“La ricerca interiore” di Hillman
pubblicato nel 1967, solo da poco disponibile in lingua italiana, nasce da
alcune conferenze, tenute su invito di sacerdoti interessati alla psicologia
analitica e counseling pastorale. Nel suo sviluppo il testo ha preso un più
ampio respiro, affrontando temi che sconfinano nella ricerca dell’anima, nella
fede, nella sua realtà e nelle conseguenze di una connessione con la propria
realtà psichica.
Nell’affrontare il discorso Hillman riprende la massima di Eraclito, “La via verso l’alto e la via verso il basso sono la stessa cosa”. Ciò stabilisce la via per l’anima e la sua ricerca interiore, ogni coscienza proietta luce e contemporaneamente crea un’ombra. In questo troviamo il più prezioso degli insegnamenti del nostro, si può discendere verso il basso e verso l’interno senza diventare cristiani. La ricerca interiore è ancor più una necessità oggi che siamo consapevoli di quanto sia sovra-determinata dai segni cristiani che indicano la direzione verso l’alto anche mentre discendiamo. Questo ultimo lavoro dell’autore segue sentimento e fantasia sostenendo che c’è tanto da scoprire nella riflessione, nell’intuizione, nell’immaginazione e nel sogno, da essere paragonabile a qualsiasi sperimentazione scientifica. Hillman ci lascia una lettura della ricerca in noi stessi a cavallo tra scientificità, spiritualità religiosa e una nuova immaginazione della psicologia e dei suoi obiettivi. E’ dalla ricerca interiore che inizia quel processo di sviluppo umano creativo che per tutta la vita viene inseguito, cercando di conoscerlo e comunicarlo.
Il libro si struttura in quattro
capitoli che ripercorrono gli stadi fondamentali per la ricerca di se stessi:
1 entrare in terapia e in un
rapporto di cura, come inizio di ricerca interiore.
2 riconoscere l’inconscio e la
terapia Jounghiana, evoca temi religiosi.
3 lottare contro le ombre di ciò
che è condannabile e del rimorso.
4 ampliare la recettività
interiore, l’immaginazione e il sentimento, quello che la terapia Jounghiana
chiama il femminile o anima.
Il punto di incontro tra
psicologia e religione che in assoluto non può essere negato è l’anima, pur non
essendo per entrambe il principale interesse. Per Hillman la prima cosa che il
paziente, così come il parrocchiano, vuole dall’analista/sacerdote è di
renderlo consapevole delle sue sofferenze, attirandolo nel suo mondo di
esperienza. In questa lotta per la scoperta dell’anima, l’offensiva arriva dai
teologi, visto che più diventa importante la persona interiore, tanto più il
sacerdote si trova costretto ad entrare nella profondità della psiche,
obbligandosi a rivolgere attenzione alla psicologia.
In questo passaggio le strade si
dividono: il terapeuta fa della sua personale conoscenza dell’inconscio la base
su cui poggiare la moralità della sua professionalità, abituata tutti i giorni
a questo confronto.
Il counselor spirituale non forte
di una certa professionalità in merito, deve fare affidamento alla sua moralità
spingendosi ad un incontro personale con il proprio inconscio. Solo attraverso
l’inconscio possiamo trovare l’anima, la luce di noi stessi. Non si può
arrivare all’anima senza passare per l’ombra, la parte di noi che più ci
ferisce e ci spaventa, capace di azioni deprecabili alla quale è difficile dare
perdono. In questo ci viene in aiuto la terapia, un paradosso che richiede due
assiomi:
1 il riconoscimento morale che
queste parti sono gravose e devono cambiare.
2 L’amorevole accettazione che le
prende così come sono.
Superata ed accettata l’ombra si
è nella condizione di predisposizione per accogliere l’anima e il profondo di
noi stessi. Anche in questo passaggio il nostro si affida a Joung, si può
scoprire l’anima solo venendo in contatto con il femminile interiore di noi
stessi. “La via per una più grande, forte e solida virilità passa attraverso
l’intima associazione con la propria femminilità interiore…”, non possiamo
evitare l’anima perché così non farà che diventare più ribelle, seduttiva ed
esigente, l’anima accoglie e conosce Dio solo come donna, solo attraverso le
donne, con l’intimità e il rapporto con esse si impara ad accettare il lato
femminile di noi stessi.
Nel trattare l’anima e la
spiritualità Hillman procede sulle orme di Joung pur non coincidendo
totalmente: “L’anima è andata perduta e la si può ritrovare con la
psicoterapia, la quale ha affinità con l’attività religiosa”. Il percorso di
ricerca interiore, per la scoperta dell’anima è difficile in quanto, dalle
parole dell’autore sembra agisca un meccanismo, la negazione, per cui
probabilmente l’anima è a portata di mano, non è perduta, semplicemente noi non
l’abbiamo notata.
In tal senso la “Ricerca
interiore” è un saggio sul guardare nel posto sbagliato, cercare dentro noi
stessi un movimento verso l’interno, presentato attraverso quattro regioni
dell’interiorità.
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