La signora Pochecose
20 LUGLIO 2012
SCRITTO DA AIDA DATTOLA
Era minuta,
graziosa, con i capelli grigi raccolti sulla nuca e gli occhiali appoggiati
sulla punta del naso. La mattina si svegliava prestissimo e, dopo aver messo in
ordine la sua modesta casetta, innaffiava i gerani sul davanzale, dava da
mangiare ai colombi che arrivavano mattinieri a darle il buongiorno e poi si
affacciava alla finestra.
Di buon’ora
passava il sindaco del paese, che salutava cordialmente la signora e, sempre
indaffarato, si recava in Municipio a lavorare; poi si vedeva il parroco, che andava
a celebrare la prima messa e aveva sempre una parola buona da regalarle, e lei
ricambiava con un gesto affettuoso e rispettoso, baciandogli la mano. Intanto
arrivavano i bambini, che si recavano a scuola accompagnati dalle loro mamme, e
la signora Pochecose augurava loro una buona giornata. Sorrideva, la signora,
perché i bambini le piacevano tanto e le rallegravano la giornata. Ai più
piccoli, che a volte facevano le bizze, regalava caramelle e cioccolatini e
subito si calmavano. Quindi la signora si ritirava in casa e dava inizio al
rito pacato della sua giornata. Apriva il cassetto di un mobile antico e tirava
fuori forbici, ago, filo, metro e un pezzo di stoffa. Appoggiava tutto sul
tavolo e, ripetendo mentalmente il consiglio di sua mamma”Cento misure e un
taglio”, misurava e rimisurava se stessa e la stoffa, finchè si decideva a
tagliare. La signora era una brava sarta, anche molto creativa. Infatti,
disegnava da sola i suoi modelli e li riproduceva così bene che tutti, poi, la
domenica, quando indossava i capi che aveva realizzato, le facevano i
complimenti.
Poi
preparava qualcosa da mangiare e, giunta l’ora di pranzo, apparecchiava con
cura la tavola e si sedeva da sola, gustando il cibo, che per lei rappresentava
un dono del Cielo. Si riposava un po’ e nel pomeriggio usciva per fare qualche
acquisto o per visitare la vicina di casa ammalata o per tenere compagnia ad
un’anziana signora rimasta sola. La sera cenava e poi andava a letto serena,
ringraziando il Signore per averle fatto trascorrere una giornata tranquilla.
Nessuno seppe mai i particolari della sua vita; nessuno le chiese mai se si
fosse sposata, se avesse dei figli lontani, perché la signora era molto
riservata e sembrava venire da un mondo lontano.
Non
conosceva l’invidia e il rancore, non sapeva spettegolare, non si adirava mai,
era paziente fino al sacrificio ed era silenziosa… Sembrava strana, ma tutti le
volevano bene e a lei bastava questo per farla sentire felice. A qualcuno
faceva un po’ rabbia la sua incrollabile fiducia nella vita e si chiedeva che
senso avesse vivere in quel modo. Dentro di sé la signora sapeva che tutto ha
un senso, ed è proprio questo il mistero della nostra esistenza: le cose che a
noi appaiono banali sono,in realtà, ricche di significato. Un giorno la signora
si alzò come al solito e aprì la finestra del cielo per dare il suo buongiorno
agli angeli… Allora capii perché la chiamavano “La signora Pochecose”:
semplicemente perché si era sempre accontentata di poco, perchè aveva capito che in poche cose davvero è
racchiuso il segreto di una vita serena, quella che ognuno di noi ha sempre
sognato.
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