mercoledì 7 novembre 2012

da "Il Libro dell'Inquietudine" di F. Pessoa



La vita è un viaggio sperimentale fatto involontariamente . E’ un viaggio dello spirito attraverso la materia , e poiché è lo spirito che viaggia, è in esso che noi viviamo. Ci sono perciò anime contemplative , che hanno vissuto più intensamente, più largamente, più tumultuosamente di altre che hanno vissuto la vita esterna. Conta il risultato. Ciò che abbiamo sentito è ciò che abbiamo vissuto. Si ritorna stanchi da un sogno come da un lavoro reale. Non si è mai vissuto tanto come quando si è pensato molto.
Colui che sta in un canto del salone balla con tutti i danzatori. Egli vede tutto e, dato che vede tutto, vive tutto. E poiché tutto in fin dei conti è una nostra sensazione, tanto vale il contatto con un corpo come la vista di esso o come il suo ricordo. Io ballo quando vedo ballare. Posso dire, come il poeta inglese , che disteso sull’erba guardava da lontano tre mietitori: “C’è un quarto mietitore, e quello sono io.”
Tutto questo, detto come lo sento, viene a proposito della grande stanchezza apparentemente senza causa che è scesa oggi all’improvviso su di me. Non sono soltanto stanco ma anche amareggiato, e anche l’amarezza è ignota. Dall’angoscia che provo sono sull’orlo del pianto: non di lacrime che si versano, ma che si reprimono; lacrime di un male dell’anima, non di un dolore sensibile.
Ho vissuto tanto senza aver vissuto! Ho pensato tanto senza aver pensato! Mondi di violenze immovibili, di avventure trascorse senza movimento, pesano su di me. Sono stanco di ciò che non ho mai avuto e che non avrò, stanco di Dei che non esistono. Porto con me le ferite di tutte le battaglie che ho evitato. Il mio corpo è dolorante per lo sforzo che non ho mai pensato di fare. Opaco, muto, nullo… il cielo alto è di un’estate morta, imperfetta. Lo guardo come se non ci fosse. Dormo ciò che penso, sono coricato e cammino, soffro senza sentire. La mia grande nostalgia è di nulla, è nulla, come il cielo alto che non vedo e che sto fissando in modo impersonale.
[…]
Viaggiare? Per viaggiare basta esistere. Passo di giorno in giorno come di stazione in stazione, nel treno del mio corpo, o del mio destino, affacciato sulle strade e sulle piazze, sui gesti  e sui volti, sempre uguali e sempre diversi come in fondo sono i paesaggi.
Se immagino, vedo. Che altro faccio se viaggio? Soltanto l’estrema debolezza dell’immaginazione giustifica che ci si debba muovere per sentire.
“Qualsiasi strada, questa stessa strada di Enterpfuhl ti porterà in capo al mondo.” Ma il capo del mondo, da quando il mondo si è consumato girandogli intorno, è lo stesso Entepfuhl da dove si è partiti. In realtà il capo del mondo,  come il suo inizio è il nostro concetto del mondo. E’ in noi che i paesaggi hanno paesaggio. Perciò se li immagino li creo; se li creo esistono; se esistono li vedo come vedo gli altri. A che scopo viaggiare? A Madrid, a Berlino, in Persia, in Cina, al Polo; dove sarei se non dentro me stesso e nello stesso genere delle mie sensazioni?
La vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo.
L’unico viaggiatore con animo da viaggiatore che abbia conosciuto era un ragazzino, un garzone di un ufficio dove una volta ho lavorato. Costui collezionava dèpliants pubblicitari di città, di compagnie turistiche; possedeva delle carte geografiche, aveva delle illustrazioni di paesaggi, delle stampe di costumi esotici,  delle fotografie di navi ritagliate da giornali e riviste. Andava alle agenzie di viaggio e chiedeva deplians per un viaggio in Italia, per dei viaggi in india; opuscoli pubblicitari delle rotte navali tra il Portogallo e l’Australia.
Non era solo il più grande viaggiatore ma anche una delle persone più felici che ho avuto occasione di incontrare. Mi spiace aver perso sue notizie: o in realtà suppongo solo che mi dispiaccia; in realtà non mi dispiace perché oggi, passati più di dieci anni dal breve tempo in cui l’ho conosciuto, deve essere un uomo, stupido, un uomo che compie i suoi doveri, forse sposato, sostegno sociale di qualcuno. E’ persino possibile che abbia con il corpo, lui che sapeva viaggiare cosi bene con l’anima. Oggi, si, deve esistere come un morto; ma forse un giorno , da vecchio, si ricorderà quanto sia non solo migliore ma più vero sognare Bordeaux che sbarcare a Bordeaux.

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