Buongiorno
18/10/2013
Funerali di non è Stato
Massimo Gramellini
Come può prendersi cura dei vivi
un Paese che non riesce a decidere nemmeno sui morti? La bara di Priebke gira
l’Italia da una settimana, strattonata e presa a calci appena si affaccia per
strada, senza trovare una buca dove andare a nascondersi. Intanto ci siamo
dimenticati di fare i funerali alle vittime di Lampedusa. Proprio così:
dimenticati. Ministri, primi ministri e affettate figure istituzionali hanno
sfilato con sguardi dolenti sul molo e davanti alle salme della tragedia. C’è
stato cordoglio, c’è stato sdegno, c’è stato lo sciame sismico di dichiarazioni
scontate. Quel che non c’è stato, come sempre, è lo Stato. Qualcuno che, tra un
cordoglio e uno sdegno, trovasse il tempo per allestire una cerimonia solenne
di congedo per quei poveri cristi.
A chiunque di noi si rechi in
visita a una camera ardente viene spontaneo chiedere il giorno e il luogo dei
funerali. Invece a Lampedusa i nostri globetrotter della lacrima non si sono
neppure domandati se fossero previsti, dei funerali. Colpisce la loro
ostinazione nel rifiutarsi di sfogliare almeno le figure del manuale del
buonsenso. Dopo avere riunito su una zattera centinaia di disgraziati, il
destino li ha infine dispersi tra vari cimiteri siciliani, tumulati in silenzio
dentro tombe anonime. Ma lo scrupolo di coscienza, che è il nome con cui dalle
nostre parti si chiama la coda di paglia, ha suggerito allo Stato di correre ai
ripari. Lunedì prossimo, a cadaveri ampiamente sepolti, si terrà una
commemorazione ad Agrigento, città nota per avere dato i natali al filosofo
Empedocle e poi, per compensare, ad Alfano.
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