"
Quando guarda la primula il poeta apprende qualcosa di sé creatore.
Il suo
orgoglio è accresciuto vedendosi nell'atto di dare un contributo
ai vasti
processi di cui la primula è un esempio"
G. Bateson
Praticando
la mindfulness: decidendo di prendere quella posizione in cui il flusso delle
cose e "del mondo" subisce meno le interferenze di ciò che già
sappiamo, capita di rendersi conto di quanto " la realtà" sia
continuamente filtrata da un processo che è sempre all'opera dentro di noi e
che coglie certe cose per lasciarne perdere altre.
In un breve
saggio del 1974 intitolato "La Creatura e le sue creazioni", Gregory
Bateson, prendendo come esempio uno dei possibili soggetti dell'esperienza dice
: " Il poeta si vede separato dalle <<cose come sono>>.
Infatti c'è un oggetto su cui l'organismo (in questo caso il poeta) non può
dire nulla e, nel suo poemetto, questo oggetto è chiamato <<le cose come
sono>>. Forse questa cosa, questo oggetto ineffabile, è solo una finzione.".
Insomma
dice, Bateson, che il mondo là fuori non può mai essere colto per quello che è:
ci sono e ci saranno sempre dei filtri e, proprio nel momento in cui decidiamo
di toglierne qualcuno, diventiamo consapevoli di quanto continuamente ne usiamo.
E l'immagine
del poeta è perfetta, in questo caso, per descrivere il soggetto: la creatura
che osservando il mondo se ne fa un'idea e decide di prenderlo per buono, di
accettare che le cose stanno così e, a volte, possono essere condivise e rese,
nella condivisione, ancora più "reali".
Questa
decisione, questo così è che le cose stanno è, a tutti gli effetti, un
decidere: un de-cido, un tagliare fuori certe parti e conservarne delle altre
che diventano ciò che del mondo, in questo momento e applicando questi filtri,
lascio entrare.
Il fatto è
(ammesso che, a questo punto del discorso, abbia ancora senso parlare di fatti)
che gran parte dei filtri che vengono messi non sono messi consapevolmente.
Ed è qui che
il buon uso della mindfulness può diventare davvero salutare: possiamo
accorgerci di quanto ogni cosa che osserviamo, ogni oggetto su cui l'attenzione
indugia, sia messo lì da un gesto interno che è compiuto dall'osservatore ed è
dettato dall'abitudine, dalla tradizione, dall'educazione dal mood del momento,
dalla memoria, dal desiderio.... Saperlo non ci porta alla percezione delle
cose come veramente sono, non è che, accorgendoci dei filtri e dei setacci
attraverso cui le cose passano, smettiamo automaticamente di usarli; e non è
nemmeno detto che questo sarebbe un bene in sé.
Ciò che fa
bene, tuttavia, ciò che è terapeutico, è la coscienza del continuo processo
creativo e poietico che la mente, i sensi, il linguaggio, il sistema nervoso,
compiono.
Poiesis, il
termine da cui poesia e poeta derivano, in greco antico sta per
"fare/creare": c'è un continuo fare nel nostro percepire e nel nostro
esprimere, un fare che lavora sotto e modella il discorso in entrata e in
uscita.
Come
continua mirabilmente Bateson: " Tra noi e <<le cose come
sono>> c'è sempre un filtro creativo. I nostri organi di senso non
ammettono nessuna cosa e riferiscono solo ciò che ha senso.
<<Noi>>, come il comandante di un esercito moderno, leggiamo solo
rapporti dei servizi segreti già manipolati da agenti che in parte sanno cosa
vogliamo leggere. E del pari sono manipolate le nostre uscite: le uscite
debbono, affé mia, essere in armonia.... il filtro creativo fra noi e il mondo,
è presente sempre e comunque. Ciò equivale a essere creatura e insieme
creatore. E questo il poeta lo sa molto meglio del biologo.".
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