Dopo la teoria psicoanalitica…nuove teorie a confronto.
La psichiatria dinamica è il fondamento della prospettiva
psicodinamica ed ha come obiettivo fondamentale raggiungere la singolarità e l’unicità
dell’esperienza soggettiva cercando soluzioni “su misura” per il paziente ed il
suo contesto di vita, tenendo conto del mondo interiore del paziente.
Essa comprende quattro aree teoriche psicoanalitiche:
- La teoria dell’Io;
- La teoria delle relazioni oggettuali (Melanie Klein e scuola britannica);
- La psicologia del Sé (Kohut);
- La teoria dello sviluppo.
Nell’ottica della psichiatria psicodinamica i sintomi e i comportamenti sono
manifestazioni interne di processi inconsci; questa funzione è chiamata da
Waelder Principio di Funzione Multipla. Per lo psichiatra psicodinamico il
comportamento è il risultato finale di molte differenti forze in conflitto tra
loro. Rilevanza assumono indiscutibilmente le esperienze
infantili. Il processo evolutivo è, pertanto, dato da un’interazione attiva fra
tratti ereditari e fattori ambientali.
I nuovi autori dopo Freud hanno posto l’accento sulla
competenza relazionale del bambino piuttosto che sulle vicissitudini delle
energie istintuali.
Il persistere nella vita adulta di schemi infantili di
organizzazione mentale implica che il passato
si ripete nel presente. Con il transfert il paziente riattualizza le
modalità che ha avuto con figure significative del passato. Quindi il paziente
vive il terapeuta come una figura significativa del suo passato.
Nel transfert vi sono due dimensioni:
-
Ripetitiva,
per cui il paziente si aspetta che l’analista si comporti come facevano i suoi
genitori;
-
Oggetto
sé, in cui il paziente desidera fortemente un’esperienza risanante o correttiva
che è mancata nella sua infanzia.
D. Winnicott notò nel suo lavoro con gli psicotici una diversa
forma di controtransfert che chiamò “odio obiettivo” (la-funzione-positiva-dellodio-in-winnicott/): esso è una reazione naturale del terapeuta al comportamento
irritante del paziente. Anche Otto Kemberg sottolineò la correttezza di tale
affermazione.
Esso consiste nella
resistenza e il desiderio del paziente di opporsi ai tentativi del terapeuta di
produrre insight (introspezione, guardarsi dentro) e cambiamento.
Freud aveva già
osservato nel 1912 come la resistenza accompagnasse il trattamento
psicoanalitico ad ogni passo come compromesso tra le forze tendenti alla
guarigione e quelle che si oppongono ad essa.
La resistenza può essere conscia, preconscia e inconscia;
tutte hanno in comune il tentativo di evitare i sentimenti spiacevoli, come
l’ansia, l’ira, la colpa, l’odio, la vergogna, il dolore, ecc.
Essa è un meccanismo di difesa del paziente che si manifesta
nel trattamento psicodinamico; tuttavia, mentre la resistenza si può osservare,
i meccanismi di difesa devono essere dedotti.
Freud connotava la
resistenza come:
-
Un
blocco nelle libere associazioni
-
La
rivelazione di una relazione oggettuale interna significativa.
Delineati i suoi modelli (topografico e topico), si
dedicò particolarmente alla rimozione (tra i meccanismi di difesa). Tra gli altri
meccanismi di difesa ricordiamo:
-
Spostamento
-
Formazione
reattiva
-
Isolamento
-
Annullamento
retroattivo
-
Somatizzazione
-
Conversione
Un'altra classificazione li stabilisce secondo una gerarchia:
dai più arcaici, immaturi o patologici, ai più maturi e sani.
Hartmann ha invece messo in evidenza i meccanismi non
difensivi dell’Io ed ha insistito su una sfera dell’Io libera da conflitti.
Secondo la Teoria delle relazioni oggettuali il prototipo
dell’esperienza positiva di amore si forma nel periodo dell’allattamento e
racchiude:
-
Esperienze
positive di Sé (neonato allattato)
-
Esperienze
positive dell’oggetto (madre attenta)
-
Esperienze
affettive positive ( piacere e sazietà)
Quando ritorna la fame e la madre non è momentaneamente
disponibile si forma il prototipo dell’esperienza negativa che include:
-
Esperienza
negativa del Sé (neonato frustrato)
-
Oggetto
frustrante (madre non disponibile)
-
Esperienza
affettiva negativa (rabbia o terrore)
I sistemi vengono interiorizzati e l’interiorizzazione della
madre da parte del bambino (detta introiezione) comincia durante l’allattamento
con le sensazioni fisiche e diviene significativa solo quando si è sviluppato
un legame tra il mondo interno e quello esterno. Dopo alcuni mesi le immagini
isolate della madre si fondono in una rappresentazione stabile. Allo stesso
tempo si crea una rappresentazione duratura del Sé.
L’oggetto interiorizzato non corrisponde necessariamente
all’oggetto esterno reale. Il conflitto, per i teorici, è lo scontro tra le
coppie contrapposte di unità interne di relazioni oggettuali. Secondo la Klein
nei primi mesi di vita il bambino prova un primitivo terrore di annichilimento,
associato all’istinto di morte di Freud. Come modalità di difesa l’Io viene
scisso (diviso).
Nella scissione il lattante vive nella paura della
persecuzione materna. Questo tipo di paura genera l’angoscia fondamentale che
la Klein definì posizione schizoparanoide.
Gli oggetti persecutori o cattivi sono proiettati sulla madre
in modo da allontanarli dagli oggetti buoni ; solo dopo questa operazione
possono essere re-introiettati, cioè riportati dentro, così da poterli
controllare e dominare; i cicli divengono così oscillanti e i bambini quando
integrano gli oggetti parziali in oggetto intero, sono turbati dal timore che
le loro fantasie sadiche e distruttive nei confronti della madre, possono
averla annientata. Questa nuova preoccupazione per la madre (percepita ora come
intera), è definita dalla Klein angoscia
depressiva ed annuncia l’arrivo della posizione depressiva. A questo punto la colpa diventa l’aspetto rilevante della
vita affettiva del bambino che tenta di risolverla attraverso la riparazione
ossia azioni che riparano il danno inferto alla madre nella realtà o nella
fantasia.
I critici della Klein ritengono che si sia troppo concentrata
sulla fantasia e abbia minimizzato l’influenza delle persone reali dell’ambiente
e che abbia dato spazio all’istinto di morte, un concetto ridimensionato dagli
altri analisti.
Queste posizioni aprirono un dibattito all’interno della
Società di psicoanalisi britannica che si divise in un gruppo B seguaci di Anna
Freud e un gruppo A fedele alla Klein. Un terzo gruppo si astenne del quale
fecero parte Winnicott, Balint e Fairbain.
Winnicott ha coniato il termine di madre sufficientemente buona; Balint ha descritto il sentimento di
qualcosa che manca, da lui definito “difetto
fondamentale” che consta nella carenza dovuta al fallimento della madre nel
rispondere ai bisogni fondamentali del bambino.
Fairbaim ha riscontrato nell’eziologia delle difficoltà dei
suoi pazienti schizoidi l’incapacità delle madri di offrire le loro esperienze
rassicuranti.
Tutti furono d’accordo sulla necessità di una Teoria del Deficit per una comprensione
psicoanalitica completa dell’essere umano.
In questa ottica l’analista serve al paziente come nuovo
oggetto che essi devono interiorizzare in modo da riparare le strutture
intrapsichiche carenti.
Altro concetto chiave della scuola britannica è che l’infante
ha una naturale tendenza alla realizzazione di Sé.
Winnicott riteneva appunto che ci fosse un vero Sé la cui
crescita poteva essere facilitata o ostacolata dalle risposte della madre e di
altre figure dell’ambiente familiare.
La scuola inglese delle relazioni oggettuali.pdf
/IL-METODO-DI-FORMAZIONE-DEI-GRUPPI-BALINT.aspx
Il Sé
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