Piacere, ricompensa cerebrale, evoluzione e dipendenze
By Stefano Canali
Il concetto di sistema di ricompensa cerebrale è il prodotto finale di una sperimentazione sui centri nervosi del piacere. Questo filone di ricerche prese il via a partire dalla celebre scoperta di James Olds dei fenomeni dell’autostimolazione cerebrale. Nel 1954, Olds studiava gli effetti sull’apprendimento della stimolazione di una particolare struttura posta alla base del cervello[1]. Gli animali affamati dovevano imparare a percorrere un labirinto per ricevere una ricompensa di cibo alla fine di ogni test corretto. Alcuni ratti venivano poi stimolati elettricamente con microelettrodi cronicamente impiantati nelle aree profonde del cervello. Secondo l’ipotesi di Olds questa stimolazione avrebbe dovuto incrementare le prestazioni nei test. Gli animali stimolati, però, manifestavano uno curioso comportamento, ritornavano nel posto del labirinto dove avevano ricevuto la stimolazione e lo esploravano attivamente, oppure ripetevano i gesti e le posture concomitanti alla stimolazione. In sostanza, essi manifestavano l’apprendimento di un comportamento associato alla stimolazione elettrica, indice evidente che l’eccitazione elettrica del cervello possedeva per i topi qualità gratificanti e piacevoli.
Olds pose quindi i ratti in gabbie di Skinner, dove, attraverso una leva, essi potevano autostimolarsi il cervello. Gli animali imparavano presto che premendo la leva potevano ottenere la stimolazione e si dimostravano pronti a subire scariche elettriche e altre intense punizioni pur di stimolarsi il cervello.
Dal punto di vista anatomo-funzionale, il sistema di ricompensa cerebrale è un struttura funzionale complessa che si origina nei nuclei profondi dell’encefalo ed è distribuita soprattutto nei centri cerebrali preposti al controllo degli equilibri fisiologici – dove vengono valutati i bisogni organici – e a quelli implicati nel comportamento motivazionale ed emozionale. Attraverso l’attivazione dopaminergica, il sistema di ricompensa cerebrale in tal senso fa sì che i comportamenti risultati utili a soddisfare i bisogni organici siano gratificati e rinforzati attraverso la connotazione emotiva del piacere, inducendo quindi l’animale (e l’uomo) a ripeterli[2]. Il sistema di ricompensa cerebrale proietta e riceve fibre nervose dopaminergiche anche dalla corteccia cerebrale, cioè a dire dalla sede dei processi psichici superiori. Il piacere e la ricompensa, così, vengono ad avere una rappresentazione cognitiva, diventano variabili dipendenti dell’esperienza personale e dei fattori socio-culturali.
La ricerca sembra ormai aver conclusivamente dimostrato che il sistema dopaminergico è il substrato neurofarmacologico degli effetti rinforzanti, ricompensati delle sostanze d’abuso per le quali si può sviluppare la dipendenza[3]. In questo senso, la maggior parte delle sostanze d’abuso agisce su sistemi neuronali antichi ed estremamente ben conservati, la cui stimolazione produce piacere e che si sono evoluti per codificare i comportamenti utili alla sopravvivenza dell’individuo e della specie. Le sostanze d’abuso attivano i neuroni dopaminergici del cervello emozionale e i recettori degli oppioidi nel sistema nervoso dei mammiferi, bersagli anatomo-funzionali di ciò che potrebbe essere definito il “circuito neuronale comune” per la gratificazione ovvero sistema della regolazione delle motivazioni.
Alcuni tra i neurotrasmettitori di questi insiemi funzionali si sono evoluti oltre un miliardo di anni fa. La dopamina, la serotonina e la noradrenalina sono presenti anche nel sistema nervoso degli invertebrati, come i molluschi e gli artropodi, che fanno la loro apparizione circa seicento milioni di anni fa. Gran parte dei cervelli dei vertebrati possiede sequenze di DNA analoghe al recettore m degli oppioidi, e persino i cervelli dei vertebrati non mammiferi possiedono un circuito nervoso dopaminergico strutturato anatomicamente in modo assimilabile a quello dell’uomo. Benché questi sistemi neurotrasmettitoriali non siano deputati tutti alla stessa funzione, svolgono ruoli comparabili in organismi molto diversi tra loro: la dopamina presiede al comportamento appetitivo, alle motivazioni biologiche negli organismi che vanno dalle lumache ai primati, e una molecola analoga, l’octopamina, sembra al centro degli effetti gratificanti del saccarosio nelle api.
Allora la prospettiva evoluzionistica suggerisce che le sostanze d’abuso possano indurre la dipendenza sfruttando le funzioni incentivanti del sistema dopaminergico. Esse cioè innescano falsi segnali che il cervello decodifica come associati a vantaggi adattativi superiori a quelli legati alla soddisfazione dei bisogni biologici. Le droghe con potenziale d’abuso possono così modificare le normalità priorità comportamentali evolutive tanto da rendere preponderante la ricerca della sostanza rispetto ai comportamenti adattativi. In individui vulnerabili cioè, la reiterazione dell’assunzione di una sostanza o la ripetizione di un comportamento stesso (come nel caso del gioco d’azzardo) possono determinare la prevalenza della dimensione appetitiva (quindi impulsiva) sulla dimensione cognitiva, nel processo di valutazione delle ricompense associate alle ricompense. Per questo un individuo può scegliere sistematicamente di agire per una ricompensa immediata, come quella dell’effetto della sostanze o del gioco d’azzardo, a dispetto della consapevolezza delle conseguenze negative di questa scelta: il quadro paradigmatico dell’apparente irrazionalità dei soggetti con dipendenza.
Stefano Canali
Riferimenti bibliografici
[1] Olds J, Milner P. Positive reinforcement produced by electrical stimulation of septal area and other regions of rat brain. J Comp Physiol Psychol. 1954 Dec;47(6):419-27.
[2] Berridge KC, Robinson TE. What is the role of dopamine in reward: hedonic impact, reward learning, or incentive salience? Brain Res Brain Res Rev. 1998 Dec;28(3):309-69; Wise RA, Rompre PP. Brain dopamine and reward. Annu Rev Psychol. 1989;40:191-225.
[3] Koob GF, Nestler EJ. The neurobiology of drug addiction. J Neuropsychiatry Clin Neurosci. 1997 Summer;9(3):482-97; Di Chiara G. Drug addiction as dopamine-dependent associative learning disorder. Eur J Pharmacol. 1999 Jun 30;375(1-3):13-30; Koob GF, Le Moal M. Drug addiction, dysregulation of reward, and allostasis. Neuropsychopharmacology. 2001 Feb;24(2):97-129; Kalivas PW, Volkow ND. The neural basis of addiction: a pathology of motivation and choice. Am J Psychiatry. 2005 Aug;162(8):1403-13.
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