giovedì 30 agosto 2012

Da "Corriere della sera"


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LA POETESSA VERSI CHE RIFLETTONO ESPERIENZE DI GRANDE INTENSITÀ

Saffo celebra l' amore che sconvolge la vita

Sensibilità femminile Rovescia i valori della virilità bellicosa e attribuisce agli affetti un primato sulla passione per le armi e la guerra Un modello rielaborato da numerosi autori

«A ppena ti guardo un breve istante, nulla mi è più possibile dire / ma la lingua mi si spezza e subito un fuoco sottile corre sotto la pelle e con gli occhi nulla vedo e rombano le orecchie». E ancora: «E su me sudore si spande e un tremito mi afferra tutta e sono più verde dell' erba e poco lontana da morte sembro a me stessa». Questi celebri versi del frammento 31 di Saffo (VII-VI a.C.) hanno cantato per la prima volta i sintomi della malattia d' amore. La poetessa di Lesbo dipinge con parole una scena nuziale: un uomo, paragonato agli dei, ascolta una fanciulla che parla e ride; Saffo, rapita dal volto di lei, esprime la sua incontenibile passione. Si tratta di un modello che sarà tradotto e rielaborato da tantissimi poeti nel corso dei secoli: da Catullo a Aristeneto, da Lucrezio a Petrarca, da Teocrito a Foscolo, da Ovidio a Ronsard. Qui non è in gioco la gelosia. I versi, invece, concorrono a creare una descrizione poetica di come l' amore possa sconvolgere l' anima e il corpo. Non a caso Eros viene definito «dolceamaro» («Di nuovo mi assilla Eros che scioglie le membra, dolceamara invincibile creatura»): in questo eloquente ossimoro risiedono tutti i contrasti possibili, tutte le sofferenze e le gioie dell' ardore amoroso. Sposata con Cerchila e madre di Cleide, Saffo canta anche la sua passione per alcune ragazze che frequentano la sua comunità - congregazione religiosa o scuola, poco importa - per essere iniziate alla vita matrimoniale. La sua poesia, giunta soltanto attraverso frammenti, riflette i riti, le liturgie, i temi che l' educazione all' amore comporta. Ma il carattere occasionale e celebrativo delle feste nuziali (come testimoniano i numerosi «epitalami») non relegano i versi di Saffo all' interno di una produzione puramente retorica: l' immaginazione e la partecipazione emotiva della poetessa trasformano le ripetizioni e i motivi fissi, anche quando racconta amori altrui, in singolari momenti di esperienza vissuta. Come in una galleria di ritratti sfilano le fanciulle amate da Saffo: Atthis («Io ero innamorata di te, o Atthis tempo fa, / mi sembravi una bimba minuta e sgraziata»), la ragazza che parte («ma se non ricordi, allora io voglio farti ricordare... tutti i momenti... e belli che abbiamo vissuto insieme»), Irene, Mika, Janthis. In ogni caso la forza dell' amore sembra incontenibile («Eros ha squassato il mio cuore, come raffica che irrompe sulle querce montane») e il sollievo talvolta deriva solo dall' incontro con chi si ama («Giungesti, e hai fatto bene - io ti desideravo - e hai refrigerato il mio cuore che ardeva di passione»): attraverso il fuoco del desiderio però l' assenza può trasformarsi in una dolce presenza. La lontananza e la separazione, infatti, provocano il dolore. Un dolore che, come la bellezza femminile, predilige i paesaggi notturni, la luna, le stelle: «ma ora fra le donne lidie spicca come talvolta, tramontato il sole, la luna dita di rosa / supera tutte le stelle». Con gli occhi di donna sapiente, Saffo riesce a ribaltare i valori maschili, a mostrare che la bellezza dell' amore può essere ancora più luminosa di un esercito o di una flotta di navi («Alcuni dicono che sulla terra nera la cosa più bella sia un esercito di cavalieri, altri di fanti, altri di navi, io invece ciò di cui uno è innamorato»): agli spettacoli bellici, alle adunate militari, i versi contrappongono l' intimità dell' incontro tra chi ama e chi è amato. Nel frammento 58, che ha suscitato interpretazioni divergenti, si condensano i contrasti: da una parte la vecchiaia che incede («ormai la vecchiaia ha inaridito tutta la pelle... e i capelli neri sono diventati bianchi... e le ginocchia non riescono a portarmi») e dall' altro l' amore per il sole che diventa un inno alla vita («a me l' amore per il sole ha dato in sorte splendore e bellezza»). Lodata da filosofi e letterati per i suoi componimenti d' amore («Non vedi tu quale grazia possiedono le parole di Saffo per incantare con i loro sortilegi quelli che la ascoltano?» scriveva Plutarco), la poetessa diventerà anche simbolo dell' eccellenza femminile. Non a caso l' Ariosto, nell' Orlando Furioso, la ricorderà tra le donne che hanno saputo rendere immortali se stesse e coloro di cui hanno cantato: «Saffo e Corinna perché furon dotte/splendono illustri e mai non veggon notte»
Ordine Nuccio
Pagina 41
(25 aprile 2012) - Corriere della Sera


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