Il termine “borderline” comparve nello studio di Adolph Stern
del 1938, per descrivere quei soggetti fondamentalmente narcisisti, ipersensitivi,
potenzialmente a rischio di reazioni negative alla terapia e con lacune
nell’esame di realtà.
Il lavoro compiuto da Stern del ’38 faceva notare come
esistesse un ampio gruppo di pazienti non identificabili né dai criteri
diagnostici delle psicosi, né da quello delle nevrosi; erano sofferenti di una
decina di sintomi clinici, tra i quali spiccavano il narcisismo, la scarsa
tolleranza alle frustrazioni e sentimenti d’insicurezza radicati nel profondo.
Uno studio interessante, compiuto pochi anni dopo quello di
Stern, fu quello di Helene Deutsch del 1942 sulle “personalità come se”: qui
l’autrice descrisse una forma di carattere all’apparenza normale, ma che, ad
un’analisi più approfondita, rivelava un grave disturbo di personalità
caratterizzato dall’assumere le caratteristiche delle persone con cui il
soggetto si stava relazionando.
Robert Knight nel 1953 pose per la prima volta, in questi
soggetti, l’accento sulla struttura personologica a scapito del quadro
sintomatologico comunemente usato fino ad allora, ponendo così l’attenzione
alla forte debolezza del loro Io, in particolar modo nei “processi di pensiero
secondario, capacità d’integrazione, esame di realtà, mantenimento delle
relazioni oggettuali, adattamento all’ambiente e la presenza di difese contro
"impulsi inconsci primitivi” senza però che si raggiungesse l’indebolimento
globale proprio degli stati psicotici.
Nell’evoluzione del concetto di borderline molto importante è
stato il lavoro svolto da Roy Grinker e coll. nel 1968. Furono presi in esame
51 soggetti ospedalizzati con grave patologia psichica non riconducibile alla
schizofrenia. I dati ottenuti permisero di arrivare a delineare due grandi
entità psicopatologiche, la prima caratterizzata da relazioni interpersonali
intense, affettività negativa e tendenza all’acting-out, la seconda molto
simile alla “personalità come se” descritta da Helene Deutsch.
Ambedue i gruppi erano contrassegnati da sentimenti di rabbia
(quale affetto principale), relazioni interpersonali intense ma disturbate, un
senso pervasivo di vuoto e solitudine e infine la sensazione di una
discontinuità nella propria identità.
Il lavoro di Otto Kernberg. focalizzò come elementi
discriminanti presenti in questa struttura di carattere:
• una debolezza dell’Io;
• la tendenza del predominio del processo primario con i
conseguenti meccanismi di difesa arcaici (primo fra tutti la scissione);
• relazioni interpersonali disturbate.
Bergeret nei suoi lavori del 1974 colloca la patologia
borderline (o stati limite, come lui li chiama) a metà strada fra nevrosi e
psicosi, sottolineandone l’aspetto meno rigido, meno solido e definitivo tendendo
inoltre a concentrare la propria attenzione più sulle dinamiche intrapsichiche
che sugli aspetti sintomatologici. Concetto cruciale è, nella personalità
borderline, quello di Io
anaclitico, una modalità di funzionamento dell’Io del soggetto che, in
condizioni di minaccia di perdita dell’oggetto,provoca una forte angoscia che
può dar luogo a reazioni psicotiche brevi e transitorie. Collegato al concetto
di Io anaclitico è la costante presenza di un’angoscia depressiva di perdita
dell’oggetto. Un Io nevrotico preorganizzato (e, analogamente, un Io
psicotico preorganizzato) rimane nel quadro d’appartenenza e si organizzerà in
modo definitivo secondo la relativa linea di strutturazione,nevrotica o
psicotica che sia. Iter impossibile, secondo Bergeret, con la struttura di
personalità degli stati limite.
Nel 1975 J. Gunderson trovò sette caratteristiche
discriminanti tale disturbo:
1) relazioni interpersonali instabili e intense;
2) comportamento autodistruttivo;
3) paura di abbandono;
4) disforia cronica;
5) distorsioni cognitive;
6) impulsività;
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