricerca interiore di Battiato affonda le sue radici
lontano, quando? “Parecchi anni fa. Sono nato nel 1945, ma la mia vita ha
iniziato a definirsi tale quando ho scoperto la meditazione, nei primi anni
Settanta. La pratico due volte al giorno ed è una meditazione personale. Negli
anni ho letto e raccolto tutte le indicazioni possibili, poi ho scelto la mia
linea personale. Medito dai quaranta ai cinquanta minuti. Quando ho iniziato,
impiegavo mezz’ora a rilassare tutto il corpo, oggi in una frazione di secondo
riesco a ricollegarmi con tutto il lavoro che ho già fatto. Se ci sono alcune
parti che si devono sciogliere, se sei pieno di nodi, è difficile cogliere
qualcosa. È l’eterna lotta tra il sì e il no. All’inizio il corpo, non essendo
ammaestrato, ha le sue necessità, non vuole stare fermo in quella posizione, ti
suggerisce scuse di tutti i tipi, impegni immaginari, impegni che non si
possono rimandare. Invece, è tutto rimandabile. Cambio orario a seconda della
stagione. Naturalmente non sono regole fisse, se ho degli impegni la sposto. Ma
mai rinuncerei, per me è diventata una cosa indispensabile, non potrei vivere
senza”.
Perché ho cominciato? Per
necessità, per problemi esistenziali, una persona a un certo punto della vita
si ferma e cerca di capire”.
Ma una persona in preda a
problemi esistenziali, disagio o disperazione, come può pensare seriamente alla
ricerca del Divino? A riguardo, Battiato racconta questa storia: “Un mistico
Sufi quando stava malissimo, si stendeva per terra, su un fianco, dovunque si
trovasse, e diceva: ‘Eppure sono sicuro che ho provato cose belle nella mia
vita!’ Continuava a dire ‘stai tranquillo, passerà’. E a poco a poco usciva
dalla crisi. Era un escamotage, ognuno trova il suo perché; una cosa che
potrebbe andare bene per te, potrebbe non andare bene per altri. Però le
esperienze degli altri possono essere di grande aiuto… da qualunque epoca
arrivino!”.
La sua musica è compenetrata di
elementi alti, metafisici, specchio di un profondissimo percorso interiore. Ma
c’è un nesso tra la musica e la spiritualità? Per Franco Battiato assolutamente
sì, è un legame fondamentale. L’artista catanese aggiunge “ogni volta che mi metto
a scrivere qualcosa che non sia banale, sento il bisogno di inserirvi elementi
metafisici. L’artista è un tramite tra questo piano di realtà ed il Divino. Ho
capito col tempo che l’ispirazione è soprasensibile, è successo per brani come
L’Ombra della Luce e La Cura. Senti che qualcosa di superiore ti arriva, ti
attraversa, tu in questo caso sei solo un mezzo di comunicazione tra due
mondi”.
E ancora: “Ciò che arriva tramite
ispirazione è già preesistente. Devo dire che il 90%, per essere buono dei musicisti,
conosce bene questo processo e i musicisti onesti sanno bene che spesse volte
arrivano regali che non sono nostri, che non appartengono alla nostra
personalità, sono cose che ti arrivano, che stanno nell’aria. È più
un’operazione di ascolto, tutto esiste, non ci può essere nulla di nuovo.
Impossibile. Come si cattura? È come se tu chiedessi a una donna che fa ricamo,
come fa. Con l’ago. Ecco, noi abbiamo il pensiero”.
Prima di rientrare sul binario
della connessione tra arte e spiritualità, cerchiamo allora di capire che cosa
è il Sacro per Battiato: “Tanto per scherzare, posso dire che è l’unica zona
del nostro universo dove non ci sono raccomandazioni. Il sacro non si può
comprare. Se non lasci la zavorra, in queste zone non entri. Se con la meditazione
sono riuscito a lasciare la zavorra? Io ci provo. Più in alto vai, più la
materia si fa leggera, più hai la percezione di mondi delicati e sottili. Devi
lasciare fuori le grossolanità e un certo genere di pensieri. Alcune
sensazioni, un litigio, una guerra, ti contaminano e i tuoi sentimenti sono
tirati giù, verso il basso. Invidie e gelosie sono mondi che se non si riescono
a eliminare, almeno si devono cercare di controllare. Paul Valéry ha scritto
una pagina di indimenticabile bellezza sulla competizione tra gli uomini, il
competitivo ha bisogno dell’altro, da solo non è nessuno”.
Torniamo al legame tra musica e
spiritualità, Battiato racconta che “nel libro di Marius Schneider ‘Il
significato della Musica’, si dice che in un’era primigenia il suono faceva
ballare gli alberi e fermare le cascate, insomma, la Musica poteva influenzare
la Materia”.
“La musica è l’essere, l’essere
stesso dell’individuo, ed è la rappresentazione più completa dell’essere stesso
di Dio. Per questo ogni uomo è pienamente se stesso quando ama la musica,
quando si esprime con i valori della musica (ritmo e simmetria) raggiungendo il
più alto punto della propria realizzazione”.
Lo spirituale nella musica è
accessibile a tutti? “In ogni essere umano albergano i sentimenti, la musica
profana ce ne dà testimonianza compiuta e in ogni essere umano sussiste
l’anima, la musica mistica lo testimonia. La musica è per sua natura,
anzitutto, urgenza di trascendenza, ancor più delle altre forme d’arte, in
virtù della sua immediatezza. Purtroppo oggi è espressa malamente, è troppo
banalizzata. E tra i giovani, in particolare, noto che non c’è una benché
minima cultura musicale. Colpa anche della scuola che ha fallito il suo
obiettivo, ammesso che l’avesse”.
Ma perché l’uomo d’oggi non riesce
più a vivere ed esprimere pienamente l’intrinseca ricchezza della vera musica?
“Io in tutti questi anni di attività musicale non ho mai sentito crisi o
saturazione. Ogni mattina ascolto mezz’ora di musica classica che mi manda in
visibilio. La musica è dunque ben viva, basta saperla far risuonare dentro di
noi con tutta la sua carica primigenia. Oggi manca a sempre più gente il
contatto diretto con la natura, l’uomo lontano dalla natura s’imbarbarisce e si
convince di poter essere senza pudore il delinquente che in potenza è. E quando
ostenta la sua distanza dal creato dà libero sfogo al peggio di sé. L’arte
veramente ispirata, musica in testa, e certa letteratura di maestri di
spiritualità sono capisaldi dell’umanità, guai a percepirli come lontani e inattuali
soltanto perché non contemporanei. Sono invece una sicurezza e un conforto nel
nostro spingerci avanti nella conoscenza e nell’esperienza di Dio e della
verità”.
La cultura musicale che
storicamente si è avvicinata di più alle sommità dell’anima per Franco Battiato
è “di sicuro certa musica tibetana, la sento più spirituale, anche se la musica
occidentale ha avuto una folgorante ascesa dello sviluppo delle forme che altre
tradizioni musicali non hanno avuto. La musica che si avvicina al silenzio è quella
più vicina a Dio. Certo, anche la musica occidentale ha raggiunto delle vette
quasi divine, ma soprattutto grazie a dei geni assoluti come Bach e non in
virtù della sua forma e della sua radice culturale. La nostra musica ha alcuni
limiti spirituali, tende ad aggiungere suoni e voci, ma per toccare alte vette
di spiritualità si deve togliere, sottrarre, sfiorando così la musicale
eloquenza del silenzio, anticamera del Divino. La musica mistica è fatta di tre
elementi indispensabili: profondità, altitudine e silenzio. Tu dirai: Può
esistere un suono silenzioso? Che si avvicina al silenzio, sì”.
Approfondiamo ora anche gli altri
campi artistici del “Maestro”, partendo dalla pittura. Franco Battiato, non è
un pittore, è un uomo che dipinge. Questo ribalta la prospettiva e annienta
ogni tentativo di schematizzazione. Sebbene sia constatabile un progressivo
affinamento della tecnica pittorica nel suo percorso, Battiato non se ne lascia
sopraffare, non assoggetta se stesso e il suo lavoro a finalità estetiche
dettate, forse è l’unico che dichiara di aver iniziato a dipingere grazie alla
propria clamorosa incapacità di farlo: “È vero, da piccolo il mio disegno era
pessimo, i voti, a scuola, bassissimi. Con l’età ciò è andato, se possibile,
peggiorando. Per me era un problema serio, un autentico handicap. Non è certo
inconsueto che una persona non abbia talento per la pittura: ma il mio caso era
diverso. Mi rendevo conto della mia inettitudine a eseguire una
rappresentazione normale, qualsiasi cosa diventava una cosa diversa. Se
disegnavo un bicchiere, gli altri vedevano un triangolo. La mia idea
dell’oggetto era astratta, archetipa.
È come quando una persona è
stonata, ciò deriva dal fatto che la nota che hai in mente e la corda vocale
non sono sintonizzate, non riesce a trasmettergliela. Una volta sistemato
questo, il problema si risolve. Decisi quindi di affrontare la questione.
Comprai colori, pennelli e tele e cominciai a dipingere. Il primo anno fu un
anno di sofferenza, di sofferenza pura. Talvolta stavo davanti al cavalletto
anche per dieci ore di seguito, e la sera disfacevo tutto, come Penelope.
Caparbiamente, da solo, senza mai ricorrere a maestri o manuali. Poi, dopo
tanti sforzi e tante delusioni, un bel giorno all’improvviso la figura di un
danzatore derviscio si materializzò sulla tela, nel modo giusto, nel modo che
volevo. Fu una gioia immensa, anzi di più. Fu un orgasmo cosmico”.
Autodidatta, come in tutti gli
altri percorsi intrapresi, dalla musica alla pittura, dalle opere teatrali al
cinema. Battiato svela che inizialmente “anche con la musica ero un
orecchiante, poi ho incontrato Stockhausen, che mi ha proposto di interpretare
una sua opera e non poteva credere che non sapessi leggere la partitura. Così
ho iniziato a studiare la notazione classica. Anche con i testi sacri, sono
come uno che va per mare come praticante e poi trova le carte nautiche”.
In potenza ognuno di noi può
percorrere questi vari campi riuscendo anche ad ottenere risultati
interessanti. A proposito di testi sacri: “Scoprii per primi i mistici indiani:
Yogananda, Aurobindo. Poi sono passato al buddhismo, ai sufi, e soprattutto,
fondamentale, al sistema di Gurdjeff. Di maestri ne ho avuti tanti. Tra i
nostri occidentali Santa Teresa D’Avila, Giovanni della Croce e poi tutti i
padri del deserto, Sant’Agostino. Ho iniziato anche qui da autodidatta, ho
imparato a ordinare il disordine, a non disperdermi. Come dice Gurdjeff, il
tempo è prezioso, non sprecarlo per cose che non siano in rapporto con la tua
meta”.
Uno splendido film su Beethoven
(Musikanten, con uno straordinario Jodorowsky nei panni di Beethoven), un’opera
teatrale su Telesio (prima opera teatrale in Italia ad avere come attori degli
ologrammi; sul palco, infatti, non c’è nessuno fisicamente presente) e ora un
imminente film su Hendel. Ci si chiede come mai Battiato abbia tutto questo
interesse verso personaggi del passato. La risposta è lapidaria, quanto
innegabile: “Ha visto cosa c’è intorno a noi? In mezzo a tutta questa
mediocrità, è meglio imparare dai grandi geni che ci hanno preceduto. Tra
l’altro Bernardino Telesio, non troppo conosciuto, ha una contemporaneità che
non avrei immaginato. Per esempio, pensava che gli animali fossero esseri
senzienti, in grado di provare sensazioni, un’idea rivoluzionaria nel Cinquecento. E poi riteneva che non ci
fosse contrasto fra la dottrina cristiana e la conoscenza della natura
attraverso l’esperienza, un’altra idea non da poco per i suoi tempi”.
Nella sua musica, compenetrata in
toto di spiritualità, c’è qualche messaggio che Battiato vuole lanciare e
lasciare? “Che c’è molto cammino personale da compiere quaggiù per arrivare
alla propria meta, soprattutto per noi occidentali, sempre più immersi nel
rumore e nella confusione.
Quando uno dovrà dare conto del
proprio operato non potrà dire: io sono stato cattolico, o buddista, o
musulmano, ma io sono stato quello che sono stato.
Credo di essere un po’
monotematico: tutto si riduce sempre alla stessa questione, non riesco ad
allontanarmi dal concetto di evoluzione, per cui una bella persona è una
persona evoluta. L’apice di un’evoluzione porta necessariamente con sé la
bellezza. Quando vedi una persona entrare in una stanza, ti accorgi
immediatamente del mondo che porta in giro.
Ho sempre pensato, da quando ho
cominciato ad avere coscienza di me stesso, che l’evoluzione passi attraverso
il cambiamento di sé. Si parte dall’analisi e dall’accettazione (o meno) di
certi aspetti del carattere. Se uno crede che alcune cose non vadano bene e lo
fanno star male, bisogna cambiare”.
di Francesco Mazzarini
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