Un ricordo, all'improvviso: quando la mente fa "pop
Memorie, parole o frasi che si presentano alla mente
d'improvviso, senza alcun apparente legame con quanto sta avvenendo o si sta
pensando, potrebbero essere l'espressione di un meccanismo che aiuta le persone
a collegare idee diverse in modo rapido e creativo, ma che potrebbe anche
partecipare alla formazione delle allucinazioni tipiche della schizofrenia di
Ferris Jab
Seduta nel suo ufficio all'Università dello Hertfordshire,
Lia Kvavilashvili stava rivedendo mentalmente uno studio che aveva pubblicato
di recente. Sapeva che c'era una particolare misura statistica che avrebbe
potuto essere utile, ma non riusciva a ricordarne il nome. Frustrata, si alzò
per prepararsi una tazza di tè.
Improvvisamente, le venne in mente l’inusitata parola
hurdle. Lia Kvavilashvili, nata e cresciuta in Georgia, parlava correntemente
georgiano, russo ed estone, ma aveva iniziato a studiare l’inglese solo a 13
anni, e non aveva idea di che cosa significasse hurdle. Così andò a consultare
il dizionario: hurdle (sostantivo) 1. Barriera mobile della corsa a ostacoli.
2. Problema difficile da superare; ostacolo.
La seconda definizione era stata sottolineata. Anche se non
lo ricordava, evidentemente aveva già cercato il significato di quella parola,
e in qualche modo, pensò, il suo subconscio sapeva che era rilevante per la sua
difficoltà a ricordare il nome che cercava. Aveva appena vissuto ciò che lei e
alcuni altri psicologi chiamano "pop mentali", mind pops: frammenti
di conoscenza, come parole, immagini o melodie, che improvvisamente e
inaspettatamente giungono alla coscienza.
In genere, quando si presentano, i pop mentali sembrano del
tutto irrilevanti rispetto al pensiero in cui si intromettono. Ma Lia Kvavilashvili
stava scoprendo che non sono affatto casuali e che sono legati, sia pure con
fili ben celati, alle nostre esperienze e conoscenze. La ricerca sui pop
mentali è appena agli inizi, ma già ora gli studi suggeriscono che il fenomeno
sia reale e comune. Ad alcuni accadono molto più spesso che ad altri, e questo
fenomeno potrebbe essere d’aiuto nel problem solving e nello stimolare la
creatività. Tuttavia, nella mente di alcune persone, come quelle affette da
schizofrenia, queste improvvise apparizioni possono trasformarsi da fenomeni
benigni in inquietanti allucinazioni.
Oltre l’eredità di Proust
Un ricordo, all'improvviso: quando la mente fa
"pop"La casa di Proust, con un piatto di madeleines a rievocazione
del famoso passo di Alla ricerca del tempo perduto. (© Richard Bryant/Arcaid/Corbis)
Nella vita quotidiana, le persone spesso frugano nella
memoria alla ricerca di informazioni specifiche: dove ho lasciato le chiavi
della macchina? Ho spento il forno? Altre volte, attivano memorie del passato:
ricordi che folle notte la scorsa settimana? Ma non tutti i ricordi sono una
scelta. Forse l'esempio più famoso di memoria involontaria è la scena descritta
dal romanziere francese Marcel Proust in Alla ricerca del tempo perduto. Quando
il Narratore beve una tazza di tè e assaggia un dolcetto al limone, una
madeleine, il gusto fa riemergere un ricordo di quando, bambino, mangiava
quello stesso dolce a casa della zia Léonie. Più di recente, la Pixar ha
adattato l’episodio della madeleine nel suo film d'animazione Ratatouille, in
cui l’omonimo piatto di verdure stufate trasporta d’incanto un cinico critico
gastronomico alla tavola della sua casa d'infanzia.
Anche se costituiscono un tipo di memoria involontaria, i
pop mentali però sono diversi dal classico esempio proustiano. Si tratta più
spesso di parole o frasi che di immagini o suoni, e di solito compaiono nel bel
mezzo di un'attività abituale che non richiede molta concentrazione, magari
lavandosi i denti o allacciandosi le scarpe. Ed è molto difficile individuare
nell'ambiente circostante o nei pensieri precedenti uno stimolo che inneschi il
pop mentale, che sembra arrivare dal nulla.
La Kvavilashvili si è interessata ai pop mentali perché li
ha sperimentati tante volte. Nell'estate del 1995 ha iniziato a registrarli su
un diario, arrivando a più di 100. Nella letteratura scientifica, non ha
trovato quasi nulla su questi ricordi apparentemente arbitrari che che si
presentano senza preavviso, tranne che negli studi di George Mandler,
professore emerito di psicologia all’Università della California a San Diego,
che li aveva appunti battezzati "pop mentali".
Constatato il comune interesse e la lacuna nella letteratura
scientifica, la Kvavilashvili e Mandler hanno cominciato a raccogliere dati,
tenendo puntuali diari dei loro schemi di pensiero e chiedendo a diversi
volontari di fare lo stesso. Personalmente, la Kvavilashvili ha registrato più
di 400 pop mentali in circa nove mesi. Oltre il 90 per cento di essi si è
verificato quando era sola e più del 80 per cento durante attività di routine,
come lavarsi i denti, vestirsi e stirare. Il fenomeno sembra infatti più comune
quando la mente è libera di vagare e non obbligata a concentrarsi un un
problema.
Un ricordo, all'improvviso: quando la mente fa
"pop"
La maggior parte dei pop mentali ha sorpreso la
Kvavilashvili per l’irrilevanza rispetto alle azioni e ai pensieri in corso.
Quando ha cercato nella sua mente e nell’ambiente circostante qualche segnale
che potesse averli innescati, è riuscita solo nel 20-30 per cento dei casi a
individuare degli indizi, molti dei quali subliminali. In quasi metà dei casi,
però, ha scoperto che alcune ore o alcuni giorni prima era incappata in
qualcosa direttamente legato a un particolare pop mentale. Una volta, per
esempio, mentre buttava nella spazzatura un sacchetto usato, le era venuta in
mente la parola "Acapulco". Non sapeva che cosa significasse fino a
che un familiare non le ricordò che 45 minuti prima avevano seguito un
telegiornale che parlava della città messicana. Un'altra volta, nella sua mente
si fece largo l’espressione "punizione corporale". Il giorno
seguente, scoprì la frase in alcuni documenti di lavoro che aveva letto cinque
giorni prima.
"Si potrebbe pensare che i pop mentali siano semplicemente
errori di funzionamento cognitivo, attivazioni accidentali che portano a
contenuti del tutto casuali della mente", osserva la Kvavilashvili.
"Ma quando ho iniziato a registrarli, ho notato spesso che ciò che mi era
venuto in mente non era del tutto casuale. I contenuti dei pop mentali era
stati sperimentati nel passato recente."
Kvavilashvili e Mandler hanno quindi chiesto a 58 studenti
di psicologia di tenere un diario dei loro pop mentali per una settimana. Come
la Kvavilashvili, gli studenti riuscivano a identificare inneschi specifici
solo in una minoranza dei casi (nel 37 per cento), ma avevano un maggior
successo (42 per cento) nel riconoscere di aver incontrato qualcosa legato a
essi nel recente passato. Gli studi su questi diari sono stati pubblicati nel
2004 su “Cognitive Psychology”.
Spesso il nostro
subconscio conosce il significato di un'esperienza, anche se la nostra
coscienza lo ignora
Sulla base di queste ricerche, Kvavilashvili e Mandler hanno
ipotizzato che i pop mentali siano spesso una sorta di "priming a lungo
termine". Il priming in psicologia descrive una modalità di comportamento
della memoria: ogni nuovo pezzo di informazione che entra in memoria cambia il
modo in cui la mente reagisce in seguito a informazioni correlate. Se uno
psicologo dà a un volontario un elenco di parole tra vi è la parola
"albicocca" e chiede poi al volontario di scrivere una parola
completa che inizia con "alb”, è più probabile che questi scriva albicocca
piuttosto che "albero" o "albeggiare". Kvavilashvili e
Mandler pensano che qualcosa di simile, ma più sottile, duraturo e capriccioso,
avvenga con i pop mentali.
"La maggior parte delle informazioni che incontriamo
ogni giorno attiva certe rappresentazioni nella mente", spiega la
Kvavilashvili. "Se entriamo in un fast food e prendiamo un hamburger, non
si attiva solo il concetto di panino, ma anche molte altre cose legate al pane,
che possono rimanere attive per un certo periodo di tempo, ore o addirittura
giorni. Più tardi, qualcosa nell’ambiente può dare il via a questi concetti già
attivi, dandoci la sensazione che saltino fuori dal nulla."
Dalle intrusioni alle allucinazioni
La Kvavilashvili ipotizza che le persone che hanno più
frequentemente pop mentali potrebbe essere dei super-primer, e questo potrebbe
favorirne la creatività. "Potrebbe aiutarci a elaborare le informazioni in
modo più efficiente", osserva. "Se molti concetti diversi rimangono
attivi nella vostra mente, è possibile effettuare connessioni in modo più
efficiente rispetto a quando l'attivazione scompare subito."
I pop mentali e altri tipi di memoria involontaria sono
argomenti relativamente nuovi per gli psicologi e finora nessuno ha pubblicato
studi che valutino se le persone che sperimentano più spesso i pop mentali
abbiano prestazioni migliori nei test di priming o siano più creative.
Recentemente, tuttavia, la Kvavilashvili e i suoi colleghi hanno pubblicato uno
studio che considera un possibile lato oscuro del fenomeno: i ricercatori si
sono chiesti fino a che punto i ricordi involontari che si presentano nella
vita quotidiana somiglino ai pensieri intrusivi e alle allucinazioni osservati
nei disturbi mentali.
Un ricordo, all'improvviso: quando la mente fa
"pop"Secondo Kvavilashvili ed Elua, le allucinazioni potrebbero
formarsi a partire dai "pop" mentali (© Images.com/Corbis)
I pensieri ripetitivi e intrusivi sono presenti in molti
disturbi mentali, in particolare nella depressione, nel disturbo
post-traumatico da stress (DPTS) e nel disturbo ossessivo-compulsivo. Immagini
e suoni illusori - noti come allucinazioni visive e uditive - spesso infestano
la mente delle persone con schizofrenia. Come i pop mentali, le allucinazioni
possono presentarsi sotto forma di parole o frasi più spesso di quanto non
facciano come immagini o musica, e non sono presenti stimoli di innesco
evidenti. In ricerche precedenti, Ia Elua, una specializzanda della Kvavilashvili,
ha ipotizzato che le allucinazioni vengano costruite a partire dai pop mentali.
Per controllare questa idea, Elua, Kvavilashvili e Keith
Laws dell’Università dello Hertfordshire, hanno preso in esame i pop mentali in
31 adulti sani, 31 depressi e 37 schizofrenici. Tutti gli schizofrenici li
sperimentavano, ma sei depressi e cinque sani riferivano di non avene mai avuti
in tutta la loro vita. I pazienti schizofrenici riferivano anche di
sperimentare i pop mentali in media da tre a quattro vole la settimana, mentre
la media nei depressi era di una o due volte al mese e solo una volta o due
volte ogni sei mesi nei soggetti sani. I risultati sono apparsi online, nel
marzo 2012 su “Psychiatry Research”.
Questi dati preliminari suggeriscono che i pop mentali siano
più comuni tra i malati di mente, ma è troppo presto per collegare
definitivamente le memorie improvvise alle allucinazioni. La Kvavilashvili dice
di avere condotto più studi sul fenomeno, in particolare sui pop mentali di
carattere musicale e sulla loro relazione con vari tipi di motivetti ossessivi
che spesso entrano nella testa della gente. "Lo studio dei pop mentali è
ancora nella sua infanzia", dice la Kvavilashvili. "Finora, la
registrazione di questi casi mi ha fatto capire quanto sia meraviglioso il
funzionamento del nostro sistema percettivo. Mi incuriosiscono perché sembrano
del tutto casuali e improvvisi, ma sono veri e propri frammenti di conoscenza
del mondo. E questo ci ci mostra che spesso il nostro subconscio conosce il
significato di un'esperienza, anche se consciamente lo ignoriamo. "
Nessun commento:
Posta un commento