Stanley Prusiner, che nel 1997 vinse il Nobel per la medicina
grazie alla scoperta dei prioni, propone una nuova spiegazione sull’origine di
Alzheimer, Parkinson, sclerosi laterale amiotrofica e altre malattie
degenerative del sistema nervoso. I diversi gruppi di aggregati proteici che si
evidenziano nel sistema nervoso dei soggetti colpiti da queste patologie
sarebbero da imputare tutti ai prioni, le proteine ripiegate in modo anomalo
già note per causare la malattia di Kreutzfeld-Jakob e il morbo della mucca
pazza.
Le prove accumulate negli ultimi anni sono sufficienti per
ipotizzare un ruolo unificante dei prioni nelle malattie degenerative del
sistema nervoso: lo afferma sulle pagine di "Science" Stanley
Prusiner, dell’Istituto per le malattie degenerative e del Dipartimento di
neurologia dell’Università della California, che nel 1997 fu insignito del
premio Nobel per la medicina appunto per la sua scoperta dei prioni.
Secondo Prusiner, molte malattie degenerative, tra cui
Alzheimer, Parkinson, la SLA e la malattia di Kreutzfeld-Jakob, hanno in comune
due caratteristiche importanti: la prima è che nell'ottanta per cento dei casi
si presentano in modo sporadico (ossia non legato a familiarità); la seconda è
che le rispettive forme ereditarie mostrano un'insorgenza tardiva, benché le
proteine mutate che le caratterizzano siano espresse già nella fase embrionale,
il che fa ipotizzare che esista qualche tipo di evento che le rende patogene
con l'avanzare dell’età.
Negli anni novanta, Prusiner aveva ipotizzato che la proteina
in grado di indurre patologie, vale a dire il prione, fosse l’esito di un
errato ripiegamento della sua struttura primaria; ora, tra le diverse
spiegazioni unitarie per le malattie degenerative citate si fa strada ipotesi
che siano tutte malattie da prioni, o meglio, che diversi gruppi di proteine
possano dare origine ai prioni. Benché normalmente possano essere smaltiti dai
processi di degradazione delle proteine, l'accumulo degli aggregati proteici
oltre una certa soglia porterebbe, secondo questo modello, alla loro
propagazione e infine a una disfunzione del sistema nervoso centrale.
La probabilità di un ruolo unificante dei prioni è
rafforzata, per esempio, da recenti sperimentazioni sulla malattia di
Alzheimer. Quest’ultima è caratterizzata dalla formazione di placche amiloidi;
se nel cervello di roditori si inoculano preparati a base di materia cerebrale
umana colpita da Alzheimer, gli animali sviluppano la malattia dopo circa tre
anni e mezzo. Ciò dimostra che la malattia è trasmissibile e corrobora
l'ipotesi dell’esistenza di un prione che ne costituisce l’agente eziologico.
La trasmissibilità è stata dimostrata anche per un altro
gruppo di malattie degenerative, quelle caratterizzate dalle aggregazioni di
proteina tau. Inoculando nei topi proteine tau mutate si osserva infatti la
formazione di aggregati dopo circa un anno. Le altre evidenze disponibili
riguardano il Parkinson, la sclerosi amiotrofica laterale e la corea di
Huntington, con meccanismi di accumulo dei diversi tipi di proteine e della
loro propagazione.
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