Il controllo inconscio delle
emozioni sui processi mentali superiori.
Dimostrato sperimentalmente per la prima volta
un meccanismo cerebrale inconscio che interferisce con i processi mentali di
alto livello per ridurre al minimo l'impatto negativo di un contenuto emotivo
potenzialmente pericoloso. Potrebbe trattarsi di un processo analogo al
meccanismo di repressione teorizzato da Freud. La scoperta è stata fatta
osservando in persone bilingui le aree cerebrali attivate da parole della
seconda lingua di diverso valore emotivo emotiva: per quelle molto negative, e
solo per esse, viene bloccato l'accesso ai circuiti della lingua madre.
Per la prima volta è stata osservata a livello
neurofisiologico l’esistenza di un meccanismo psichico di repressione che riguarda
le attività cerebrali superiori. La scoperta è emersa da una ricerca condotta
presso la Bangor University ed è illustrata in un articolo pubblicato sul
“Journal of Neuroscience”.
Che il nostro cervello sia in
grado di elaborare informazioni senza che nulla di questo processo affiori alla
coscienza è ben noto alle neuroscienze, ma finora si riteneva che il fenomeno
riguardasse informazioni di “basso”livello, facendo sostanzialmente da filtro
nei confronti di quelle meno rilevanti che avrebbero costituito un rumore di
fondo di ostacolo al lavoro delle aree cerebrali superiori.
Molti studi precedenti avevano
dimostrato che lo stato emotivo è in grado di interferire con le funzioni
cerebrali di base come l’attenzione, la memoria, il controllo motorio e della
visione, ma non era mai stato dimostrato che la stessa azione venisse
esercitata sulle funzioni superiori di elaborazione linguistica e sulla
comprensione delle parole.
La conclusione è stata tratta
sulla base di alcuni esperimenti condotti su persone bilingui. Nel corso dei
loro studi, condotti anche con l'ausilio di tecniche di neuroimaging, i
ricercatori avevano scoperto che, per quanto fluida sia la padronanza di una
seconda lingua, quando leggono un testo
le persone bilingui accedono comunque inconsciamente
alla loro prima lingua.
Si sono però accorti che questo
accesso non avveniva quando si trovavano di fronte a parole dal significato
spiccatamente negativo, come “guerra”, “afflizione”, “sfortuna”: di fronte a
esse, il cervello blocca a livello inconscio l’accesso alla prima lingua. E'
nata così l'ipotesi che il fenomeno osservato rappresenti la prima prova
sperimentale dell’esistenza di processi inconsci in grado di interdire
l’accesso di informazioni strutturate alla coscienza e ai livelli cerebrali
superiori.
"Riteniamo – ha osservato
Guillaume Thierry, che ha diretto la ricerca - che si tratti di un meccanismo
protettivo. Sappiamo, per esempio, che in una situazione traumatica le persone
si comportano in modo molto diverso dal normale. Nel cervello i processi consci
di superficie sono modulati da un sistema emotivo più profondo. Forse, questo
meccanismo cerebrale tende spontaneamente a ridurre al minimo l'impatto
negativo di un contenuto emotivo disturbante sul nostro modo di pensare, per
evitare che induca uno stato di ansia o di disagio mentale".
"Abbiamo ideato questo
esperimento per svelare le interazioni inconsce tra l’elaborazione del
contenuto emotivo e l'accesso al sistema della lingua madre. Pensiamo di avere
individuato per la prima volta il meccanismo con cui l’emozione controlla i
processi di pensiero fondamentali di fuori della coscienza. Forse si tratta di
un processo analogo al meccanismo di repressione teorizzato da tempo, ma che
non era mai stato individuato in precedenza", ha aggiunto Yan Jing Wu, che
ha partecipato allo studio.
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