L'Universo è
un'illusione
ovvero, il
"paradigma olografico"
di Richard
Boylan
Le teorie di
Aspect, Bohm, Pribram sulla nuova fisica scuotono i principi della scienza
tradizionale: dalle particelle
subatomiche alle galassie giganti, tutto è parte infinitesimale e totalità di
"Tutto"
Nel
1982 un'équipe di ricerca dell'Università di Parigi, diretta dal fisico Alain
Aspect, condusse forse il più importante esperimento del 20º secolo. Aspect ed il suo team scoprirono che,
sottoponendo a determinate condizioni delle particelle subatomiche come gli
elettroni, esse sono capaci di comunicare istantaneamente una con l'altra
indipendentemente dalla distanza che le separa, sia che si tratti di 10 metri o
di 10 miliardi di chilometri. Come se
ogni singola particella sappia esattamente cosa stiano facendo tutte le altre.
Un fenomeno
che può essere spiegato solo in due modi:
o la teoria di Einstein - che esclude la possibilità di comunicazioni
più veloci della luce - è da considerarsi errata, oppure le particelle
subatomiche sono connesse non-localmente.
La maggior parte
dei fisici nega la possibilità di fenomeni che oltrepassino la velocità della
luce, ma l'esperimento di Aspect rivoluziona il postulato, provando che il
legame tra le particelle subatomiche è effettivamente di tipo non-locale. David Bohm, celebre fisico dell'Università di
Londra recentemente scomparso, sosteneva che le scoperte di Aspect implicassero
la non-esistenza della realtà oggettiva.
Vale a dire che, nonostante la sua apparente solidità, l'Universo è in
realtà un fantasma, un ologramma gigantesco e splendidamente dettagliato.
Ologrammi,
la parte e il tutto
Per capire
la sbalorditiva affermazione di Bohm gettiamo uno sguardo alla natura degli
ologrammi. Un ologramma è una fotografia
tridimensionale prodotta con l'aiuto di un laser: l'oggetto da fotografare viene prima immerso
nella luce di un raggio laser, poi un secondo raggio laser viene fatto
rimbalzare sulla luce riflessa del primo e lo schema risultante dalla zona di
interferenza dove i due raggi si incontrano viene impresso sulla pellicola
fotografica. Quando la pellicola viene
sviluppata risulta visibile solo un
intrico di linee chiare e scure ma, illuminata da un altro raggio laser,
ecco apparire il soggetto originale. La
tridimensionalità non è l'unica caratteristica interessante degli
ologrammi: se l'ologramma di una rosa
viene tagliato a metà e poi illuminato da un laser, si scopre che ciascuna metà
contiene ancora l'intera immagine della rosa.
Anche continuando a dividere le due metà, vedremo che ogni minuscolo
frammento di pellicola conterrà sempre una versione più piccola, ma intatta,
della stessa immagine.
Diversamente
dalle normali fotografie ogni parte di un ologramma contiene tutte le
informazioni possedute dall'ologramma integro. Si schiude così una nuova
comprensione dei concetti di organizzazione e di ordine.
UNA PRECISAZIONE...
L'affermazione
secondo la quale ogni frammento dell'ologramma conterrebbe tutta
l'informazione, non è esatta: si verifica
sempre una certa perdita di informazione, tanto maggiore quanto più è piccolo
il frammento. Questo però non invalida affatto l'ipotesi dell'Universo
olografico, ma anzi, restringe le reciproche influenze delle cose - da una
precedente inconcepibile infinitezza ad ambiti più circoscritti - rendendo
tutta la teoria ancor più credibile.
La rana,
l'atomo e la rosa
Per quasi
tutto il suo corso la scienza occidentale ha agito sotto il preconcetto che il
modo migliore di capire un fenomeno fisico, che si trattasse di una rana o di
un atomo, era quello di sezionarlo e di studiarne le varie parti. Gli ologrammi ci insegnano che alcuni
fenomeni possono esulare da tale approccio.
Bohm lo intuì, aprendo una strada alla comprensione della scoperta del
professor Aspect.
Per Bohm il
motivo per cui le particelle subatomiche restano in contatto indipendentemente
dalla distanza che le separa risiede nel fatto che la loro separazione è
un'illusione. Era infatti convinto che,
ad un livello di realtà più profondo, tali particelle non sono entità
individuali, ma estensioni di uno stesso "organismo"
fondamentale. Bohm semplificava con un
esempio: immaginate un acquario
contenente un pesce. Immaginate che
l'acquario non sia visibile direttamente, ma solo attraverso due telecamere,
una posizionata frontalmente e l'altra
lateralmente rispetto all'acquario.
Guardando i
due monitor televisivi possiamo pensare che i pesci siano due entità separate,
la differente posizione delle telecamere ci darà infatti due immagini
lievemente diverse. Ma, continuando ad
osservare i due pesci, alla fine ci accorgeremo che vi è un certo legame tra
loro: quando uno si gira, anche l'altro
si girerà; quando uno guarda di fronte a
sé, l'altro guarderà lateralmente. Essendo
all'oscuro dello scopo reale dell'esperimento, potremmo credere che i due pesci
comunichino tra loro, istantaneamente e misteriosamente. Secondo Bohm il comportamento delle
particelle subatomiche indica che esiste un livello di realtà del quale non siamo
consapevoli, una dimensione che oltrepassa la nostra. Se le particelle subatomiche ci appaiono
separate è perché siamo capaci di vedere solo una porzione della loro realtà,
esse non sono "parti" separate bensì sfaccettature di un'unità più
profonda e basilare, che risulta infine altrettanto olografica ed indivisibile
quanto la nostra rosa. E poiché ogni
cosa nella realtà fisica è costituita da queste "immagini", ne
consegue che l'Universo stesso è una proiezione, un ologramma.
Il magazzino
cosmico
Oltre alla
sua natura illusoria, questo universo avrebbe altre caratteristiche
stupefacenti: se la separazione tra le
particelle subatomiche è solo apparente, ciò significa che, ad un livello più
profondo, tutte le cose sono infinitamente collegate. Gli elettroni di un atomo di carbonio del
cervello umano sono connessi alle particelle subatomiche che costituiscono ogni
salmone che nuota, ogni cuore che batte ed ogni stella che brilla nel
cielo. Tutto compenetra tutto. Sebbene la natura umana cerchi di categorizzare,
classificare e suddividere i vari fenomeni, ogni suddivisione risulta
necessariamente artificiale e tutta la natura non è altro che una immensa rete
ininterrotta.
In un
universo olografico persino il tempo e lo spazio non sarebbero più dei principi
fondamentali. Concetti come la località
vengono infranti in un universo dove nulla è veramente separato dal resto,
sicché anche il tempo e lo spazio tridimensionale (come le immagini del pesce
sui monitor TV) dovrebbero venire interpretati come semplici proiezioni di un
sistema più complesso. Al suo livello
più profondo la realtà non è altro che una sorta di super-ologramma dove il
passato, il presente ed il futuro coesistono simultaneamente. Disponendo degli strumenti appropriati un
giorno potremmo spingerci entro quel livello della realtà e cogliere delle
scene del nostro passato da lungo tempo dimenticato. Cos'altro possa contenere il super-ologramma
resta una domanda senza risposta. In via
ipotetica, ammettendo che esso esista, dovrebbe contenere ogni singola
particella subatomica che sia, che sia stata e che sarà, nonché ogni possibile
configurazione di materia ed energia:
dai fiocchi di neve alle stelle, dalle balene ai raggi gamma. Dovremmo immaginarlo come una sorta di
magazzino cosmico di Tutto-ciò-che-Esiste.
Bohm si era addirittura spinto a supporre che il livello
super-olografico della realtà potrebbe non essere altro che un semplice stadio
intermedio oltre il quale si celerebbe un'infinità di ulteriori sviluppi.
Poiché il
termine ologramma si riferisce di solito ad una immagine statica che non
coincide con la natura dinamica e perennemente attiva del nostro universo, Bohm
preferiva descrivere l'Universo col termine "olomovimento". Affermare che ogni singola parte di una
pellicola olografica contiene tutte le informazioni in possesso della pellicola
integra significa semplicemente dire che l'informazione è distribuita
non-localmente. Se è vero che l'Universo
è organizzato secondo principi olografici, si suppone che anch'esso abbia delle
proprietà non-locali e quindi ogni particella esistente contiene in se stessa
l'immagine intera. Dato il presupposto,
tutte le manifestazioni della vita provengono da un'unica fonte di causalità
che include ogni atomo dell'Universo.
Dalle particelle subatomiche alle galassie giganti, tutto è allo stesso
tempo parte infinitesimale e totalità di "tutto".
Miliardi di
informazioni...
Lavorando
nel campo della ricerca sulle funzioni cerebrali, anche il neurofisiologo Karl
Pribram, dell'Università di Stanford, si è convinto della natura olografica
della realtà. Numerosi studi, condotti
sui ratti negli anni '20, avevano dimostrato che i ricordi non risultano
confinati in determinate zone del cervello:
dagli esperimenti nessuno però riusciva a spiegare quale meccanismo
consentisse al cervello di conservare i ricordi, fin quando Pribram non applicò
a questo campo i concetti dell'olografia.
Egli ritiene che i ricordi non siano immagazzinati nei neuroni o in
piccoli gruppi di neuroni, ma negli schemi degli impulsi nervosi che si
intersecano attraverso tutto il cervello, proprio come gli schemi dei raggi
laser che si intersecano su tutta l'area del frammento di pellicola che
contiene l'immagine olografica.
Quindi il
cervello stesso funziona come un ologramma e la teoria di Pribram spiegherebbe
come il cervello riesca a contenere una tale quantità di ricordi in uno spazio
così limitato. Quello umano può
immagazzinare circa 10 miliardi di informazioni, durante la durata media di
vita (approssimativamente l'equivalente di cinque edizioni dell'Enciclopedia
Treccani!). Di converso, si è scoperto
che gli ologrammi possiedono una
sorprendente possibilità di memorizzazione, infatti semplicemente cambiando
l'angolazione con cui due raggi laser colpiscono una pellicola fotografica, si
possono accumulare miliardi di informazioni in un solo centimetro cubico di
spazio.
...ma anche
di idee
La nostra
stupefacente capacità di recuperare velocemente una qualsivoglia informazione
dall'enorme magazzino cerebrale risulta spiegabile più facilmente, supponendone
un funzionamento secondo principi olografici.
Inutile, quindi, scartabellare nei meandri di un gigantesco archivio
alfabetico cerebrale, perché ogni frammento di informazione sembra essere
sempre istantaneamente correlato a tutti gli altri: si tratta forse del massimo esempio in natura
di un sistema a correlazione incrociata.
Nell'ipotesi di Pribram si analizza la capacità del cervello di tradurre
la valanga di frequenze luminose, sonore, ecc. ricevute tramite i sensi, nel
mondo concreto delle percezioni.
Codificare e decodificare frequenze è esattamente quello che un
ologramma sa fare meglio, fungendo da strumento di traduzione per convertire un
ammasso di frequenze prive di significato in una immagine coerente: il cervello usa gli stessi principi
olografici per convertire matematicamente le frequenze ricevute in percezioni
interiori.
IL CERVELLO
RIMESCOLATO
Paul
Pietsch, critico verso la teoria olografica della mente, provò a confutarla (libro
Shufflebrain, vedi links a fine pagina). Poichè aveva scoperto che le
salamandre sono capaci di ampie capacità di rigenerazione del tessuto nervoso
(nervi e cervello), ipotizzò che la localizzazione delle funzioni cerebrali
potesse essere evidenziata "scambiando" fra loro parti di cervello.
Lo fece, sezionando il cervello di alcune salamandre in parti uguali, per poi
risistemarle nella scatola cranica ruotate, scambiate di posto, e così via.
Pietsch si aspettava di osservare gravi disfunzioni o strani comportamenti,
invece la maggior parte delle salamandre continuò a comportarsi come
prima. XmX
Vi è una
impressionante quantità di dati scientifici a conferma della teoria di Pribram,
ormai condivisa da molti altri neurofisiologi.
Il ricercatore italo-argentino Hugo Zucarelli ha applicato il modello
olografico ai fenomeni acustici, incuriosito dal fatto che gli umani possono
localizzare la fonte di un suono senza girare la testa, pur sordi da un
orecchio. Ne risulta che ciascuno dei
nostri sensi è sensibile ad una varietà di frequenze molto più ampia. Ad esempio:
il nostro sistema visivo è sensibile alle frequenze sonore, il nostro
olfatto percepisce anche le cosiddette "frequenze osmiche" e persino
le cellule biologiche sono sensibili ad una vasta gamma di frequenze. Tali scoperte suggeriscono che è solo nel
dominio olografico della coscienza che tali frequenze possono venire vagliate e
suddivise.
La
realtà? Non esiste.
Ma l'aspetto
più sbalorditivo del modello cerebrale olografico di Pribram è ciò che risulta
unendolo alla teoria di Bohm. Se la
concretezza del mondo non è altro che una realtà secondaria e ciò che esiste
non è altro che un turbine olografico di frequenze e se persino il cervello è
solo un ologramma che seleziona alcune di queste frequenze trasformandole in
percezioni sensoriali, cosa resta della realtà oggettiva? In parole povere: non esiste.
Come sostenuto dalle religioni e dalle filosofie orientali, il mondo
materiale è una illusione. Noi stessi
pensiamo di essere entità fisiche che si muovono in un mondo fisico, ma tutto
questo è pura illusione. In realtà siamo
una sorta di "ricevitori" che galleggiano in un caleidoscopico mare
di frequenze e ciò che ne estraiamo lo trasformiamo magicamente in realtà
fisica: uno dei miliardi di
"mondi" esistenti nel super-ologramma.
Questo
impressionante nuovo concetto di realtà è stato battezzato "paradigma
olografico" e sebbene diversi scienziati lo abbiano accolto con
scetticismo, ha entusiasmato molti altri.
Un piccolo, ma crescente, gruppo di ricercatori è convinto si tratti del
più accurato modello di realtà finora raggiunto dalla scienza. In un Universo in cui le menti individuali
sono in effetti porzioni indivisibili di un ologramma e tutto è infinitamente
interconnesso, i cosiddetti "stati alterati di coscienza" potrebbero semplicemente
essere il passaggio ad un livello olografico più elevato. Se la mente è effettivamente parte di un
continuum, di un labirinto collegato non solo ad ogni altra mente esistente o
esistita, ma anche ad ogni atomo, organismo o zona nella vastità dello spazio,
ed al tempo stesso, il fatto che essa sia capace di fare delle incursioni in
questo labirinto e di farci sperimentare delle esperienze extracorporee, non
sembra più così strano.
Coscienza e
visualizzazione
Il paradigma
olografico presenta implicazioni anche nelle cosiddette scienze pure, come la
biologia. Keith Floyd, uno psicologo del
Virginia Intermont College, ha sottolineato il fatto che se la concretezza
della realtà non è altro che una illusione olografica, non potremmo più
affermare che la mente crea la coscienza (cogito ergo sum). Al contrario, sarebbe la coscienza a creare
l'illusoria sensazione di un cervello, di un corpo e di qualunque altro oggetto
ci circondi che noi interpretiamo come "fisico".
Una tale
rivoluzione nel nostro modo di studiare le strutture biologiche spinge i
ricercatori ad affermare che anche la medicina e tutto ciò che sappiamo del
processo di guarigione verrebbero trasformati dal paradigma olografico. Infatti, se l'apparente struttura fisica del
corpo non è altro che una proiezione olografica della coscienza, risulta chiaro
che ognuno di noi è molto più responsabile della propria salute di quanto
riconoscano le attuali conoscenze nel campo della medicina. Quelle che noi ora consideriamo guarigioni
miracolose potrebbero in realtà essere dovute ad un mutamento dello stato di
coscienza che provochi dei cambiamenti nell'ologramma corporeo. Allo stesso modo, potrebbe darsi che alcune
controverse tecniche di guarigione alternative come la
"visualizzazione" risultino così efficaci perché nel dominio
olografico del pensiero le immagini sono in fondo reali quanto la
"realtà".
Il mondo è
una tela bianca
Perfino le
visioni ed altre esperienze di realtà non ordinaria possono venire facilmente
spiegate se accettiamo l'ipotesi di un universo olografico. Nel suo libro "Gifts of Unknown
Things", il biologo Lyall Watson descrive il suo incontro con una sciamana
indonesiana che, eseguendo una danza rituale, era capace di far svanire
istantaneamente un intero boschetto di alberi.
Watson riferisce che mentre lui ed un altro attonito osservatore
continuavano a guardare, la donna fece velocemente riapparire e scomparire gli
alberi diverse volte. Sebbene le
conoscenze scientifiche attuali non ci permettano di spiegarle, esperienze come
queste diventano più plausibili qualora si ammetta la natura olografica della
realtà. In un universo olografico non vi
sono limiti all'entità dei cambiamenti che possiamo apportare alla sostanza
della realtà, perché ciò che percepiamo come realtà è soltanto una tela in
attesa che noi vi si dipinga sopra qualunque immagine vogliamo. Tutto diviene possibile, dal piegare cucchiai
col potere della mente, ai fantasmagorici eventi vissuti da Carlos Castaneda
durante i suoi incontri con Don Juan, lo sciamano Yaqui. Nulla di più, né meno, miracoloso della
capacità che abbiamo di plasmare la realtà a nostro piacimento durante i sogni.
E le nostre convinzioni fondamentali
dovranno essere riviste alla luce della teoria olografica della realtà.
>>
Dr. Richard
Boylan
Behavioral
Scientist
http://xoomer.virgilio.it/paaccom/
http://www.xmx.it/ologrammi.htm
http://www.marcostefanelli.com/olofonia/
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