Disturbi schizoide e schizotipico di personalità
Di Mauro Billetta (larelazionechecura.it)
Incontriamo negli angoli delle nostre città persone che
vivono ai margini e sovente conducono un’esistenza eccentrica e appartata,
priva di significative relazioni sociali. Prendersi cura di una persona a cui è
stato diagnosticato un disturbo
schizoide o un disturbo schizotipico di personalità, non è cosa
semplice. Diamo per assodato, secondo la nostra prospettiva, che il dare
etichette diagnostiche può rivelarsi un rischio soprattutto nel caso di
disturbi, come questi, che presentano sintomatologie sovrapponibili, ove il
distinguo può essere colto solo da chi ha decennale esperienza clinica. Per
focalizzare una cornice teorica ci rifacciamo ad autori autorevoli quali Glen
Gabbard, Fairbairn, Khan, Winnicott, da cui si evince che il ritiro sociale di queste
persone è frutto di ripetuti fallimenti nell'adottare difese di fronte a
relazioni disfunzionali: il caso di figure genitoriali assenti o troppo
presenti, cioè invasive. Forse si tratta di persone vissute in case con
organizzazioni formali ed ordinate ma prive di colore. Lì il bambino ha colto
aspettative limitate all’adempimento dei ruoli sociali di base e di conseguenza
ha imparato a dedicarsi ad attività ordinate, rimanendo in silenzio e da solo,
divenendo così una persona socializzata ma non socievole. Inoltre potrebbe
essersi verificata una richiesta eccessiva come ad esempio la responsabilità
nel prendersi cura della casa in modo da fare stare bene i genitori. Il bambino
così ha imparato che ha un potere smisurato che può essere distruttivo se non
usato diligentemente e, perciò, un potere che può evitare i risultati negativi.
La personalità schizoide
sperimenta una profonda sofferenza a motivo della difficoltà a socializzare; il
desiderio relazionale, la passione ed i sentimenti per l’altro sono congelati
sul piano evolutivo ad un precoce stadio di crescita. Con tutta probabilità ha
sperimentato una frustrazione del bisogno di accudimento, tale da convincersi
che non potrà ricevere tale soddisfazione da nessun’altra relazione seppur
significativa. Vive
perciò una conflitto interno tra polarità opposte, espressione di una scissione
o frammentazione del Sé in diverse rappresentazioni che non sono state
integrate. Per cui sperimenta un diffusione di identità, la persona non sa chi
è e nell’avvicinarsi all’altro vive il timore di esserne assorbito, mentre
stando a distanza teme di potere perdere totalmente l’altro.
È da notare che
tale personalità non presenta ansia che potrebbe denunziare tale conflitto tra
desiderio e timore del rapporto, invece manifesta un senso di distacco. Non riesce a coinvolgere
affettivamente né a coinvolgersi procurandosi così un fallimento maturativo
secondario.
Winnicott afferma
che il ritiro schizoide è un modo da parte della persona per comunicare con il
suo vero Sé: questo fa esperienza del rifiuto da parte dell’oggetto buono, ma
proprio questa esperienza è l’unico modo per rimanere in contatto con l’oggetto
buono.
Questa personalità utilizza le fantasie
onnipotenti come un “rifugio dall’esposizione”, cioè custodisce la
rappresentazione interna del Sé minacciata dalla disistima e dall’ansia di
disintegrazione attraverso frequenti fantasie onnipotenti che aumentano proprio
quando diminuisce l’autostima.
Fantasia di Cappuccetto Rosso: esperienza di rifiuto da parte della madre – ritiro del bambino – nel
bambino cresce il bisogno della madre fino a divenire insaziabile – il b. ha
paura delle sue pulsioni perché possono divorare la m. lasciandolo nuovamente
solo. Perciò il b. proietta la propria avidità orale fantasticando il lupo
cattivo.
Come sopperire al
fallimento maturativo primario che puntualmente viene rinforzato da fallimenti
maturativi secondari dovuti alla distanza che la persona provoca rifiutando
l’ambiente circostante?
Mentre nel disturbo
schizoide non si riscontrano stranezze nel linguaggio e nel comportamento, la
personalità schizotipica condivide con la personalità borderline esperienze
cognitive e percettive insolite.
IL DSM IV –TR classifica questi
disturbi all’interno del Cluster
“strano eccentrico” insieme al Disturbo paranoide. In particolare
delinea i seguenti indici per il disturbo schizoide:
• restringimento
dell’orizzonte socio – relazionale
• diminuita capacità
di esprimere emozioni in una dimensione interpersonale
• non desidera
partecipare a rapporti di intimità né a livello amicale, né a livello familiare
• tendenza
all’isolamento
• attività svolte in
solitudine
• tempo libero in
solitudine
• scarsa propensione
all’Incontro, allo scambio, alla condivisione
• ripercussioni sulla
vita sessuale
• affettività
appiattita, fredda distaccata indifferente
mentre per i disturbo schizotipico:
• estremo disagio
nelle relazioni intime e ridotta capacità di affrontarle
• distorsioni
cognitive e percettive
• comportamento
eccentrico
• presenza di credenze
insolite, pensiero magico che si ripercuote nel comportamento
• il linguaggio
presenta stranezze
• anche il pensiero e
il comportamento sono strani e bizzarri
Riassumendo:
La personalità
schizoide presenta distacco e freddezza. Si ipotizza un attaccamento evitante e passivo a motivo di
un insoddisfacente e disfunzionale modello di attaccamento (madre evitante,
famiglia formale e fredda, l’educazione è un faticoso dovere).
La personalità
schizotipica presenta distacco e bizzarria. Si ipotizza un attaccamento evitante/disorganizzato. Il
modello di attaccamento appare incoerente e caotico, mostra nel suo
comportamento quello che di fatto punisce nel bambino. La bizzarria pertanto diventa per il figlio un
modo per affermare la propria soggettività e comunque procurarsi “vicinanza”.
Un modo per reagire alla ingiunzione: Non esistere.
Al terapeuta viene chiesto di
accettare un silenzio non relazionale. È paradossale se si pensa che
compito terapeutico è proprio quello di favorire una relazione, nel caso
specifico, integrando parti che rimangono scisse o proiettate. Si potrebbe trovare di fronte ad una pretesa
onnipotenza autistica, ove l’interlocutore chiede l’assenza del terapeuta, o
meglio il dare spazio allargando la propria capacità di contenimento. Infatti è improprio parlare di assenza
terapeutica si tratta invece di un profondo desiderio di relazione che il
terapeuta deve imparare a sostenere attraverso un rispecchiamento empatico,
certo non interpretativo. La persona che il terapeuta avrà di fronte è un
individuo che ha fatto un'esperienza relazionale in cui l'altro è stato assente,
e forse ha preteso di essere magicamente compreso nelle sue intenzioni, oppure è stato presente in
modo invasivo e controllante. E' mancata l'esperienza di
rispecchiamento, di insegnamento elementare delle quotidiane cose della vita
dove un genitore pazientemente risponde alle domande del proprio bambino
suscitando il suo interesse e la sua fiducia.
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