Il cervello uno e trino
Inviato da Guido Brunetti il 11 gen 2013 in Neuroscienze
Introduzione
Gli ultimi, straordinari progressi delle neuroscienze
mostrano che la mente è l’ espressione del cervello, ovvero il risultato delle
diverse acquisizioni che l’ uomo ha compiuto nel tempo. Il cervello è tuttavia
parte del corpo e tra cervello e corpo esistono legami notevoli. Ciò che accade
nel cervello infatti si riflette sul corpo e oggi sappiamo che anche ciò che
accade negli organi si riflette sulla mente.
Invero, il rapporto mente- cervello è un problema che ha una
storia interessante. Per secoli, i due termini hanno indicato “cose” differenti
che in qualche modo si integrano. Cartesio parla di “res cogitans” e “res
extensa” per indicare che da una parte c’è lo spirito e dall’ altra parte c’è
la materia. Il dualismo cartesiano è pure presente nel mondo greco. Platone
pensa a un mondo delle idee (Iperuranio) che si distingue dal mondo dei corpi e
descrive il corpo come una prigione in cui l’anima è “incarcerata”. A sua
volta, il cristianesimo compie una divisione ancora più netta, e l’ Iperuranio
di Platone diviene il luogo delle anime, dal momento in cui si separano dal
corpo. Il cervello è visto come un cristallo che viene colpito dalla luce
rappresentata dallo spirito che viene dal cielo.
Tra i dualisti contemporanei, un grande neuro scienziato,
John Eccles, parla di parallelismo tra due realtà completamente diverse. Una
procede parallela all’altra, componendo una rotaia su cui può “viaggiare” il
comportamento umano. A loro volta, i monisti, da Democrito ai neuro scienziati
di oggi, sostengono che cervello e mente
sono due termini che indicano la stessa cosa: la mente è considerata un’
espressione del cervello. Secondo i monisti, ogni espressione mentale ha un
corrispettivo neurale e ogni movimento neurale ha un riflesso nella mente.
Questa concezione viene definita tra i materialismi, i quali riducendo tutto a
materia considerano qualsiasi cosa al di fuori di essa una pura illusione, un
errore. Il materialismo ha di conseguenza generato anche l’ateismo, concetto
che significa etimologicamente “senza Dio”.
Oggi, la maggior parte dei neuro scienziati ritiene che tra
mente e cervello non ci sia alcuna dicotomia, alcuna suddivisione in due parti.
Si tratta della stessa cosa. Tra i neuroscienziati, molti credono in Dio mentre altri lo negano.
Sta di fatto che il rapporto mente-cervello rientra nel campo
degli esperimenti e delle teorie scientifiche, mentre Dio implica il credere,
cosa che sfugge all’indagine scientifica. La concezione dominante è in sostanza
quella del monismo. Non c’è mente senza cervello e non c’è cervello che non
produca pensieri, idee e comportamenti.
La scienza è uno “scire per causas” e si basa sugli
esperimenti e sui dati concreti, sui fatti, e non ama affidarsi soltanto alle
intuizioni e alle idee.
Le origini dell’umanità
La storia dell’ umanità incomincia sette milioni di anni fa e
si svolge in Africa, quando dalle molteplici specie di scimmie antropomorfe si
stacca un tipo che si distingue per la postura eretta, in grado cioè di
reggersi su due gambe e di attivare la locomozione bipede.
Lo sviluppo della
postura eretta, che distingue gli antichi ominidi dalle grandi
scimmie è fondamentale per la storia umana, in quanto si apre la strada ad
altre innovazioni evolutive che culmineranno nella comparsa del genere Homo. La
prima specie umana dunque si evolve- scrive l’ autorevole paleontologo Richard
Leakey- circa sette milioni di anni fa. Fra 7 e 2 milioni di anni or sono, si
evolvono numerose e diverse specie di scimmie antropomorfe bipedi. Fra 3 e 2
milioni di anni fa, una specie sviluppa un cervello più grande. L’espansione
delle dimensioni encefaliche segna l’ origine del genere Homo.
La storia evolutiva dell’uomo inizia e si svolge soprattutto
in Africa, dove ci sono reperti della datazione di 2 milioni di anni. Una
ricostruzione che prima di imporsi ha dovuto fare i conti con la resistenza ad
accettare l’idea che i bianchi possano discendere dalle popolazioni africane di
colore. Lucy, ominide di sesso femminile che risale a oltre 3 milioni di anni
fa camminava stando eretta su due gambe.
L’Homo sapiens, che viene dopo l’Homo erectus e l’Homo
habilis lo si fa nascere 34 mila anni fa. C’è però una zona di passaggio
occupata dall’uomo di Neandertal, vissuto in Eurasia tra i 135 mila e 34 mila
anni fa. L’Homo sapiens è caratterizzato dalla coscienza e dall’uso del
linguaggio, e proviene, secondo gli scienziati Wallace e Broom dalla natura
attraverso il processo evolutivo, secondo però il principio dell’unicità umana
e l’intervento di Dio.
Con il linguaggio e la pittura ci si avvia verso l’uomo
moderno, il “sapiens sapiens”, e si giunge alla mente. Un’ipotesi è la teoria
che afferma che l’emergere della mente umana e della coscienza abbia avuto
inizio circa 250000 anni fa, in seguito a pressioni evolutive e ambientali
(Rose). Giungiamo così all’uomo di oggi, l’epoca delle neuroscienze, in cui è
possibile studiare il cervello direttamente attraverso i formidabili metodi di
“brain imaging”.
L’origine della mente
La storia della vita- affema Leakey- è stata segnata da tre
grandi rivoluzioni: a) l’origine della vita, che viene fatta risalire a poco
più di 3 miliardi e mezzo di anni or sono; b) l’ avvento degli organismi
pluricellulari, circa mezzo miliardo di anni fa; c) l’origine della coscienza,
risalente a circa 2,5 miliardi di anni or sono, quando cioè l’uomo diviene consapevole di sé e inizia a trasformare il
mondo naturale.
Che cosa è la coscienza? E a che cosa serve? Qual è la sua
funzione? Sono questioni al centro della ricerca neuro scientifica. Le concezioni sono
molteplici e le spiegazioni sono ancora avvolte nel mistero della coscienza e
della mente. Siamo soltanto all’ inizio di una grande avventura scientifica,
ricca di prospettive e di sorprese.
Da sempre, filosofi e scienziati sono impegnati nella
comprensione di quel fenomeno sfuggente ed elusivo che è la coscienza. Possiamo definire la coscienza come una forza possente ricca di sensazioni soggettive
che chiamiamo “coscienza autoriflessiva” (Leakey). Non esiste tuttavia per
ciascuno di noi alcun modo oggettivo per sapere se gli altri sperimentino le
nostre stesse sensazioni (qualia).
In quale momento, la mente raggiunge lo stadio attuale?
L’ipotesi di molti autori è che la
coscienza sia frutto di un processo evolutivo realizzato attraverso la
selezione naturale (Kandel). A partire dall’ avvento della vita sulla terra, la
variazione degli organismi animali- sostiene Harry Jerison- è “accompagnata” da una sensibile espansione
della dimensione dell’encefalo, nota come “encefalizzazione”. Nel corso dell’
evoluzione, con l’accrescimento delle dimensioni del cervello, si accresce
anche la quantità di conoscenze, aumentando così l’intelligenza e rendendo più
acuta la consapevolezza di sé. Gli scienziati hanno scoperto poi che la
corteccia cerebrale- la parte pensante e più nobile del cervello- era più sviluppata nelle specie che vivevano
in gruppi sociali più numerosi (Dunhar).
La comprensione del comportamento animale ha conosciuto in
proposito una vera e propria rivoluzione capace di minare il dogma del
comportamentismo secondo cui gli animali non possiedono la mente. Gli
esperimenti hanno cercato di individuare sia l’autocoscienza- definita come capacità di riconoscere se stessi- in animali non umani
sia eventuali capacità di inganno in primati.
Il “test dello specchio” messo a punto dalla scienziato
Gordon Galup ha mostrato che quando un animale era in grado di riconoscere la
propria immagine riflessa in uno specchio si poteva affermare che possedesse la
consapevolezza di sé o autocoscienza. La prova
di Galup con uno scimpanzé dette esito positivo, in quanto l’animale si
toccò la fronte in cerca della macchia rossa impressa dal ricercatore. Il
risultato rappresenta una pietra miliare per la comprensione della mente e
della coscienza animale. Circa la capacità di inganno, esperimenti condotti su
babbuini, grandi antropomorfe e scimmie comuni, hanno rivelato l’esistenza di
comportamenti di inganno (Whiten, Byrne). Ciò dimostra che lo scimpanzé possiede
un “significativo grado di autocoscienza” (Leakey). Gli scimpanzé presentano
dunque un “alto grado” di autocoscienza nelle loro interazioni reciproche e con
l’uomo.
Che cosa allora possiamo dire sull’autocoscienza dei nostri
progenitori? La realtà è che finora un simile interrogativo non ha ancora
trovato una risposta soddisfacente. Quello che possiamo dire è che alcuni
comportamenti umani, come le attività artistiche e le testimonianze di riti
funerari che parlano chiaramente di consapevolezza della morte, riflettono sia
la capacità di usare un linguaggio verbale sia la consapevolezza di sé.
Sta di fatto che ogni società ha elaborato un mito della
propria origine. I miti attingono alla sorgente dell’autocoscienza, la voce
interiore che cerca una spiegazione per ogni cosa. Mitologia e religione così
entrarono a far parte della storia dell’uomo.
Evoluzione del cervello. Il cervello “uno e trino”
La nuova scienza del cervello è dominata- come osserva il
neuro scienziato Vizioli- da una concezione trinitaria. Deve esserci qualcosa
di magico, per Luciano Gallino, nel numero tre. Uno dei più grandi protagonisti
della neuroscienza moderna, Paul MacLean, nel suo volume dal titolo “Evoluzione
del cervello e comportamento umano” (Einaudi), che rappresenta la somma di
un’opera grandiosa durata quaranta anni, ha elaborato una affascinante e
straordinaria teoria. Tutta la sua concezione poggia sulla tesi che il cervello
è una struttura trinitaria ( “triune brain”), nel senso che consta di tre
formazioni sovrapposte: il cervello rettiliano, il cervello limbico o
mammaliano e il neocervello.
Il cervello rettiliano, così chiamato perché il suo aspetto è
simile a quello del cervello di un rettile, rappresenta la parte più antica del
cervello, essendosi evoluta più di 500 milioni di anni fa, ed è legata
all’aggressività, alla violenza e a una pulsione distruttiva e autodistruttiva.
Il secondo cervello avrebbe fatto la sua comparsa da 300 a 200 milioni di anni
fa. Il neocervello invece apparve circa 200 milioni di anni fa ed è ciò che ci
dà la nostra peculiare qualità umana. Siamo cioè in grado di capire, ricordare,
comunicare, creare (Ornstein, Thompson). Il neocervello serve ad elaborare idee
nuove, soluzioni intelligenti e creatività. E’ questo il cervello propriamente
umano, mentre gli altri due sono definiti da MacLean cervelli “animali”.
Queste tre formazioni del cervello presentano tra loro grandi
differenze strutturali e chimiche. Eppure- afferma MacLean- devono fondersi e
funzionare tutte e tre insieme come un cervello “uno e trino” .
E’ proprio vero- osserva Vizioli- che la trinità domina la
nostra cultura. Infatti, se dal campo della fede passiamo alla scienza del
cervello ritroviamo un’analoga concezione trinitaria. Difatti, Platone descrive
il cervello come una coppia di destrieri guidati da un auriga. Lo scienziato
sovietico, Luria, concepisce l’organizzazione del cervello nei termini di tre
unità funzionali (ritmo sonno-veglia; immagazzinare le informazioni;
programmare le attività motorie e intellettuali). Infine, è trinitario anche il
modello della mente proposto da Freud: Es, che corrisponde al cervello
rettiliano (il mondo degli istinti, delle pulsioni e dei desideri); Io, cioè il
cervello limbico (il dominio della ragione) e Super-Io, il neocervello (l’istanza
morale, il giudizio, la critica). Quando di fronte al male, diciamo che si è
liberato il rettile che è nell’uomo, affermiamo una realtà. Che i neuro
scienziati hanno scientificamente verificato, che Platone aveva intuito e che
Freud ha teorizzato.
Dati sperimentali e clinici mostrano che il cervello
rettiliano è sede delle emozioni (paura, terrore, rabbia, tristezza, idee
strane, pessimismo, sentimenti paranoidi, vergogna) e ha a che fare con
l’autoconservazione e la sopravvivenza. Questi risultati gettano un po’ di luce
sulle basi biologiche dell’aggressività, della violenza e dell’ egoismo. In
particolare, le possibilità che le esplosioni di questa parte del cervello
possono provocare riguardano le patologie psichiatriche: disturbi dell’ emozione
e dell’umore; sentimenti di depersonalizzazione; distorsione della
percezione; sintomi di paranoia.
Nuove tendenze nell’evoluzione del cervello
Il cervello limbico o mammaliano ha un ruolo fondamentale nel
comportamento emotivo. Nell’ uomo si è venuto sviluppando un senso morale e
sociale che diventa particolarmente
visibile nelle sue manifestazioni altruistiche e di generosità. I sentimenti caritatevoli e filantropici sono
ancora in evoluzione. E’ sufficiente ricordare infatti che la parola “altruismo”
fu coniata solo nel 1853 dal filosofo Comte e che il termine “empatia” fu
introdotto da Lipps negli anni intorno al 1900. Nella loro espressione più
alta, i sentimenti di altruismo ed empatia richiedono non solo la capacità di
“comprendere” e “partecipare” alla
sofferenza altrui, ma anche la capacità di “prevedere” e “organizzare” il
benessere, alleviare il dolore e operare per la conservazione dell’individuo e
della specie. La sfida più difficile rimane quella fra l’uomo e i suoi due
cervelli “animali”. Molti elementi ci offrono la base per sperare che il
neocervello possa riuscire a
fronteggiare i problemi sempre più critici del nostro tempo.
Conclusioni
Siamo giunti alla nostra condizione attuale dopo un lungo
percorso. A partire dal linguaggio e dalla pittura rupestre ci si avvia verso
il sapiens sapiens e si giunge alla
mente e alla coscienza. Siamo “vicini all’uomo di Manhattan”, all’uomo moderno,
all’epoca delle nuove neuroscienze, in cui è possibile studiare il cervello
direttamente, esplorando la profondità della nostra mente e i meccanismi
biologici che sono alla base del nostro mondo psichico ed affettivo.
Nella sua recente opera “La conquista sociale della Terra”
(Raffaello Cortina Editore), E. O. Wilson afferma che l’unico metodo per chiarire
il mistero della nostra condizione è fondato su un rigoroso sapere neuro
scientifico. L’ autore delinea, come abbiamo cercato di dimostrare, il processo
evolutivo di “homo sapiens” e l’origine della nostra condizione umana. L’
origine dell’umanità e l’evoluzione del cervello sono stati indagati da tutta
una schiera di scienziati, fra i quali R. Ornstein, R. F. Thompson, R. Leakey e
P.D. MacLean. Questi studi rappresentano la più importante storia
dell’evoluzione umana e animale in questi ultimi anni. Un appassionante viaggio
alla ricerca della realtà meravigliosa del cervello umano, dove nulla è
prevedibile, dove tutto è sorprendente e incredibile. Tutto ciò in ragione
delle prodigiose risorse e dello stupore espressi dal nostro cervello.
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