Idee ed esperienza
“Bisognerebbe
aspettare e raccogliere senso e
dolcezza tutta
una vita e meglio una lunga vita,
e poi, proprio alla fine, forse si
riuscirebbe poi
a scrivere dieci righe che fossero buone. Poiché
i versi non
sono, come crede la gente, sentimenti
(che si hanno già presto), sono
esperienze”
R.M.Rilke
Aveva 28 anni Rilke quando scrisse la frase di cui sopra e ne
scrisse molte di righe buone e di versi negli anni successivi. E fra sentimento
ed esperienza passa una distanza che, quando è colmata, rende ciò che sentiamo
più definitivo ed esprimibile: quasi un gesto invece che un concetto, qualcosa
di trasmissibile che possa, quasi, essere consegnato nelle mani di chi… sta
dall’altra parte.
Il sentimento è, rispetto all’esperienza, come un embrione, un’intuizione
di ciò che può/potrebbe essere sperimentato in un incontro, in un evento, in
una circostanza in cui il sentire possa essere vissuto e trasformato in atto.
L’idea pensata e sentita nel cuore o nelle viscere non va
“all’esterno”, non diventa comportamento né, come diceva Rilke, verso, a
meno che un’alchimia interna non le dia forma rendendola oggetto di esperienza
nel mondo.
Come disse Hillman : “Le idee rimangono poco pratiche quando non
le afferriamo o non siamo afferrati da esse. Quando non afferriamo un’idea, ci
chiediamo ‘come’ metterla in pratica, cercando in tal modo di trasformare le
intuizioni dell’anima in azioni dell’Io. Quando un’intuizione o un’idea ha
trovato posto dentro di noi, anche la pratica muta impercettibilmente. L’idea
ha aperto l’occhio dell’anima. Vedere in modo diverso ci fa anche agire in modo
diverso. Viene così implicitamente eliminato il ‘come'; esso scompare a mano a
mano che l’idea penetra all’interno, a mano a mano che noi riflettiamo su di essa
piuttosto che sul come utilizzarla. Questo movimento per afferrare le idee è
verticale o verso l’interno e non orizzontale o verso l’esterno, verso il regno
del ‘far qualcosa’. Il solo ‘come?’ lecito circa queste intuizioni psicologiche
è ‘come posso afferrare un’idea?’. Giacché le idee psicologiche o intuizioni,
come le ho talvolta chiamate, riflettono l’anima, il problema di come
comprenderle si incentra sul rapporto che si ha con l’anima e sul modo in cui
la psiche apprende.”
Il punto è quindi : afferrare! Chi fa il mio lavoro sa
bene che l’esperienza non è la semplice “messa in atto” di qualcosa. Ci sono
“azioni” che sono semplici conati: tentativi buttati lì, quasi moti emotivi di
cui ci si pente o reazioni, risposte allo stimolo del momento, che non
producono che piccoli effetti poco voluti o “da rifare”.
L’esperienza è il risultato di una convergenza fra eventi e visione:
osservare qualcosa mentre lo si sta facendo, aggiungere idee a ciò
che avviene e riflettere dando profondità ai fatti.
Assomiglia ad un lavoro alchemico:
occorre riversare le percezioni e le considerazioni in un crogiolo e lasciare
tempo all’anima per psicologizzare; non rispondere subito e, prima di agire,
considerare il bello, l’armonico, l’appropriato… come un poeta… come qualcuno
che per dire qualcosa interroga, prima, lo sfondo: guarda dentro e fuori e “in
mezzo”, la psiche, il mondo e la relazione.
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