La battaglia vinta di Pier: "Io, primo laureato
autistico esco dalla prigione di cristallo"
La sua vita
è stata "muta, e bisognosa di altri" come quella di molti ragazzi con
i suoi problemi. Ma lui, 33enne del
Trevigiano, è riuscito a farcela. Con una tesi che parla di se stesso
VOLPAGO DEL MONTELLO (Treviso) - Pier non ha avuto dubbi. Quando il papà gli
ha chiesto se voleva andare a fare una gita al mare o a vedere i carri del
carnevale a Treviso, è riuscito a dire: "Carri". Bisogna fare festa,
a casa Morello. Piercarlo detto Pier si è laureato, 96 su 110. È diventato
"dottore magistrale in Scienze umane e pedagogiche" con una tesi in
cui parla di se stesso. Pier è affetto da autismo severo e non si ha notizia di
altri autistici gravi che abbiano potuto cingersi d'alloro. "Abbiamo vinto
una battaglia - dice subito il padre Luciano, ex insegnante - ma la guerra
continua. Ma lo sa che quando Pier si è iscritto all'università l'Usl voleva
togliergli i 400 euro al mese dell'"accompagnamento"? Dicevano: se va
all'università non è autistico. Invece anche l'ultima diagnosi, svolta in una
struttura pubblica due anni fa, conferma purtroppo che il nostro Pier è affetto
da autismo severo".
È una storia bellissima e triste, quella di Pier. Bellissima
perché Pier, 33 anni, non si è fermato in un'aula delle elementari o delle
medie con l'insegnante di sostegno ma è diventato dottore. Triste perché la sua
laurea è una mosca bianca in un mondo dove migliaia di ragazzi autistici
"non parlanti" non riescono a uscire da "una vita - così ha
scritto Pier nella sua tesi di laurea - muta, vacua e bisognosa di altri".
"Io non so nemmeno - racconta il padre - cosa abbia provato, quando la
commissione lo ha proclamato dottore e gli amici gli hanno fatto festa. Per un
giorno e mezzo Pier si è ritirato nel suo posto preferito: il salotto di casa.
Resta solo davanti alla tv accesa ma senza volume e ascolta musica alla radio:
da Beethoven ai cantautori italiani. Non vuole che nessuno entri. Sì, ha visto
i giornali, il Mattino e la Tribuna, che parlavano di lui. Ha fotografato gli
articoli. Conosco i suoi tempi. Solo fra una settimana, via computer, potrò
chiedergli come ha vissuto le ore della laurea. Io so che era molto teso, ma
l'abbiamo capito solo noi genitori: aveva le guance rosse".
Nella storia di Pier ci sono stati molti muri e solo alcuni
sono stati abbattuti. "Fino alle medie - ha scritto nella tesi per la
triennale in Scienze della formazione - ricordo di avere solo colorato in
silenzio tanti pallini a quadretti nei corridoi della scuola. Sì, ho conosciuto
tante aulette di sostegno e corridoi". "Ho imparato - ha scritto
nella tesi specialistica, su "Inclusione e ben-essere sociale: una storia
di autismo per capire" - a leggere mentre gli insegnanti facevano lezione
agli altri. Ma come facevo a farlo capire ai professori, visto che non riesco a
parlare?".
"Fino ai tredici, quattordici anni - racconta il padre
Luciano - Pier era giudicato dai medici un ritardato mentale. È stato allora
che abbiamo incontrato la dottoressa Vittoria Realdon Cristoferi, che ha
proposto una tecnica di scrittura facilitata, con l'assistenza di un operatore.
E così è riuscito a frequentare l'istituto agrario di Montebelluna. I problemi
più gravi sono arrivati dopo il diploma. Il Ceod - Centro educativo
occupazionale diurno - ci ha proposto di inserirlo in una cooperativa sociale
per disabili psichici, che è una struttura positiva per tanti ragazzi ma resta
una gabbia, dorata ma sempre gabbia. Io e mia moglie Marta abbiamo deciso: Pier
deve vivere in un ambiente normale, e per un ragazzo diplomato l'ambiente
normale è l'università".
"Viviamo - ha scritto Pier Morello - in prigioni di
cristallo, prigioni di voce negata e di parole che non sono espressione di
dovuta fiducia". Un passo dopo l'altro, sempre in salita. Gli esami al
computer, davanti al professore. "Alcuni docenti - racconta il padre - non
volevano laureare Pier. Dicevano: non potrà usare la laurea, e allora perché
dobbiamo concedergliela? Non hanno capito che la laurea in fondo è un effetto
collaterale. L'importante è il passo avanti. Che farà adesso il nostro Pier?
Noi non ci fermiamo. Lavora già, nostro figlio, tre giorni alla settimana. Da
qualche anno va alla scuola materna di Venegazzù come assistente delle maestre.
In aula distribuisce le matite ai bimbi, prepara la tavola delle insegnanti, fa
la "sentinella" in giardino durante la ricreazione e avverte le
insegnanti se i bimbi litigano o si fanno male. È la Usl che paga un piccolo
stipendio e l'assicurazione con una borsa lavoro. Credo che questo sia un ottimo
intervento: Pier si sente utile e motivato a comportarsi bene. La scuola non è
una gabbia di cristallo. Il dottor Pier continuerà questa attività. Cercheremo
anche altro, se possibile, ma sempre in un contesto normale".
(Da Repubblica)
http://www.repubblica.it/cronaca/2014/03/05/news/laurea_33enneautistico-80238648/
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